[20/10/2011] News

Amnesty International armi occidentali (e italiane) per reprimere le primavere arabe

Secondo il rapporto "Arms Transfers To The Middle East And North Africa: Lessons For An Effective Arms Trade Treaty" «Stati Uniti, Russia ed altri paesi europei hanno fornito grandi quantità di armi a governi repressivi del Medio Oriente e dell'Africa del Nord prima delle rivolte di quest'anno, pur avendo le prove del rischio che quelle forniture avrebbero potuto essere usate per compiere gravi violazioni dei diritti umani».

Il rapporto di Amnesty International esamina le esportazioni di armi, a partire dal 2005, verso i Paesi della primavera araba e delle rivolte represse nel sangue: Bahrein, Egitto, Libia, Siria e Yemen.

Helen Hughes, principale ricercatrice del rapporto, ha sottolineato che «Le nostre conclusioni mettono in evidenza il profondo fallimento degli attuali controlli sulle esportazioni di armi, con tutte le scappatoie esistenti, e sottolineano quanto occorra un efficace Trattato sul commercio di armi che tenga in piena considerazione la necessità di difendere i diritti umani. I governi che ora affermano di stare dalla parte della gente in Medio Oriente e Africa del Nord sono gli stessi che fino a poco tempo fa hanno fornito armi, proiettili ed equipaggiamento militare e di polizia usati per uccidere, ferire e imprigionare arbitrariamente migliaia di manifestanti pacifici in paesi come la Tunisia e l'Egitto e tuttora utilizzati dalle forze di sicurezza in Siria e Yemen».

Questo riguarda anche l'Italia che è tra i principali fornitori di armi ai cinque paesi di cui si occupa il rapporto, insieme a Usa, Russia, Gran Bretagna, Francia, Austria, Belgio, Bulgaria, Germania e Repubblica Ceca.

Inoltre Il rapporto menziona 11 paesi: Italia,  Bulgaria, Germania, Gran Bretagna, Repubblica Ceca, Russia, Usa Turchia e Ucraina, «Che hanno fornito assistenza militare o autorizzato esportazioni di armi, munizioni e relativo equipaggiamento allo Yemen, dove quest'anno hanno perso la vita circa 200 manifestanti. Nonostante la continua, brutale repressione, la comunità internazionale non ha voluto intraprendere un'azione incisiva per interrompere i trasferimenti di armi allo Yemen».

Per quanto riguarda la situazione siriana Amnesty ricorda che «Ottenere informazioni sull'afflusso di armi in Siria è difficile, poiché pochi governi riferiscono ufficialmente sui trasferimenti al governo di Damasco. Tuttavia, è noto che il principale fornitore è la Russia, che destina alla Siria circa il 10% di tutte le sue esportazioni. Poiché il governo russo non pubblica un rapporto annuale sulle sue esportazioni di armi, il suo contributo ai trasferimenti di armi nella regione non può essere quantificato». Questo lucroso giro di affari spiega probabilmente  anche il veto posto da russi e cinesi al Consiglio di sicurezza dell'Onu sulla risoluzione contro la Siria. 

Secondo il rapporto, la Francia, che ora minaccia addirittura un attacco militare al regime di Damasco, tra il 2005 ha  venduto munizioni alla dittatura, mentre l'India ha autorizzato la fornitura di veicoli blindati alla Siria. Ma i carri armati T72 di fabbricazione sovietica che reprimono gli oppositori siriani montano anche  "made in Italy":  i loro sistemi Turms-T  di terza generazione di puntamento e di controllo del tiro, come spiega il sito di Selex Galileo, ex Galileo Avionica, una controllata di Finmeccanica, sono stati  "especially developed for the fire control modernisation/upgrade of Russian origin T-family tanks". Secondo Unimondo si tratta di una commessa siriana per 500 sistemi di derivazione Turms prodotti dalle allora Officine Galileo, per 229 milioni di dollari nel  1998 (governi Prodi-D'Alema), proseguita nel 2003 (governo Berlusconi II) e rifornita fino al 2009 quando l'attuale  governo ha autorizzato la consegna di 286 parti di ricambio e 600 ore di assistenza tecnica per sistemi di derivazioni Turms per 2,8 milioni di euro.

Amnesty International identifica 10 stati, fra i  quali Italia, Belgio, Francia, Germania, Gran Bretagna, Russia e Spagna,  «I cui governi hanno autorizzato la fornitura di armamenti, munizioni e relativo equipaggiamento al regime libico del colonnello Gheddafi a partire dal 2005. Durante il conflitto della Libia, le forze di Gheddafi hanno commesso crimini di guerra e violazioni dei diritti umani che possono costituire crimini contro l'umanità». Amnesty International rivela di aver ritrovato a Misurata, quando la città è stata bombardata dalle forze di Gheddafi, «Munizioni a grappolo e proiettili da mortaio MAT-120 di provenienza spagnola, autorizzati per la vendita nel 2007» e sottolinea che «Si tratta di forniture proibite dalla Convenzione sulle munizioni a grappolo, che la Spagna ha firmato meno di un anno dopo aver inviato tali materiali in Libia».

Secondo i ricercatori di Amnesty International, buona parte dell'artiglieria pesante rinvenuta in Libia «Pare essere stata prodotta durante l'era sovietica, dalla Russia o da altri paesi dell'Urss, soprattutto per quanto riguarda i razzi Grad, armi di per sé indiscriminate che sono state usate ampiamente da entrambe le parti in conflitto. Alcune delle munizioni recuperate erano anche di fabbricazione cinese, bulgara e italiana come, rispettivamente, le mine anticarro Tipo 72, componenti per razzi e i proiettili d'artiglieria da 155 millimetri».

Il regime di Hosni Mubarak in Egitto veniva rifornito di armi leggere, munizioni, gas lacrimogeni, prodotti antisommossa e altro equipaggiamento da almeno  20 Stati, con in testa gli Usa, con forniture per un miliardo e 300 milioni di dollari all'anno, seguiti da Austria, Belgio, Bulgaria, Italia e Svizzera. «I fucili sono stati usati massicciamente dalle forze di sicurezza in Bahrein ed Egitto con devastanti effetti letali».

Amnesty International riconosce che nel  20 11 «La comunità internazionale ha fatto alcuni passi avanti, limitando i trasferimenti internazionali di armi a Bahrein, Egitto, Libia, Siria e Yemen. Tuttavia, sono gli attuali controlli sulle armi a non aver impedito i trasferimenti negli anni scorsi». Per la Hughes «Gli embarghi sulle armi sono di solito un provvedimento della serie 'troppo poco, troppo tardi' quando la crisi dei diritti umani è in corso" - ha commentato Helen. "Ciò di cui il mondo ha bisogno è che si valuti rigorosamente e caso per caso ogni proposta di trasferimento di armi in modo tale che, se c'è il rischio sostanziale che queste potranno essere usate per compiere o facilitare gravi violazioni dei diritti umani, il governo dovrà mostrare semaforo rosso. Questa  "regola aurea " preventiva è già contenuta nella bozza di Trattato sul commercio delle armi, i cui negoziati riprenderanno all'Onu il prossimo febbraio. Se i principali esportatori di armi non adotteranno questa  "regola aurea " e continueranno sconsideratamente a portare avanti "gli affari come al solito ", alimentando crisi dei diritti umani come quelle di quest'anno in Medio Oriente e Africa del Nord, distruggeranno vite umane senza motivo e minacceranno la sicurezza globale». .

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