[10/11/2011] News toscana

Eolico, servono linee guida pił aggiornate e un atlante pił preciso degli impatti nelle varie aree

Vorrei permettermi di aggiungere qualche considerazione sul tema dello sviluppo dell'energia eolica in Toscana, su cui si è acceso un notevole dibattito nelle ultime settimane.

Lavorando in una piccola società di consulenza in campo ambientale, ho avuto modo di collaborare sia con gli uffici della Regione Toscana alla stesura delle Linee guida per la valutazione dell'impatto ambientale degli impianti eolici, pubblicate nel 2004, sia con numerosi proponenti di impianti eolici, collaborando a Studi d'Impatto Ambientale e di Incidenza e a monitoraggi faunistici ante operam; ho quindi visto da vicino e in qualche modo ho "condiviso" le difficoltà di entrambe le parti.

Riguardo agli aspetti naturalistici - non sono infatti in grado di affrontare le questioni legate al paesaggio - la situazione di incertezza e di scontro che si è venuta a creare è dovuta, a mio parere, alla mancanza di un quadro di riferimento, normativo e tecnico-scientifico, che permetta ai proponenti di individuare a priori i siti potenzialmente idonei a queste opere, e agli uffici regionali di valutare in modo il più possibile oggettivo se i potenziali impatti di un qualsiasi progetto sono accettabili o meno.

Oggi entrambe le parti si trovano in difficoltà: gli operatori economici, in assoluta buona fede, possono proporre la realizzazione di impianti anche in aree dove queste potrebbero produrre un notevole impatto, gli uffici regionali devono invece cercare di capire se i possibili impatti sono stati adeguatamente esaminati e descritti e, questione ancora più complessa, valutare il "peso" di questi impatti.

Ad esempio, il rischio di mortalità a carico di una qualsiasi specie, secondo quanto stabilito dalle direttive europee, deve essere considerato tenendo conto dell'impatto cumulativo dell'opera in esame e di quelle simili già autorizzate o proposte: ma quale può essere la mortalità cumulativa accettabile a carico della popolazione nidificante in Toscana di una certa specie di rapace o di pipistrello?

Questo punto è particolarmente critico: alcune specie semplicemente non possono sopportare incrementi anche modesti del tasso di mortalità della popolazione adulta, e quindi la perdita anche di pochi individui l'anno potrebbe, a lungo termine, provocarne l'estinzione locale (questo potrebbe essere il caso dell'aquila reale oppure di alcuni uccelli marini, qualora risultassero vulnerabili rispetto agli impianti off-shore); altre specie, naturalmente caratterizzate da più elevati tassi di natalità e di mortalità, , hanno invece popolazioni che possono non risentire affatto della perdita di decine o centinaia di individui l'anno (ad es. gran parte dei passeriformi ma anche specie relativamente comuni di rapaci diurni e notturni).

È evidente come, a fronte di tutte queste incertezze, il principio di precauzione, di cui i valutatori devono tenere conto, possa indurre a bocciare un gran numero di proposte, che non sempre e non necessariamente produrrebbero impatti significativi.

Quale può essere la soluzione? A mio parere, non la semplice richiesta di "allargare le maglie", in assenza di strumenti e criteri che permettano di premiare i progetti ambientalmente più compatibili.

Servirebbe invece:
1. disporre di Linee Guida più aggiornate, coerenti con i recenti cambiamenti del quadro normativo nazionale, vincolanti per quanto riguarda le aree "non idonee" e con indicazioni stringenti sui contenuti minimi degli Studi di Impatto Ambientale. Queste, secondo quanto annunciato dalla Regione Toscana, sono attese in tempi brevissimi;

2. tentare di individuare - sulla base delle migliori conoscenze esistenti, coinvolgendo gli esperti presenti sul territorio regionale - aree a diverso livello di rischio per l'avifauna e per i pipistrelli, in modo da semplificare le procedure nelle zone a minor rischio e in qualche modo "sconsigliare" la presentazione di progetti progetti nelle aree dove il rischio è maggiore;

3. provare a individuare, sempre con il coinvolgimento degli esperti, dei valori di mortalità "accettabile", cumulativi e non, per le specie maggiormente vulnerabili presenti in Toscana. Si tratterebbe evidentemente di approssimazioni, da affinare nel tempo con l'acquisizione di nuove conoscenze derivanti dai monitoraggi in fase di esercizio e possibilmente da indagini ad hoc, che però potrebbero aiutare notevolmente chi deve rilasciare o meno l'autorizzazione a questi impianti.

Insomma, sarebbe utile disporre di metodi e strumenti che permettano di proporre la realizzazione di impianti eolici nei siti più idonei e di individuare e non autorizzare solo quelli che realmente potrebbero causare impatti significativi.

* Naturalista, consulente nel settore ambientale

 

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