[29/11/2011] News

I conti in tasca a Durban. Le vere emissioni di gas serra nazionali e globali

Alexander Ochs, il Direttore Climate and Energy del  Worldwatch Institute e Xueying Wang, un ricercatore dello stesso istituto statunitense, fanno i conti della vera material di cui dovrebbe occuparsi la diciassettesima  Conferenza delle parti dell'United Nations framework convention on climate change (Cop17 UnfcccCC) iniziata ieri a Durban, in Sudafrica: la riduzione dei gas serra per fare in modo che il global warming non vada fuori controllo. Per farlo, utilizzano i dati dell'ultimo rapporto dell' International energy agency (Iea), CO2 Emissions from Fuel Combustion - 2011 Highlights", che analizzano, i cali o le crescite di CO2 per settore e regione nel periodo 1971-2009. 

«Secondo i dati - scrivono Ochs e Wan - quasi due terzi delle emissioni a livello mondiale provengono da due settori: energia elettrica e termica (41%) e trasporti (23%). Le emissioni rimanenti provengono dai processi industriali (20%), dal residenziale (6%) e una moltitudine di fonti aggiuntive (10%). Per quanto riguarda l'energia, il carbone è la fonte e di emissioni leader di CO2, pari al 43% di tali emissioni, seguito dal petrolio al 37% e dal gas naturale al 20%».

Però, quelli che sono più interessanti sono i dati  della distribuzione regionale delle emissioni: «Nel 2009, le emissioni di CO2 dei Paesi in via di sviluppo sono cresciute del 3,3%, principalmente a causa della continua crescita economica e dell'aumento della domanda di carbone, mentre nei Paesi sviluppati le emissioni sono scese drasticamente del 6,5%, in gran parte attribuibile al minore impiego di carbone, petrolio e gas naturale, come conseguenza della recessione economica mondiale e delle crisi finanziarie». Le emissioni nei Paesi sviluppati nel 2009, sono scese del 6,4% rispetto al livello del 1990, l'anno preso a di riferimento  nel 1992 dell'Unfccc e nel 1997 dal Protocollo di Kyoto.

I ricercatori del Worldwatch Institute spiegano che «Uno sguardo più da vicino ai dati rivela tendenze interessanti. I cinque maggiori emettitori di CO2, Cina, Stati Uniti, India, Federazione Russa e Giappone, secondo l'ordine delle emissioni, rappresentano circa la metà della popolazione mondiale, delle emissioni  e del  prodotto interno lordo (Pil), ma le emissioni di CO2 per unità di Pil, così come quelle pro-capite non sono affatto uguali tra i cinque».

Questa differenza è dimostrata da un grafico (figura 1 nell'immagine) che illustra le tendenze dell'intensità di emissioni per queste 5 grandi economie tra il 1990 e il 2009: «La Cina è riuscita a ridurre in maniera significativa l'intensità di carbonio della sua economia, ma oggi la Cina emette procapite più di 20 anni fa. Gli Stati Uniti hanno ridotto le loro emissioni di carbonio sia in termini di dollaro prodotto così come per ogni cittadino americano, ma rimangono ancora di gran lunga il Paese più sporco tra questi 5 grandi in termini di produzione procapite». 

Cina ed Usa, i due più grandi emettitori di gas serra del pianeta, nel 2009 hanno contribuito per il 41% delle emissioni mondiali ed avevano più o meno la stessa quota. Però, a livello pro capite, l'americano medio emette 3 volte più CO2 di un  cittadino medio della Repubblica popolare cinese.

In Russia la riduzione delle emissioni c'è stata sia a livello procapite che per ogni rublo prodotto, «Soprattutto a causa del fallimento delle industrie a forte intensità di energia dopo che il Paese ha aperto la sua economia ed il sistema politico agli inizi degli anni ‘90». Anche se le emissioni per unità di Pil della Russia sono ancora 3 volte quelle del Giappone, nonostante i russi abbiano un tenore di vita molto più basso dei giapponesi. 

Per Ochs e Wan «I numeri dimostrano chiaramente che le emissioni di carbonio non sono necessariamente legate allo stato di sviluppo di una nazione. L'economia e la popolazione giapponesi sono significativamente meno dipendenti dell'emissione di CO2 rispetto agli Stati Uniti, nonostante un tenore di vita simile. E' chiaro che questi numeri divergenti risultano sia da uno sviluppo diverso nei singoli settori industriali che dalle conseguenze degli obiettivi politici alternativi, delle decisioni, regolamenti e misure. In nessuna delle economie del mondo esiste un vuoto. Sono influenzate da quadro politico così come da diverse norme ed orientamenti culturali.

Indicatori socio-economici simili analizzati dall'Iea  come la CO2 per energia primaria totale e la CO2 per ogni kWh di elettricità ed heat output, ci consentono di guardare l'impronta di carbonio dei Paesi da una varietà di prospettive».  Questi indicatori forniscono importanti controlli della realtà, sia in numeri assoluti di emissioni  e dei livelli di intensità di carbonio di ogni Paese, confrontabili con il  resto del mondo.

Il Worldwatch Institute conclude: «Con primo periodo di impegno del protocollo di Kyoto in scadenza il prossimo anno, come possiamo utilizzare il corrente snapshot dei trend delle emissioni per innovare un trattato globale sul clima? Siamo in grado di andare avanti verso uno sviluppo sostenibile e low carbon  per il post-2012?».

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