[11/10/2011] News

Politica di coesione Ue: crescita vs sostenibilitą? Eurodeputati preoccupati. Lipu: «La biodiversitą sarą una prioritą»

I fondi di coesione e sviluppo regionale europei dovrebbero permettere un'armonizzazione dei Paesi a livello sociale ed economico, il 6 ottobre gli europarlamentari ed i loro colleghi dei Parlamenti nazionali dei Paesi Ue hanno discusso il pacchetto legislativo su questi fondi dal 2013 in poi.

Nel nuovo piano dei fondi di coesione la Commissione europea punta sulla crescita e chiede, sollevando le proteste del Comitato delle Regioni (Cdr), di poter interrompere l'erogazione dei fondi se le politiche nazionali non rispettano gli impegni presi. La cosa preoccupa i deputati perché nel 2010 la politica di coesione rappresentava il 45% del bilancio annuale dell'Ue ed ha come obiettivi il rafforzamento della concorrenza, dell'occupazione, della cooperazione territoriale europea e il sostegno delle regioni più povere e fanno botare che «Il 70% dei nuovi fondi saranno assegnati a quei 120 milioni di cittadini che vivono in regioni il cui Pil è inferiore ai tre quarti della media europea».

In questo modo i paesi ricchi pagheranno per quelli più poveri? No, secondo il commissario europeo per le politiche regionali, Johannes Hahn, «I due terzi delle esportazioni effettuate da ogni singolo Stato membro resteranno all'interno del mercato unico. Un euro speso in Polonia porterà 40 centesimi all'Unione europea dei Quindici. Sempre più regioni fanno appello alle politiche di coesione e passeranno presto da 84 a 68. La crescita di richieste produce così un maggiore controllo sull'attribuzione dei fondi».

Le nuove regole sulla politica di coesione proposte dalla Commissione saranno applicate a partire dal 2014 e prevedono tre categorie di regioni per ripartire i fondi Fse : Regioni meno sviluppate, Regioni in transizione e Regioni più sviluppate.

La presidente della commissione per lo sviluppo regionale del Parlamento europeo, Danuta Hübner, sottolinea che «Sarà necessario investire in progetti che attirino denaro dal settore privato».

L'eurodeputata polacca di centro-destra ha molto insistito sul fatto che «L'Europa deve difendere una crescita sostenibile e creare posti di lavoro che non andranno persi domani» ma poi ha anche lei criticato la "condizionalità" proposta dalla Commissione come «Una punizione indiretta per i Paesi e le regioni in difficoltà. Ci stiamo concentrando troppo sulla stabilità e non abbastanza sulla crescita».

Le contraddizioni arrivano con il nuovo meccanismo per l'attribuzione dei fondi previsto dalla Commissione europea che da una parte si basa sula reale possibilità di produrre crescita e occupazione e dall'altra prevede tagli alle sovvenzioni nel caso in cui non vengano rispettate politiche sostenibili e responsabili da parte di Paesi spesso già in crisi economica, sociale e ambientale.

E' una "strettoia" che preoccupa diversi eurodeputati, come la gollista francese Elisabeth Morin-Chartier, relatrice della commissione lavoro dell'europarlamento, che ha sottolineato: «Non possiamo imporre una doppia penalità a quei Paesi che già sono in difficoltà".
Non la pensa così Elzbieta Bienkowska, il ministro degli affari regionali della Polonia, che ha rappresentato il Consiglio dell'Ue al dibattito all'europarlnamento: «la condizionalità non è una forma di punizione ma un incentivo ad una maggiore efficienza delle azioni nella politica di coesione».

Nel dibattito interviene anche la Lipu-BirdLife Italia che considera la proposta di revisione dei Pse «Un importante, seppur ancora incompleto, passo in avanti verso la tutela della biodiversità» perché la Commissione europea ha deciso di «Integrare la biodiversità nella sua proposta di Politica della coesione, una delle due più importanti componenti del budget dell'Unione europea. Ora la parola spetterà al Parlamento europeo, che anche i tramite i fondi strutturali dovrà inserire la biodiversità all'interno di programmi destinandole attenzione e soprattutto fondi».

Il primo grande test che ci dirà se l'Ue ha intenzioni serie è quello della riforma della Politica agricola comune 2014-2020. In una lettera inviata il 6 ottobre al commissario europeo Antonio Tajani, la Lipu chiede una riforma dell'agricoltura in senso verde, rispettosa dell'ambiente e della biodiversità.

Secondo il presidente della Lipu, Fulvio Mamone Capria, «Il passo in avanti della Commissione è importante e incoraggiante, anche se ci delude il fatto che pochi progressi sono stati fatti finora per investire concretamente sulla natura e sulla salute degli ecosistemi, e per assicurare che non saranno permessi in futuro investimenti distruttivi per l'ambiente. Il collasso della biodiversità e la distruzione degli ecosistemi è una sfida, per la società, che ha le stesse dimensioni dei cambiamenti climatici e, sul lungo termine, ancora più grandi della crisi economica. L'Europa ha un'urgente necessità di cambiare il proprio modo di impiegare risorse economiche, passando da una logica di finta crescita sul breve termine verso invece una prosperità sostenibile di lungo termine».

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