[14/11/2011] News

È l'intervento dello Stato in economia che frena l'occupazione? Anche il Bureau of Labor Statistics dice di no

Se è vero il detto per cui la speranza è sempre l'ultima a morire, è altrettanto vero che la paura
è molto più facile da evocare. In tempo di difficoltà e crisi, come quello in cui stiamo navigando, la
parola chiave è "incertezza", e la naturale reazione di molti alle avversità è un'istintiva chiusura a
riccio che rifugge all'inevitabilità del cambiamento anziché guidarlo e, soprattutto, individua al
contempo un responsabile pressoché unico del disastro, contro il quale potersi accanire per i sempre
e comunque immeritati, sinistri tiri della sorte.

Basta guardarsi intorno per vedere come
anche stavolta sia facile la tentazione di cercare l'uomo nero da additare, il diverso - lo straniero,
l'immigrato, identificato con la faccia peggiore della globalizzazione - accompagnato dal
sempreverde nemico thatcheriano del welfare state e delle regolamentazioni statali, colpevoli
accusati dai partiti conservatori di frenare un mercato altrimenti libero, dinamico e fruttuoso.


Per evitare di cadere ancora una volta nelle trappole del passato, in balia della paura, è
fortunatamente possibile appoggiarsi non solo alla retorica di correnti di pensiero e forze politiche
alternative, ma anche alla freddezza dei numeri, che spingono ad una profonda rivalutazione del
ruolo regolamentatore che il pubblico deve mantenere nei confronti di un mercato altrimenti senza
guida.

Il Washington Post si chiede oggi se mai sia la regolamentazione governativa ad
uccidere posti di lavoro, rispondendo subito come per gli economisti l'effetto complessivo di tali
indirizzi, in tal senso, sia ‹‹minimo››.

Analizzando la situazione statunitense, nell'articolo di
Jia Lynn Yang si riporta il caso emblematico della prossima chiusura della centrale elettrica a
carbone Muskingum River in Ohio, con la perdita di 159 posti di lavoro a causa ‹‹delle nuove regole
poste dall'Environmental protection agency››, secondo l'American electric power, compagnia
proprietaria dell'impianto.

Al contempo, però, la stessa Aep costruirà non lontano una
nuova centrale elettrica, stavolta alimentata a gas naturale: oltre ad ridurre drasticamente le
emissioni inquinanti emesse, servirà personale per mettere in piedi la nuova centrale, e 25 persone
vi lavoreranno all'interno. Prendendo però a prestito una battuta di Roger Noll, prof. di economia a
Standford, è pur vero che ‹‹se sei un minatore di carbone in West Virginia, non è un gran vantaggio
che un gruppo di ragazzi in Texas siano assunti per lavorare col gas naturale››; questo si inserisce
comunque in un sistema-mercato - il nostro - per sua natura imperfetto, dove asimmetrie e costi di
transazione rimangono a minarne l'efficienza.

Di tutto ciò non è possibile fare una colpa alle
regolamentazioni statali, in particolare alla legislazione che mira a ridurre le emissioni inquinanti e
climalteranti, che minano alla base la possibilità di vivere ed avvantaggiarsi di un ecosistema sano,
premessa indispensabile per qualsivoglia sistema economico - che, giova ricordarlo, sarà sempre
incluso nell'ecosistema dato e nel sistema sociale stabilito.

Come riportato nel seguito
dell'articolo del Washington Post, gli stessi dati ufficiali diffusi dal Bureau of Labor Statistics
‹‹mostrano come siano molto pochi i licenziamenti causati principalmente da regole più severe. Ogni
volta che una ditta licenzia dei lavoratori, l'ufficio stesso domanda ai dirigenti quale sia stato il
principale motivo che ha portato ai tagli dei posti di lavoro. Nel 2010, lo 0,3% delle persone che
hanno perso il lavoro a causa

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