[15/11/2011] News toscana

Disastro di Marina di Campo: no ai depistaggi

Cura quotidiana del territorio e stop alla cementificazione

Vediamo che, depositato il fango e asciugata l'acqua, come già accadde nel 2002, è partita un'operazione di depistaggio dei cementificatori e dei loro amici sulle vere cause del disastro "innaturale" che ha colpito Marina di Campo e Procchio. Oltre che a cercare di scaricare le "colpe" sul Parco Nazionale di mancati interventi di manutenzione di fossi e torrenti che sono a carico di altri enti, ora qualcuno dice che la colpa è addirittura tutta delle canne che ostruiscono i fossi, la stessa identica cosa che accadde quando l'alluvione del 2002 spazzò via la pista di gokart dei Marmi, fatta costruire in  un'area a rischio in dispregio di tutte le norme, portando le macchinine fino in Pianosa.

Quali siano le vere cause di quanto accaduto lo si può evincere della foto che alleghiamo del torrente che ha invaso le case del Piano di edilizia economica e popolare (Peep) che in gran parete è in realtà un ammasso case vacanze, in affitto e seconde case , che la passata amministrazione del Comune di Campo nell'Elba ha sciaguratamente permesso di edificare in zona di raccolta acque sotto il bacino scolante di San Piero.

Come scrive l'ambientalista Francesco Mezzatesta, che abita in quella zona, «Sono i comuni molto spesso i veri colpevoli dei disastri idrogeologici perché per non scontentare i loro elettori rilasciano licenze edilizie in zone sbagliate. E' sbagliato ripetere la solita frase  che bisogna pulire i fossi perché prima di invocare le pulizie bisogna che i fossi vengano mantenuti e non chiusi perché in ogni caso l'acqua si riprende il proprio spazio. E' inoltre sotto gli occhi di tutti che i fossi oltre che eliminati vengono ristretti per avere spazio da edificare nei dintorni. Ma negli spazi ristretti e "messi in sicurezza" l'acqua aumenta pericolosamente di velocità e comunque, soprattutto dopo che a causa dei cambiamenti climatici i fenomeni atmosferici si sono radicalizzati, non riesce ad essere contenuta nei canali-budelli anche se questi vengono puliti. E' come se  un contenitore in grado di contenere 10 litri al secondo potesse accoglierne 100 litri al secondo. E' chiaro che se non si lascia lo spazio per l'espansione dell'acqua in favore di case, muri e recinzioni metalliche da qualche parte la massa idrica esonda».

Ricordiamo che il Piano strutturale di Campo nell'Elba, mai approvato grazie alla ferma opposizione ed alle osservazioni presentate da Legambiente, prevedeva la costruzione di altre nuove 1.500 case ed una "pede-collinare" che avrebbe attraversato le aree da dove è partito l'alluvione.

Naturalmente la manutenzione dei fossi, dei torrenti e del reticolo idrogeologico elbano  resta uno degli elementi di cura e buona gestione quotidiana del territorio, tanto che sulla questione si è espresso anche il Congresso regionale di Legambiente Toscana nel suo documento finale approvato all'unanimità: «Il Congresso di Legambiente Toscana esprime cordoglio alle famiglie delle vittime dell'alluvione che ha colpito i territori della Lunigiana, dell'isola d'Elba e quelli della Liguria e solidarietà verso le popolazioni colpite dalla catastrofe e vuole, inoltre, ringraziare tutti i volontari e particolarmente i giovani "angeli del fango" che si sono prodigati per aiutare e  prestare i primi soccorsi alle persone duramente colpite da questo ennesimo disastro annunciato. In merito a questi eventi, il Congresso  Toscano fa propria la proposta di Legambiente di coinvolgere i volontari del servizio civile in un vasto progetto di prevenzione e di manutenzione del territorio e si impegnerà affinché si possano trovare le risorse necessarie per rendere fattibile questa operazione e chiede alla Regione Toscana e alle amministrazioni locali di far proprio questo progetto anche attraverso l'iniziativa "Giovani Si". Il Congresso di Legambiente Toscana registra con profondo rammarico un decadimento da parte delle amministrazioni e della politica in generale nella gestione del territorio e chiede un segnale forte da parte della Regione Toscana affinché assuma un ruolo  nel governo del territorio. In particolare si richiede alla Regione un ruolo di maggiore controllo sulle politiche territoriali prendendo atto del fallimento dell'approccio della politica di sussidiarietà che la regione stessa aveva attuato. Nell'esprimere vivo apprezzamento per l'intento fermamente manifestato di bloccare d'ora in poi l'edificazione nelle aree a rischio, il Congresso di Legambiente Toscana chiede al presidente Enrico Rossi di tradurlo in norme vincolanti ed efficaci, capaci cioè di spezzare il meccanismo perverso che, finora, ha utilizzato perfino le opere di "messa in sicurezza" delle aree inondabili come cavallo di Troia per dare il via libera alla loro ulteriore urbanizzazione. È proprio grazie a questo uso distorto, infatti, che gli investimenti per "mettere in sicurezza" le aree hanno condotto molto spesso ad un aumento del rischio e dei danni alluvionali».

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