[11/10/2011] News

La cultura dell'innovazione ambientale non abita l'Italia

Il nostro paese, ormai lo sappiamo, non è considerato un campione in fatto di innovazione. Non più, almeno. L'Italia naviga nel mare delle mediocrità in tutte le classifiche sulla competitività proprio a causa della scarsa propensione a innovare. Non è solo una valutazione qualitativa. Anche gli indicatori quantitativi sono univoci nell'indicare la causa del declino, economico ma non solo economico, del nostro paese.

Prendiamo per esempio i brevetti: sono considerati un indicatore significativo della capacità di innovazione. E prendiamo un settore emergente dell'economia mondiale: l'ambiente. La "green economy" è considerata sia un settore in sviluppo sia un luogo ove si esercita la capacità di innovare.

Se vogliamo avere un'idea della cultura dell'innovazione ambientale in Italia, dunque, possiamo dare uno sguardo ai brevetti ambientali. Questo sguardo non ci dirà tutto, ma ci dirà molto. Questo è quello, almeno, che hanno pensato il Cotec - Fondazione per l'Innovazione Tecnologica, la rivista Wired e l'Istituto di Ricerche sulla Popolazione e le Politiche Sociali del CNR quando hanno progettato ed elaborato il Rapporto 2011 su "La cultura dell'innovazione in Italia".

I dati - peraltro ricavabili anche da recentissimi rapporti dell'OCSE - sono piuttosto significativi. In primo luogo ci dicono che i "brevetti ambientali", ovvero i brevetti relativi a nuove tecnologie nell'ambito della "green economy", rappresentano il 3,7% del totale mondiale (dato relativo all'anno 2007). Sono molti, ma non moltissimi. Sono tuttavia in aumento: rappresentavano il 2,9% nel 1999.

Dunque è vero che nel settore dell'economia verde c'è una tendenza a innovare superiore alla media degli altri settori economici. L'Europa innova in questo settore più della media mondiale: il 4,4% dei brevetti europei è a carattere ambientale. Il Giappone (col 4,9%) le è superiore. Ma l'Unione europea supera largamente gli Stati Uniti (2,5%). È interessante notare che le grandi economia emergenti, il BRIC (Brasile, Russia, India e Cina) hanno una notevole capacità di innovare nell'ambiente: il 3,4% dei brevetti richiesti è in questo settore.

E l'Italia? L'Italia purtroppo è indietro. Come dimostrano i dati relativi al numero di brevetti per milione di abitanti. Persino nel campo delle energie rinnovabili - un settore in crescita in Italia - la capacità di innovazione è molto bassa. In Germania il numero di brevetti per milione di abitanti nelle energie rinnovabili è di 3,8; negli Stati Uniti è 2,3; nel regno Unito è 1,7; in Spagna è 1,6; in Francia è 1,1. Nella nostra Italia è 0,8. Insomma consumiamo molta nuove tecnologia energetica, ma ne produciamo poca.

Ancor più marcata è la nostra mancanza di cultura dell'innovazione nel campo del risparmio energetico. In Germania (con 1,5 brevetti per milione di abitanti) la capacità di innovare è più di 7 volte e negli Usa (0,4 brevetti per milione di abitanti) è due volte maggiore che in Italia (0,2 brevetti per milione di abitanti).

Stesso scenario nel settore delle tecnologie per la riduzione delle emissioni inquinanti: la Germania produce 8 brevetti per milione di abitanti contro gli 0,2 dell'Italia. Ci precedono largamente anche altri paesi: la Francia (2,5), gli Stati Uniti (1,2), la Gran Bretagna (0,8).

Questa scarsa fragilità della nostra cultura dell'innovazione ambientale ha due conseguenze. A breve è di tipo economico: paghiamo un prezzo salato per importare tecnologie prodotte da altri. Alla lunga l'impatto potrebbe essere anche di tipo ecologico. Un sistema così fragile nella cultura dell'innovazione inevitabilmente erode la cultura della tutela dell'ambiente.

 

Torna all'archivio