[05/01/2012] News

Embargo sulle esportazioni di petrolio iraniano entro gennaio? Iran: «Non rinunceremo mai all'arricchimento dell'uranio»

Secondo il ministro degli esteri francese, Alain Juppé, domani al summit dei ministri degli esteri di Lisbona che darà ufficialmente il via ai 6 mesi della presidenza di turno danese, l'Unione europea potrebbe decidere di imporre un embargo sulle esportazioni petrolifere iraniane. Juppé lo spera, essendo la Francia, a paese nuv cleare per eccellenza (civile e militare) tra i più accesi sostenitori dell'embargo per punire la politica nucleare dell'Iran.

Dopo l'incontro con il suo collega portoghese Paulo Portas, Juppé ha detto: «Stiamo lavorando, le cose sono sulla buona strada, Bisogna che rassicuriamo alcuni dei nostri partner europei (per prima l'Italia, ndr) che si approvvigionano di petrolio iraniano. Bisogna che forniamo loro delle soluzioni alternative. Ma quieste soluzioni alternative esistono e quindi penso che raggiungeremo l'obiettivo entro la fine di gennaio».

Il portavoce del ministero degli esteri iraniano, Ramin Mehmanparast, ha risposto che l'embargo occidentale non convincerà l'Iran «Le attività di arricchimento non saranno mai abbandonate nel nostro Paese - ha detto in un intervista a Xinhua - Le attività nucleari del nostro Paese sono completamente pacifiche e sono un diritto d fondamentale della nostra nazione».

Non è certo un caso che l'Iran abbia scelto l'agenzia ufficiale cinese per ribadire la sua posizione, visto che la Cina si è schierata con Teheran contro l'embargo petrolifero "unilaterale" Usa ed occidentale contro le esportazioni di idrocarburi iraniani.
«Questa riaffermazione della posizione iraniana - sottolinea Xinhua - avviene nel momento in cui la Repubblica Islamica e il G5+1 (Cina, Francia, Gran Bretagna, Russia, Usa e Germania) stanno negoziando una ripresa dei colloqui sul programma nucleare di Teheran».
Mehmanparast a ribadito che «Non sarà mai in questione di negoziare sull'abbandono delle attività nuclear pacifiche in Iran».

Intanto rimane aperto il confronto sullo Stretto di Hormuz e gli Usa hanno nuovamente messo in guardia l'Iran. Interrogata durante una conferenza stampa sulla richiesta di un parlamentare iraniano che tutte le navi da guerra straniere che passano da Hormuz debbano ottenere un'autorizzazione della Marina Militare iraniana, la portavoce del Dipartimento di Stato Usa, Victoria Nuland, ha detto: «credo che voi conosciate la risposta: Consideriamo questa zona come un territorio e internazionale. E' una specie di fanfaronata che indica che si sentono sotto pressione. Ma pensiamo che gli Usa debbano continuare a svolgere il ruolo mondiale che hanno assunto da lungo tempo che quello di assicurare e promuovere la libertà di navigazione nelle acque internazionali e la nostra politica continuerà a riflettere tutto questo.

La Nuland ha anche detto che l'accordo di principio i Paesi Ue per un embargo petrolifero all'Iran è «Una notizia molto buona Ci piacerebbe che questo genere di misure non fossero prese solo dai nostri alleati più vicini e dai nostri partner in Europa, ma che fossero anche prese da tutti I Paesi del Mondo, perché pensiamo che questo stringerà la morsa sull'Iran sul piano economico». Ma diversi Paesi che insieme assommano i due terzi della popolazione mondiale e molta della ricchezza e della richiesta di energia (Cina, India, Pakistan, Russsia...) hanno già detto no grazie o fanno orecchi da mercante.

Intanto il comandante dell'esercito iraniano, il generale Ataollah Salehi, ha a sua volta ammonito gli Usa sul ritorno della portaerei "John C. Stennis" nel Golfo Persico. Il nazionalismo è alle stelle ed il ministro iraniano della difesa, il generale di brigata Ahmad Vahidi ha detto ieri all'agenzia semi-ufficiale Isna che i Guardiani della rivoluzione islamica (i pasdaran) molto presto organizzeranno altre manovre militari: «L'Iran è la potenza più importante della regione e svolge un importante ruolo considerevole nella protezione della sicurezza della regione», sembra di sentire parlare la Nuland, ma con accento persiano...

Alla fine anche Vahidi pensa di averla sparata grossa e ha aggiunto: «Certamente, il nemico conduce delle campagne diffamatorie si questo dossier per esagerare la potenza dell'Iran, cerca di vendere le sue armi ai Paesi della regione. La sicurezza dello Stretto di Hormuz è stata sempre una priorità per l'Iran, il Paese è riuscito a mantenere la sicurezza nella regione».

A proposito di sicurezza, secondo la radio iraniana Irib, che riprende il sito Global Research, che a sua volta cita una fonte anonima dell'esercito americano, gli Usa starebbe preparando «Una massiccia campagna militare ai danni dell'Iran inviando migliaia di uomini, portaerei ed armi di diverso tipo in Israele. Nel mese di Gennaio e più avanti in primavera proseguirà il dispiegamento in Israele delle navi anti-missile Usa e del personale di supporto. Il dispiegamento di armi ed unità comunque è un dato di fatto».

Probabilmente v non si tratta solo della propaganda che infiamma il Medio Oriente in questi giorni: il The Jerusalem Post scrive che il comandante della terza aviazione Usa di stanza in Germania, il generale Frank Gorenc, «Avrebbe confermato che lo spostamento di truppe Usa in Israele non avviene per una esercitazione ma che si tratta di un dispiegamento. Il comandante americano è stato recentemente in Israele per confermare i dettagli sul trasferimento di migliaia di soldati americani in Israele». Intanto il governo di centro-destra israeliano ha annunciato di voler portare a 4 i sistemi di difesa anti-missile Iron Dome.

Il network satellitare iraniano Press Tv ha intervisto James Morris, un esperto di politica (o forse di fantapolitica) americano, secondo il quale «Israele potrebbe attaccare le navi americane nel Golfo Persico ed addossarne la colpa agli iraniani per scatenare una guerra tra Stati Uniti e Iran». Secondo James «Israele usò già questa tecnica una prima volta nel 1967, quando attaccò la nave americana USS Liberty durante la guerra con le nazioni arabe e cercò di incolpare l'Egitto dell'azione per trascinare gli Stati Uniti in una guerra diretta contro l'Egitto».

Insomma una specie di riedizione dell'incidente del Golfo del Tonchino, dell'agosto del 1964, quando gli americani accusarono i vietnamiti di aver sferrato un attacco contro le loro cacciatorpediniere che in realtà non ci sarebbe stato. Un episodio che portò gli Usa ad impantanarsi nella guerra del Vietnam e che oggi sarebbe preso ad esempio per scatenare una nuova guerra che probabilmente farebbe sembrare Vietnam, Iraq ed Afghanistan una scaramuccia. Ma potrebbe essere anche la riedizione di un altro film già visto proprio durante una campagna elettorale per le presidenziali americane: il disastroso blitz militare statunitense nel 1979 per liberare gli ostaggi in mano ai Pasdran costò al democratico Jimmy Carter la rielezione nel 1980, un altro democratico Barack Obama potrebbe mettere in pericolo con un'avventura iraniana la sua elezione nel 2012 e probabilmente anche la pace mondiale

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