[16/12/2011] News

Hollande, l'innominabile "sinistra" italiana e il guado della rinascita della socialdemocrazia

In un'intervista alla Repubblica il candidato del Partito socialista francese alla presidenziali, François Hollande, in visita in Italia su invito del Partito democratico, risponde così alla domanda se il rigore finanziario sia l'unica via possibile: «Niente potrà essere fatto senza una riduzione dei deficit e del debito. Quello che propongo ai francesi è un ritorno programmato all'equilibrio di bilancio nel 2017 seguendo un criterio di giustizia sociale. Non basta. Dobbiamo creare le condizioni per rilanciare la crescita e sviluppare gli strumenti per una regolamentazione che permetta alle nostre democrazie di prendere il sopravvento sul ricatto imposto dai mercati finanziari».

E poi aggiunge: «Le sinistre francesi, italiane e tedesche devono poter elaborare una risposta comune e alternativa alla crisi».

Proprio qui sta il punto della questione italiana: esiste ancora, come invece è evidente in Francia ed in Germania, una sinistra (o meglio le sinistre)?.

Le parole di Hollande, riecheggiano nel 2011 quelle che Enrico Berlinguer diceva sul ruolo di mercato, democrazia e Stato già alla fine degli anni '70, quando il tramonto della spinta propulsiva della fallimentare esperienza del "socialismo reale" era più che evidente e si cercava una "terza via" che non era affatto quella declinata dopo da Tony Blair in Gran Bretagna, cioè la resa al mercato ed alla finanza da parte di una sinistra che sposta dosi al centro occupando territori così inesplorati da diventare luoghi del non ritorno. Una terza via che in Italia si è trasformata nella rotta programmatica ed ideale di quella che era la più forte sinistra dell'Europa Mediterranea.

L'invito del Pd ad Hollande potrebbe diventare addirittura imbarazzante, visto che questo moderatissimo socialdemocratico francese dice cose che risuonano nelle piazze affollate dai lavoratori della Fiom e dei sindacati, dove l'ala  centrista del Pd ha posto una fatwa sulla partecipazione dei dirigenti del Partito, e perché Hollande si appresta a fare un governo di sinistra con Europe Ecologie-Les Verts e addirittura quel che resta dei comunisti francesi. Coalizioni di sinistra che hanno vinto in Danimarca e che si apprestano a vincere in Germania.

La socialdemocrazia, che i post-comunisti e i cristiano-sociali hanno dato per frettolosamente spacciata (ben più rapidamente del comunismo sovietico), è ancora più forte del Pd anche dove ha perso (Spagna e Portogallo) e rappresenta (tra l'altro con un evidente ritorno alle antiche radici e con alleanze con le nuove sinistre sempre più ecologiste) l'ossatura della possibile alternativa alla destra (incarnata soprattutto nel Partito popolare europeo) che ha governato il periodo rampante della finanziarizzazione, vincente ed adulata, dell'economia ed ora cerca di sfuggire alle proprie responsabilità.

Probabilmente Bersani non sarebbe in grado di dire quel che Hollande afferma da candidato indicato per vincente alle elezioni presidenziali francesi e dire che la "foto di Vasto" (a dire il vero scattata già mossa e sfuocata) è davvero l'alternativa al berlusconismo che ha avvelenato la sinistra storica italiana più di quanto il tatcherismo abbia intossicato il laburismo in Gran Bretagna (che tra l'altro si sta sottoponendo ad una accelerata cura autocritica disintossicante).

La presenza del mite Hollande in Italia ci consegna l'immagine di un elettorato di sinistra in Italia rimasto orfano, senza Partito, che vota in stragrande maggioranza per il Pd, dove comunisti pentiti e democristiani recidivi non solo non vogliono nemmeno sentir parlare di "sinistra" ma dicono di non voler morire "socialdemocratici". Che negli altri Paesi da "socialdemocratici" si viva e si voglia vivere (spesso molto bene) sembra un dettaglio poco interessante in un bel pazzo di un Partito che in Europa aderisce al gruppo dei Socialisti e Democratici...

Le perigliosa transizione e la cura da cavallo non certo socialdemocratica che il governo tecnico di Mario Monti ci sta propinando potrebbe essere lo spartiacque per una definizione delle alleanze del Pd, diviso tra un orizzonte socialdemocratico ed uno neocentrista, tra la critica del modello di sviluppo ipercapitalista (che in Italia sembra diventata quasi un tabù anche nella sinistra esterna al Pd) e il tentativo di passare la nottata della crisi per poi ricominciare come prima con una struttura sociale e del lavoro pesantemente ridefinita con la shock economy attuata da chi ha provocato, economicamente e politicamente, la crisi. 

Alla fine di questa strettoia la sinistra potrebbe essere relegata al ruolo di marginale oppositore di un corpaccione centrista che gestisce il gestibile in una società sempre più disillusa e ineguale, attestandosi su quella che molti chiamano la "difesa dei ceti più deboli", mentre la sinistra quei ceti dovrebbe organizzarli e possibilmente renderli protagonisti e governanti. E su questo abbiamo segnalato l'interessante proposta del Manifesto con Rossana Rossanda per "Un'altra strada in Europa" di cui abbiamo dato notizia e che però ci pare non stia facendo proseliti.

Così, con questa mancanza di orizzonte, con questo assopimento di ideali  che troppo spesso diventa retorica e populismo, alla fine non ci resterà che l'invidia per le socialdemocrazie europee che, nell'attraversata del guado profondo del neoconservatorismo liberista, sono riuscite almeno a riemergere, indebolite ma non annegate, ferite ma pronte a ripensarsi a sinistra e spesso con la sinistra.

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