[07/12/2011] News

20 anni di legge quadro sulle aree protette: de profundis o rilancio?

Cogliati Dezza: «Rinnovare il sistema contro la perdita di biodiversitą e per lo sviluppo sostenibile»

 

Nel suo messaggio al Congresso nazionale di Legambiente tenutosi a Bari dal 2 al 4 dicembre, il ministro Corrado Clini ha detto che la proposta di politiche e  misure ambientali per la crescita dovrebbe prevedere anche «La valorizzazione dei parchi nazionali e regionali e delle zone di particolare pregio paesaggistico, con l'introduzione di misure di autofinanziamento e la partecipazione alla gestione di cooperative di giovani esperti con età inferiore a 35 anni». Forse un po' poco per rilanciare un sistema che a 20 anni dall'approvazione della legge quadro sulla aree protette (394/91) mostra una forte sofferenza, causata dalla disattenzione (e spartizione) politica e dal continuo taglio di fondi per la salvaguardia della natura. Nonostante questo è innegabile il successo della 394/91, senza la quale l'Italia non si sarebbe potuta dotare di una rete di aree protette terrestri e marine che l'hanno finalmente portata verso standard europei. La legge quadro sulle aree protette è stato uno strumento fondamentale per realizzare un sistema diffuso di aree per la tutela della biodiversità, condiviso e partecipato, che interessa attualmente oltre l'11% del territorio nazionale e coinvolge oltre 2.000 comuni. Il 6 dicembre Federparchi-Europarc Italia ha organizzato a Roma il convegno celebrativo "Buon Compleanno, 394: i 20 anni della legge quadro sui parchi": «Vent'anni di lavoro appassionato per la conservazione e la valorizzazione del patrimonio naturale del nostro Paese, in cui è stato possibile creare un sistema di aree naturali protette, che ricopre, ad oggi, il 12,5% del territorio italiano», al quale hanno partecipato i principali protagonisti della stagione dell'istituzione dei parchi italiani.

 

Ma il ventennale della legge sollecita riflessioni, a volte amare come quelle che il presidente dell'ente parco nazionale dell'Arcipelago di La Maddalena, Giuseppe Bonanno, mette nero su bianco in una lettera  indirizzata a parchi e aree marine protette italiane:  «Sebbene in molti si accingano a festeggiare il "compleanno" della 394 mi duole invece dover, in controtendenza, esprimere tutto il mio cordoglio per la morte della filosofia ispiratrice della stessa. Per quanto io ritenga necessarie le modifiche proposte alla Legge quadro, si è proceduto ad ipotizzare elementi di una tale pericolosità da rendere i Parchi, se ce ne fosse ulteriore conferma, uno strumento quasi ancillare rispetto alle esigenze altrui e gli Enti gestori sempre più messi in difficoltà nel raggiungimento degli obiettivi istitutivi. In particolare continuano a non essere affrontati i temi reali e concreti relativi all'esigenza di una maggior elasticità e dinamicità degli Enti parco, al fatto che vi siano un'assenza di coordinamento strutturale, e non demandato alla volontà dei singoli, e una mancanza di altri elementi, come ad esempio di una maggiore rappresentatività delle comunità locali che non si traduca in un "commissarimento" degli enti alle esigenze, seppur legittime, esclusivamente economiche delle amministrazioni locali, di un gruppo di acquisti comuni per risolvere realmente le diseconomie e di un centro studi: quest'ultimo, in particolare, dovrebbe consentire agli Enti di risolvere criticità e dubbi interpretativi sulle norme da un lato e di mettere in rete best practice anche di natura amministrativa dall'altro».

Dopo aver affrontato gli aspetti tecnico-amministrativi Bonanno passa ad analizzare compiti e poteri dei parchi: «L'obiettivo della separazione e della tutela delle prerogative dell'Ente gestore rispetto alle spinte speculative, riconoscendo dignità e stabilità al sistema dei Parchi italiani, è ben lungi dall'essere raggiunto e sembra, piuttosto, che ci si stia muovendo in senso diametralmente opposto. Eppure l'evidenza dei fatti è sotto gli occhi di tutti: il territorio italiano è attraversato da emergenze ambientali che mettono in discussione il sistema economico e pianificatorio impostato dal dopoguerra a oggi. Un tempo si parlava dei Parchi quali laboratori all'interno dei quali sperimentare tecniche che poi potessero "contaminare" il territorio circostante, mentre oggi assistiamo al processo inverso, ossia al tentativo di portare quelle logiche economico speculative all'interno dei territori protetti. Da anni a questa parte continui "attacchi" all'operatività dei Parchi sono stati portati avanti nelle varie Leggi finanziarie; alle volte siamo riusciti ad eludere i contraccolpi delle misure "punitive", altre volte le abbiamo subite riducendo enormemente la capacità operativa degli enti di gestione: non da ultime la cancellazione dei contributi per le Aree marine protette e la capziosa riconduzione degli Enti Parco nella previsione di cancellazione delle indennità per gli organi di vertice. Guardando al complesso delle misure fin qui adottate e che oggi impattano sul sistema delle aree protette, non posso che confermare la sensazione che si stia concretizzando il processo di "svuotamento" delle competenze e dell'autorevolezza dei Enti Parco in un lento ma inesorabile processo che non trova oramai più alcun argine. Per tali motivazioni ritengo che ci sia ben poco da festeggiare ma piuttosto restare al capezzale del morto per l'estremo saluto».

Secondo il  presidente di Legambiente, Vittorio Cogliati Dezza, «E' bene però aprire una seria riflessione su come rilanciare l'esperienza dei parchi e sulle possibilità che un rinnovamento del sistema possa offrire contro la perdita della biodiversità, per incentivare lo sviluppo sostenibile locale e promuovere la green economy. E' chiaro però, alla luce di questi venti anni trascorsi, che esistono diversi punti di questa legge che hanno bisogno di essere rivisti e migliorati perché il sistema di tutela risulti davvero efficace ma soprattutto non ingessante come è accaduto in alcuni casi. Le aree protette devono, infatti, contribuire di più a fermare la perdita di biodiversità e incidere maggiormente nelle scelte per mitigare il cambio climatico. Per questo, Legambiente sottolinea la necessità di rafforzare il loro sistema attraverso la crescita della percentuale di territorio protetto (oggi all'11%) per raggiungere entro il 2020 gli obiettivi sottoscritti in sede internazionale (17% a terra, 10 mare e coste); di investire nelle aree protette per evitare il degrado del territorio a causa degli incendi boschivi, l'abbandono delle terre e le calamità naturali come le alluvioni; di sviluppare le aree protette per recuperare un ruolo nelle strategie euro-mediterranee di conservazione della natura (Alpi, Appennini, mare e coste)».

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