[12/12/2011] News

Russia (dis)unita. Perché smottano la democrazia autoritaria e l'oligarchia energetica putiniana

Nessuno si aspettava che l'inverno della "democrazia" autoritaria di Putin (quella che i russi chiama democrazia souvenir) arrivasse così presto, né che l'opposizione che sembrava dormiente avesse tanta forza e rabbia da sfidare nelle piazze i manganelli di una polizia che ha fatto somigliare il regime russo molto simile a quello bielorusso.

La "vittoria" di "Russia Unita" è stata in realtà una batosta incerottata da brogli diffusi: Putin ha perso ufficialmente il 15% dei voti, fermandosi al 49%, nonostante si fosse scelto, escludendo dalla lizza elettorale partiti e leader che temeva come concorrenti, i nostalgici del Partito Comunista russo (da non sottovalutare per il suo 20% ed il radicamento che è riuscito a ricostruire nell'immenso Paese), gli impresentabili naziolfascisti di Zhirinovsky (11%), Russia Giusta (13%) e qualche partitino liberale filo-occidentale che i russi non hanno votato.

Dopo la sconfitta è scattato l'istinto "sovietico" dell'ex dirigente del Kgb e Putin non ha trovato di meglio che dare la colpa agli americani di aver fomentato sia l'opposizione che le proteste post-elettorali. La realtà è che solo i brogli hanno permesso a Putiin di avere una maggioranza alla Duma, dove non potrà più esercitare quella dittatura democratica che gli garantiva la maggioranza assoluta.

L'autoritarismo e il decisionismo che tanto piacevano a Berlusconi, la democrazia asservita all'oligarchia statale petrolifera-gasiera-nucleare alla fine hanno stancato anche i russi che non sembrano contenti di avere dinnanzi a loro un regime eterno senza possibilità di ricambio, una stagnazione politica che si sta facendo economica nella quale il partito unico degli oligarchi controlla Stato e media e lascia briciole di democrazia e di benessere. E' una pesante sconfitta del tandem con il presidente uscente Dmitri Medvedev designato a ricambiarsi il posto con Putin, mentre la popolarità di quello che viene chiamato il "futuro ex-presidente" si scioglie come la neve nel global warming dell'Artico russo.

In occidente ci siamo meravigliati del crollo del castello di autoritarismo e petrolio costruito da Putin, ma Russia Unita aveva già pesantemente truccato le elezioni locali di marzo, è da quei brogli che era partita la sconosciuta mobilitazione civica che oggi vediamo nelle piazze di Mosca e in altra città, da Vladivostok a San Pietroburgo, con il divorzio dal potere, accettato finora come "necessario", della classe media russa da Russia Unita. Davanti alla stagnazione politica ed alla insostenibile disparità tra l'ingorda e corrotta classe dirigente ed i cittadini gli slogan sulla modernizzazione della Russia sono un guscio vuoto e i più impoveriti tornano a rivolgersi alle promesse di giustizia sociale del Partito Comunista.

L'editorialista di Ria Novosti Hugo Natowicz scrive che «Le elezioni dei deputati della Duma del dicembre 2011 segnano un "prima" e un "dopo". Si poteva notare, anche prima delle elezioni, una forma di militanza vigorosa sui blog e le reti sociali. Numerosi siti internet, Ong e semplicvio cittadini rilasciavano infoirmazioni annunciando che delle irregolarità avevano avuto luogo il giorno dello scrutinio e chiamavano la gente ad andare a votare. Per aver seguito le precedenti legislative russe, tengo a sottolineare che nel 2007 le violazioni erano state constatate senza grande emozione. Le frodi erano state accolte con rassegnazione ed indifferenza, questa volta la siocietà civile era sul chi vive».

La nuova attenzione dell'opinione pubblica sulla scarsa qualità della democrazia russa si è tradotta in una serie di scandali che hanno colpito l'oligarchia putiniana alla viglia delle elezioni, con tentativi di censurare la già docile stampa russa e di impedire la traduzione di articoli stranieri ritenuti troppo scomodi da Russia Unita. I cittadini non credono più ai media ufficiali e nelle mani degli oligarchi statali, esattamente come non credevano alla Pravda ai tempi di Breznev.

Anche le elezioni sono state seguite in due modi diversi e paralleli: da una parte i media ufficiali, dall'altra l'informazione civica diffusa fatta di blog e Vkontakte, il Facebook russo, che pubblicavano una mappa interattiva dei brogli e sbugiardavano i grandi giornali di regime che assicuravano che non c'era alcuna frode elettorale, pubblicando un video che denunciava le falsificazioni del voto. Anche nei giorni prima delle elezioni su internet fioccavano le denunce di irregolarità nelle liste elettorali e nei certificati di trasferimento che permettono di votare in un seggio diverso a quello di residenza.

Nonostante i brogli e la scarsa scelta politica, le elezioni russe hanno fatto emergere due "blocchi": la Russia dei cittadini e la Russia ufficiale, con relazioni complesse ma che sembrano in rapido mutamento, quasi rivoluzionario, come è costume e storia di questo gigante che sembra immobile ma che è capace di scosse devastanti per il potere che sembra eterno.

L'aria nuova che spira in Russia potrebbe portare altri elettori a votare, per scardinare un sistema di brogli ed abusi che ormai è un dato di fatto denunciato dagli osservatori internazionali che per dimostrarli si sono avvalsi soprattutto delle prove filmate dagli elettori con gli smartphon, immagini che hanno suscitato un'indignazione mai vista, portando centinaia di migliaia di persone in piazza contro il putinismo.

Probabilmente Russia Unita avrebbe vinto ugualmente le elezioni (e Putin vincerà le prossime presidenziali) ma i brogli sono la manifestazione di un potere che non si accontenta di vincere: vuole dominare e schiacciare ogni possibile alternativa e l'esistenza stessa delle frodi tradisce un'insicurezza inaspettata di un regime che non sembra pronto ad accettare davvero la sfida democratica. Il rischio è , se Russia Unita vuole mantenere un potere assoluto sulla politica e l'economia russe, che la Russia piombi nel caos di una rivolta "arancione" tinta di rosso e di bruno.

«Ma I tempi cambiano - dice Natowicz - A 20 anni dai giorni della caduta dell'Urss, una nuova generazione sta arrivando alla maturità politica. Agli antipodi dalle persone che hanno vissuto sotto il comunismo, spesso politicamente apatiche, i giovani nati dopo la caduta del Muro ed i trentenni esigono di pesare nel processo politico. Questa generazione che viaggia (non solo in Occidente), aperta al mondo e innamorata di internet, non si soddisfa più con l'imperativo della "stabilità". Respinge l'immobilismo e vuole prendere dei rischi, anche bruciandosi. Solo un sbrogliamento progressivo del sistema politico sembra in grado di spegnere la sua frustrazione: uno sbrogliamento sincero, che non sia destinato a compiacere l'Occidente, ma a riflettere sulle tendenze di fondo di una società russa che cambia».

Ma nella Russia dello Zar Putin si stanno creando molte, forse troppe, bolle di scontento pronte ad esplodere: i giovani scoraggiati e senza prospettiva di avanzamento sociale, la corruzione che fa passare un esame pagando" una bottiglia di de cognac e le bustarelle dei ricchi per non fare il servizio militare; i militari arrabbiati per le promesse non mantenute; i pensionati già scesi in strada a protestare nel 2005 e che tornano a votare in massa comunista... Il tutto avvolto da una corruzione che annulla ogni fiducia in un potere sempre più ricco e distante e che utilizza le tecniche di controllo dell'opinione pubblica dello zarismo e del peggior socialismo reale.

Fino ad ora queste rivendicazioni, che parlano della mancata condivisione del benessere e delle risorse petrolifere ed ambientali della Russia, non hanno trovato un leader, ma anche le rivoluzioni arabe (per le quali Medvedev e Putin non hanno nessuna simpatia) sono state rivoluzioni senza capi. L'oligarchia dello Stato-mercato energetico sembra tentata da una risposta del tipo "Bielorussia", basata su arresti e repressione, ma questo non farebbe che approfondire pericolosamente il baratro che già esiste tra i russi ed i loro leader ed allontanerebbe ancora di più la Russia dalle democrazie occidentali, senza nemmeno più un Berlusconi e pronto a giurare sulla democraticità del suo amico Vladimir Putin.

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