[03/11/2011] News toscana

L'allerta meteo per il 4 novembre e la ricorrenza che non ha insegnato nulla

Domani scatta la nuova allerta meteo per l'alta Toscana e la Liguria. E' il 4 novembre e per la quarantacinquesima volta si ricorderà anche il drammatico evento alluvionale che colpì Firenze e la Toscana. Si tornerà a parlare di dissesto idrogeologico, di piano di bacino, di opere non attuate, di messa in sicurezza (?), di sistemi di allerta, di gestione del territorio, di stanziamenti per la difesa del suolo. Tutti temi purtroppo anticipati e riproposti dopo quanto avvenuto la settimana scorsa in Liguria e in Lunigiana.

I soldi erogati per la tutela preventiva del territorio sono sempre stati pochi a prescindere dal colore del governo. Non per volontà divine ma per scelte politiche. Si è preferito trovare risorse post evento (a quel punto cresciute esponenzialmente) per riparare ai disastri e per lenire l'ondata emotiva di protesta. Non ci possiamo aspettare certo un cambio di tendenza da questo esecutivo che ha praticamente annientato il ministero dell'Ambiente.

I pochi soldi disponibili poi pare che non vengano impiegati: il segretario generale dell'Autorità di Bacino dell'Arno Gaia Checcucci, ha dichiarato di avere 105 milioni per attuare interventi volti a mitigare la pericolosità idraulica che non si riescono a spendere. Troppo complessa la macchina decisionale, troppi gli enti che si occupano di difesa dalle acque e delle acque e che possono mettere il veto.

E' necessaria una filiera decisionale precisa con un ente sovraordinato (che ovviamente non di imperio) si assuma le responsabilità di quello che viene e che non viene fatto. Le Autorità di bacino hanno "poteri ridotti" e le Autorità di distretto previste dalla Direttiva europea 2000/60 non sono state ufficialmente nominate. Inoltre in uno sconquasso istituzionale in cui non si sa quali enti spariscono e quali restano più che lavoro di squadra (che sarebbe necessario) ognuno tira l'acqua al suo mulino. In questo quadro (approfittando anche della riaccesa attenzione al tema dopo i disastri dei giorni scorsi), si può solo gettare un sasso nello stagno come ha fatto Checcucci e vedere che succede.

Almeno su un aspetto però nell'immediato si potrebbero trovare ampie convergenze: sulla comunicazione. E' indecente parlare di messa in sicurezza totale del territorio quando sappiamo che non è possibile. Si può ridurre la pericolosità idraulica o idrogeologica con corretta gestione del territorio a scala di bacino, con l'attuazione di opere per il contenimento e la laminazione dei picchi di piena, restituendo ai fiumi gli spazi di pertinenza.E si può ridurre il rischio con un attenta pianificazione urbanistica, delocalizzando le strutture in aree ad elevato rischio e migliorando i sistemi di allerta.

Su questo ultimo aspetto e sul sistema di protezione civile però va detto che sono stati fatti passi enormi in avanti e se qualcosa in Lunigiana non ha funzionato (la magistratura sta indagando) probabilmente sarà per responsabilità specifiche, non per colpe di sistema. In ogni modo con una percentuale di rischio (visti anche i cambiamenti dei regimi pluviometrici) bisogna conviverci, comunicarlo ai cittadini rendendoli partecipi di processi decisionali che vanno compiuti non in emergenza e trovare forme di adattamento che evitino di perdere vite umane. 

Come giustamente ha scritto Moschini ieri sulle pagine di greenreport non è solo una questione di risorse inadeguate. Ci sono le criticità da lui ricordate e quelle sopra citate a cui aggiungiamo i ritardi nel recepire direttive europee come ad esempio la 2007/60 che fornisce indicazioni specifiche sulle alluvioni. Ma lo scoglio più duro da superare è quello culturale.

Ad esempio è necessario trovare modalità condivise sulla gestione degli ecosistemi fluviali e capire cosa intendiamo per manutenzione: se significa costruire argini e fare pulizia a raso della vegetazione per far correre più veloci le acque, se ne è fatta troppa non troppo poca. La crescita urbanistica disordinata, il ricorso al cemento e al mattone come rilancio dell'economia, fino al modello del condono sono nella cultura di governo di molti amministratori ma non sono disdegnati nemmeno dai cittadini che non si ribellano a questo stato di cose, ed anzi approfittano cogliendo determinati segnali per sconfinare fino nell'illegalità dell'abusivismo, grande e piccolo, confidando nella carenza di controllo (sappiamo che ci sono differenze da regione e regione, perfino da luogo a luogo).

In democrazia le responsabilità maggiori sono sempre di chi governa ma non è estraneo anche chi consente a certi modelli culturali di essere predominanti. Non si può lanciare il sasso e nascondere la mano perché qualcuno Berlusconi lo avrà pure votato e poi rivotato.

 

 

 

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