[04/10/2011] News

Sette associazioni dicono no allo sfruttamento energetico del territorio crotonese

Altura, Arci, Enpa, Gak, Italia Nostra Calabria, Lipu, Man, sono molto preoccupate perché «Le ultime notizie sulla persistenza ed il paventato aumento dell'estrazione di gas metano da parte dell'Eni a Crotone, (pare che Eni voglia ampliare l'estrazione del metano con nuovi impianti a mare ed a terra), fanno tornare alla ribalta l'annosa questione dello sfruttamento energetico del nostro territorio e dei danni che questo ha provocato».

Secondo le associazioni calabresi, da più di 80 anni la provincia e la città di Crotone «hanno basato lo sviluppo economico, se così lo si può definire,  sullo sfruttamento intensivo delle risorse naturali e del patrimonio ambientale, con gravi ripercussioni sull'ambiente».

Oltre il 16% del fabbisogno nazionale di metano è estratto a Crotone e nel crotonese sono presenti tre piattaforme offshore, con una quarta  in arrivo,  e 82  tra pozzi ed impianti per l'estrazione di metano, di proprietà dell'Eni che per gli ambientalisti «Starebbe  provocando da tempo il fenomeno della subsidenza, sprofondamento ed erosione della costa, particolarmente evidente nel parco archeologico di Capo Colonna, area soggetta a vincolo archeologico ed ambientale perché compresa nell'Area marina protetta "Capo Rizzuto", tra le più estese in Italia».

La subsidenza è stata confermata da Leonardo Seeber, un noto sismologo della Columbia University, che in una recente intervista al Corriere della Sera ha fatto anche riferimento proprio al  fenomeno della subsidenza lungo le  coste di Crotone, che stanno lentamente abbassandosi rispetto al resto della Calabria.

Le associazioni sottolineano che «Senza escludere altre cause, lo scienziato aveva ritenuto principalmente responsabili le ricerche petrolifere. Le gigantesche  piattaforme sembra abbiano causato anche conseguenze negative  alla flora ed alla fauna marine, con certezza al paesaggio costiero e marino, compromettendo così la vocazione turistica della costa ricadente nella riserva marina e nel parco Archeologico di Capo Colonna. L'Eni continua a perpetrare attività estrattive, da quasi un secolo ormai, ai danni dei cittadini e del patrimonio culturale e naturale del territorio, con uno sfruttamento che non ha avuto  alcuna seria  ricaduta occupazionale  per la comunità».

Le 7 associazioni,  insieme a movimenti e comitati locali, prendono chiaramente posizione contro nuove ricerche:  «contro l'Eni, colosso dell'energia a partecipazione statale (l'Eni è controllata in parte dal ministero del tesoro), responsabile  dello sfruttamento energetico nel crotonese; contro le politiche di sfruttamento intensivo del territorio, attraverso ulteriori impianti di estrazione, che l'Eni intende perseguire; contro qualsiasi ulteriore costruzione od ampliamento di pozzi ed impianti per l'estrazione,  sia  a mare che  a terra».

Altura, Arci, Enpa, Gak, Italia Nostra Calabria, Lipu, Man, «Ritengono necessario che, prima di qualsiasi ulteriore intervento, l'Eni paghi i lavori della bonifica dei siti i cui danni siano riconducibili alle attività della stessa Eni  ( alcune stime quantificano i  profitti  a 2.720 milioni di euro), garantendo la copertura economica a tutti gli interventi tecnicamente indispensabili al risanamento della terra, dell'aria e dell'acqua e che, infine, tutte le decisioni, le autorizzazioni e le scelte che riguardano la tutela dell'ambiente e della salute debbano essere prese attraverso la partecipazione diretta dei cittadini».

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