[30/12/2011] News

2012: una scomoda ultima chance

Il 2011 chiude: termina un anno veramente intenso e faticoso che ha visto acuirsi la sofferenza di centinaia di milioni di esseri umani.
La prolungata crisi economica e finanziaria che, con forme diverse (dalla bolla dei mutui statunitensi alla crisi dei debiti sovrani di diversi paesi europei), ha attanagliato le nostre società, dal 2008 ad oggi, non sembra affatto essere superata e dimostra chiaramente che un modello di sviluppo basato sulla crescita materiale e quantitativa continua, sull'eccessivo valore attribuito al mercato ed alla sua totale libertà da regole ed alla vera follia di aver stabilizzato mercati finanziari che si basano solo su elementi "virtuali", come le monete, è giunto ad un vero punto di svolta.

Non è possibile andare avanti così. E' fondamentale voltare pagina, cambiare strada.
A questa pesantissima crisi economica si affianca un'ancor più pesante crisi ecologica. Nel 2011 abbiamo raggiunto i 7 miliardi di abitanti (come sappiamo, secondo le Nazioni Unite, nel 2050 saremo 9.3 miliardi), la nostra pressione sui sistemi naturali della Terra è sempre crescente ed ha superato le capacità rigenerative della natura, la nostra continua produzione di scarti solidi, liquidi e gassosi ha ormai profondamente intaccato le capacità naturali di ricezione dei sistemi che ci sostengono.

Come ha scritto il noto economista ecologico Tim Jackson, nel suo bellissimo volume che ho citato più volte nelle pagine di questa rubrica "Prosperità senza crescita" (Edizioni Ambiente, 2011): " Nella maggior parte dei casi evitiamo di guardare in faccia la dura realtà di questi dati. Assumiamo di default che - a parte la crisi finanziaria - la crescita continuerà all'infinito non solo per i paesi più poveri, dove è innegabile che ci sia bisogno di una qualità della vita migliore, ma anche nelle nazioni più ricche dove la grande abbondanza di ricchezza materiale ormai non ha che un impatto minimo sulla felicità e, anzi,inizia a minacciare le basi del nostro benessere. È abbastanza facile capire il perché di questa cecità collettiva [...] La stabilità dell'economia moderna dipende a livello strutturale dalla crescita economica. Quando la crescita mostra segni di incertezza - come è avvenuto in modo drastico nelle ultime fasi del 2008 - i politici si fanno prendere dal panico. Le imprese faticano a sopravvivere. La gente perde il lavoro e a volte la casa. La spirale della recessione incombe. Mettere in dubbio la crescita è considerata una cosa da pazzi, idealisti e rivoluzionari. Ma dobbiamo metterla in dubbio. L'idea di un'economia che non cresce potrà essere un anatema per gli economisti. Ma l'idea di un'economia in costante crescita è un anatema per gli ecologi. Nessun sottosistema di un sistema finito può crescere all'infinito: è una legge fisica. Gli economisti dovrebbero riuscire a spiegare come può un sistema economico in continua crescita inserirsi all'interno di un sistema ecologico finito".

In poche parole, come ci ricordano tutti i grandi economisti ecologici a partire dallo scomparso Nicholas Georgescu-Roegen, per passare ad Herman Daly e giungere allo stesso Tim Jackson, non possiamo che mettere in dubbio la crescita.

Il mito della crescita ormai ha profondamente deluso le nostre società. Ha deluso il miliardo di persone che cercano ancora di vivere ogni giorno con metà del prezzo di un caffè. Ha tradito i fragili sistemi ecologici dai quali dipende la nostra sopravvivenza. Ha fallito in modo eclatante, contraddicendo se stesso, nel dare alla gente stabilità economica e certezza dei mezzi di sussistenza.

La scomoda realtà attuale è che ci troviamo di fronte alla fine imminente dell'era del petrolio a buon prezzo, alla prospettiva di un costante aumento dei prezzi delle commodity, al continuo e progressivo deterioramento di aria, acqua e suolo, ai conflitti per l'uso delle risorse, dell'acqua, dei patrimoni forestali, del suolo e dei diritti di pesca, e all'importante sfida di stabilizzare il clima globale e di frenare i cambiamenti globali che abbiamo innescato in tutti i sistemi naturali, ormai da decenni. E ci troviamo di fronte a tutto questo con un'economia fondamentalmente incrinata, che ha un disperato bisogno di rinnovamento.

Come ci ricorda Jackson, in tale contesto la possibilità di tornare a "fare affari" come al solito (Business As Usual) è preclusa, ed è bene che tutti i politici e i decisori al mondo se ne rendano finalmente conto. La prosperità dei pochi, basata sulla distruzione ecologica e sulla continua ingiustizia sociale, non può stare alla base di una società civilizzata. La ripresa economica è fondamentale. Proteggere l'occupazione e creare altri posti di lavoro è di assoluta importanza. E' fondamentale fornire un ruolo centrale al capitale naturale, agli asset degli ecosistemi che costituiscono la base essenziale del nostro benessere e delle nostre economie. Dobbiamo imparare a vivere nei limiti che la finitezza biofisica del nostro pianeta ci impone. Abbiamo anche urgente bisogno di un rinnovato senso di prosperità condivisa. Un impegno più serio per la giustizia in un mondo finito.

Le politiche devono acquisire nuovamente la priorità. Il ruolo dei governi deve nuovamente essere in grado di dettare regole ai mercati per il benessere comune e il rispetto dei beni comuni.
La crisi economica ci offre realmente un'opportunità unica di investire nel cambiamento. Di spazzare via la logica di breve periodo che ha afflitto la società per decenni. Di sostituirla con una politica ragionata che sia in grado di affrontare l'enorme sfida di assicurare una prosperità duratura alle nostre società e che si basi sulle migliori conoscenze scientifiche sin qui acquisite per impostare una sostenibilità concreta del nostro modo di operare, di produrre, di consumare.

La prosperità infatti va oltre i piaceri materiali e trascende le questioni pratiche. Risiede nella qualità delle nostre vite, nella salute e nella felicità nostra e delle nostre famiglie. È presente nella forza delle nostre relazioni e nella fiducia che abbiamo nella comunità. È messa in luce dalla nostra soddisfazione sul lavoro e dal nostro sentire di avere un significato e uno scopo comune. Dipende da quanto possiamo partecipare a pieno alla vita della società.

Il 2012 costituirà un anno cruciale per dimostrare se l'umanità è in grado o meno di avviare un inversione di rotta. Nel 2012 avrà luogo anche la Conferenza ONU sullo sviluppo sostenibile che si terrà nel giugno prossimo a Rio de Janeiro (vedasi www.uncsd2012.org), venti anni dopo il famoso Earth Summit, tenutosi sempre a Rio nel giugno del 1992.
Questa volta le nostre società si trovano in una profonda crisi che deriva proprio dagli errori di un modo di fare economia che abbiamo voluto impostare ed estendere praticamente a tutte le comunità umane.

Sarà impossibile uscire da questa crisi se non riusciremo a mettere al centro il valore del capitale naturale che costituisce la base del nostro benessere e delle economie di tutte le società umane e se non impariamo, come l'intera scienza della sostenibilità cerca di dimostrare, che dobbiamo imparare a vivere nei limiti ecologici del solo pianeta che abitiamo.
La Conferenza di Rio potrebbe costituire un vero punto di svolta per investire nel cambiamento.

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