[06/10/2011] News

Survival: «Il governo “buldozzer” etiope ha arrestato 100 indigeni contrari alla diga “italiana” Gibe III»

Survival International denuncia oggi che «Circa 100 indigeni etiopi sarebbero stati arrestati e imprigionati per essersi opposti alla controversa diga Gibe III.  I progetti per la costruzione della diga e l'irrigazione delle piantagioni vicine proseguono di pari passo con le intimidazioni e la crescente repressione di ogni opposizione. Secondo quanto riferito, un poliziotto avrebbe detto a una comunità indigena che il governo è "come un bulldozer, e che chiunque oserà opporsi ai suoi progetti di sviluppo sarà schiacciato come una persona schierata davanti a un bulldozer"».

La Gibe III è un gigantesco progetto idroelettrico che nel  luglio del 2006 il governo di Addis Abeba ha appaltato alla società italiana Salini Costruttori, Si tratta della più grandee diga dell'Etiopia: alta 240 metri di altezza e che dovrebbe produrre 6.500 GWh all'anno. I lavori sono iniziati subito dopo la firma della commessa da 1,4 miliardi di euro e attualmente sarebbero a circa 1/3 del totale ma i suoi costi continuano a lievitare, mentre aumenta l'opposizione sia in Etiopia che in Kenya

La diga sbarrerà il corso centro-settentrionale dell'Omo (Patrimonio dell'umanità Unesco), che scorre per 760 km dall'altopiano etiope fino al Lago Turkana, al confine con il Kenya, ttraversando i parchi nazionali Mago e Omo.  I 100 arrestati alla fine di settembre appartenevano alle tribù dei Mursi e dei Bodi. Nella  bassa Valle dell'Omo vivono  circa 200.000 pastori-agricoltori e un pastore Suri ha detto a Survival la diga Gibe III e i progetti d'allontanamento delle tribù dalla loro terra segnano «La fine della pastorizia nell'Etiopia meridionale».

Surviva sottolinea che «Le leggi ambientali etiopi vietano la realizzazione di progetti che non siano stati preventivamente sottoposti a complete valutazioni di impatto ambientale e sociale (Environmental Social Impact Assessment - Esia). Nonostante questo, l'Authority etiope per la protezione dell'ambiente (Epa) ha approvato retroattivamente le valutazioni d'impatto della Gibe III solo nel luglio 2008, con quasi due anni di ritardo, e senza effettuare le necessarie consultazioni pubbliche. Il contratto tra la Salini e l'azienda energetica etiope EEPCo, inoltre, è stato concluso senza gara d'appalto, in aperta violazione delle severe leggi etiopi volte a prevenire la corruzione nel settore delle grandi opere pubbliche. L'appalto a trattativa diretta è una grave anomalia che non si conforma nemmeno alle procedure di finanziamento previste dalla Cooperazione italiana allo Sviluppo né a quelle applicate in materia dalla Banca Africana di Sviluppo, dall'Unione Europea e dalla Banca Mondiale. Gli studi di impatto della diga Gibe III (ESIA) sono stati effettuati dall'agenzia milanese CESI per conto dell'azienda energetica etiope Eepco e della società costruttrice Salini. Pubblicati in versione definitiva nel gennaio 2009, i suoi risultati sono saldamente favorevoli al progetto, il cui impatto sull'ambiente e sulle popolazioni interessate viene valutato come "trascurabile" o addirittura "positivo". Ma sono in molti a metterne in dubbio l'attendibilità e l'indipendenza. Secondo diversi esperti, la diga altererà in modo drammatico i flussi stagionali dell'Omo e avrà un enorme impatto sui delicati ecosistemi della regione e sulle comunità indigene che abitano lungo le sponde del fiume fino al suo delta, al confine con il Kenya. La portata dell'Omo - denunciano gli scienziati - subirà una drastica riduzione. Il fenomeno interromperà il ciclo naturale delle esondazioni che periodicamente riversano acqua e humus nella valle alimentando le foreste e rendendo possibile l'agricoltura e la pastorizia nei terreni rivivificati dalla acque. Tutte le economie di sussistenza legate direttamente e indirettamente al fiume collasseranno compromettendo la sicurezza alimentare di almeno 100.000 persone».

L'Etiopia intanto sta affittando ad imprese straniere e multinazionali grandi aree di territori indigeni nella bassa valle dell'Omo,  che dovrebbero essere irrigate dall'acqua della diga, per produrre canna da zucchero, cibo e biocarburanti, 

La denuncia di Survival è documentata e dovrebbe preoccupare anche il nostro governo, a cominciare dai ministri degli esteri e dello sviluppo economico: «Nella regione vige un clima di paura perché la polizia segreta e i militari stanno reprimendo brutalmente ogni opposizione. Survival ha appreso che le forze di sicurezza stanno circondando e intimidendo le comunità indigene che abitano sulla terra destinata allo sviluppo. Le persone con precedenti penali registrati nel corso degli ultimi dieci anni vengono arrestate mentre tutte le altre sorprese a esprimere opposizione sono picchiato o minacciate d'arresto. Ci sono anche pervenute segnalazioni di stupri sulle donne e di furti di mandrie di bestiame, fonte di vita per le tribù dell'Omo.

Stephen Corry, direttore generale di Survival International, non usa mezzi termini: «Il governo etiope e i suoi partner stranieri sono determinare a derubare i popoli tribali della loro terra e a distruggere i loro mezzi di sostentamento. Vogliono ridurre tribù oggi autosufficienti in uno stato di dipendenza, sbattere in prigione tutti quelli che non sono d'accordo, e fingere che questo abbia qualcosa a che fare con il "progresso" e lo "sviluppo". Tutto ciò è vergognoso, criminale, e dovrebbe essere osteggiato con vigore da chiunque abbia a cuore i fondamentali diritti umani".

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