[15/12/2011] News

Gli italiani invecchiano, non sempre bene, minacciati dalla crisi ecologica e sociale

Mentre la salute dell'Italia non è ultimamente delle migliori, una massa imponente di dati sullo stato di salute degli italiani è stata raccolta nelle mille e più pagine della nuova "Relazione sullo stato sanitario del Paese 2009-2010", presentata dal neoministro della Salute, Renato Balduzzi, che al proposito ha dichiarato come si tratti ‹‹di una fotografia dell'esistente, non della situazione ottimale, con molti spunti per la programmazione. Bisogna passare dalle dichiarazioni di principio all'applicazione diffusa di buone pratiche sottoposte a valutazione continua››.

Il macroquadro che ne esce fuori è quello di un Paese demograficamente anziano, dove il 20,3% dei suoi 60milioni di abitanti ha raggiunto la soglia dei 65 anni (con gli under14 che arrivano al 14% del totale). Di questi, circa il 70% si dichiara in buona salute (erano il 50% nel 2005), e questa è la percezione soggettiva: eppure, a 65 anni gli uomini hanno la speranza di vita a 18 anni (le donne a 21,8), ma una speranza di vita senza disabilità di soli 7,9 anni (le donne di 7,2). Dati volendo molto più interessanti della semplice aspettativa di vita, e da tenere indubbiamente in considerazione quando si vuol delineare un qualsiasi forma d'aumento dell'età pensionabile, ad esempio.

Le principali cause di morte, in Italia (con una speranza di vita alla nascita di 78,8 anni per gli uomini e di 84,1 per le donne) sono ancora le malattie cardiovascolari ed i tumori, ‹‹responsabili nel 2008 di ben 7 decessi su 10. Fra gli uomini, le malattie del sistema cardiocircolatorio, per la prima volta nel 2008, divengono la prima causa di morte (97.953 decessi su 281.824 totali), superando i tumori (97.441). Tra le donne, invece, come già osservato da tempo le malattie cardiovascolari si confermano la prima causa di morte››, mietendo il 43% delle morti, mentre i tumori rimangono fermi al 25%.

Acquisendo una panoramica che spazi su più anni, il rapporto mostra come la mortalità per malattie cardiocircolatorie si sia ridotta dal 1980 del 60%, e dagli anni '90 si sia ridotta del 20% quella per tumori. Non già per la riduzione dei nuovi casi di tumore diagnosticati, ‹‹in aumento rispetto agli anni precedenti, soprattutto, ma non esclusivamente, per la percentuale crescente di anziani, i quali presentano un maggiore rischio di sviluppare patologie tumorali››. Di tumore ci si ammala sempre, dunque, ma ci sono più possibilità di guarire.

Particolarmente interessante il triste capitolo che si apre alla voce "suicidi". Il 77% dei suicidi è compiuto da uomini, con un totale di 7.663 suicidi nel biennio 2007-2008 - questo ricordando come l'Italia sia comunque classificata come Paese a basso rischio suicidi tra i cugini europei. Nello stesso periodo di tempo, nonostante la maggioranza dei suicidi sia anziano, la quarta causa di morte per nelle fasce d'età giovani (15-24 anni e 25-44 anni) è stata proprio quella di togliersi la vita.

La mortalità per suicidio è in diminuzione dagli anni '80, ma i dati rimangono preoccupanti e fanno il paio con quello del più che raddoppio in cui sono incorsi quelli sul consumo di antidepressivi dal 2001 al 2009, e col tasso dei ricoveri ospedalieri in psichiatria che rappresentano il 34% del totale. Non è poi di poco conto notare come i dati sui suicidi analizzati dal rapporto siano inerenti al biennio 2007-2008, ovvero nel pre-crisi; la drammatica situazione economica, nonché le esacerbate tensioni sociali hanno portato ad un aumento dei suicidi negli ultimi anni, come purtroppo testimonia la cronaca quotidiana.

Pardigmatica la particolare attenzione dedicata dal Rapporto del ministero della Salute ai "determinanti della salute", suddivisi in "ambiente", "stili di vita" e "determinanti socio-economici": indice di una necessità, per un tema complesso come quello della salute, di abbracciare un approccio sistemico al problema, intrecciandosi completamente col concetto di "sostenibilità".

Estrapolando estratti significativi tra questi sottoparagrafi, infatti, si riporta ad esempio come ‹‹gli eventi meteorologici avversi sono aumentati notevolmente negli ultimi vent'anni, non solo in termini numerici, ma anche d'intensità. Gli effetti possono essere particolarmente devastanti quando colpiscono gruppi di popolazioni di per sé già vulnerabili come bambini, anziani, disabili, indigenti e minoranze etniche››.

Ancora, altro esempio, ‹‹gli effetti sanitari del ciclo dei rifiuti sono attualmente oggetto di ricerca scientifica e valutazione a livello internazionale e comunitario. Benché non vi siano nessi causali accertati, è giustificata l'adozione di criteri cautelativi nei processi decisionali relativi al ciclo dei rifiuti. Per la gestione dei rifiuti in termini complessivi, è indispensabile un approccio integrato che soddisfi le priorità identificate dalla cosiddetta gerarchia dei rifiuti, sviluppata dall'Unione Europea, che stabilisce le opzioni preferibili per lo smaltimento (Direttiva 75/442/CEE del Consiglio, del 15 luglio 1975, relativa ai rifiuti). Applicando questa gerarchia, le opzioni in ordine di preferibilità decrescente sono: contenimento della produzione, riutilizzo, riciclaggio, compostaggio, incenerimento e discariche con recupero di energia, incenerimento e discariche senza recupero di energia››.

Ricercare dunque la strada per la sostenibilità (sociale, economica ed ambientale) non è un imperativo che riguarda, come non sempre si sottolinea a dovere, solo la sfera economica o la difesa dell'ambiente, ma è un tema strettamente legato alla salute umana. Dove per salute si intende quel diritto sancito dall'Organizzazione mondiale della sanità ad uno "stato di completo benessere fisico, psichico e sociale, e non semplice assenza di malattia".

Riscrivere il paradigma socioeconomico verso un disegno sostenibile inciderà dunque anche a breve termine sullo stato di salute complessivo dei cittadini.

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