[30/09/2011] News

C'è dell'efficienza energetica (ma non dell'uso di materia) nelle proposte di Confindustria

Lasciamo ad altri il commento sull'intera proposta di Confindustria presentata oggi per rispondere alla crisi. Ci sarebbe molto da dire, poco di buono per dirla fuori dai denti, ma vogliamo cogliere l'occasione perché magari una cosa se possibile questa maggioranza impresentabile almeno la prenda in considerazione. Ovvero quanto gli industriali chiedono rispetto all'energia. Innanzitutto «confermare ed anche estendere misure di contrasto di interessi, quali sono le detrazioni fiscali del 36% per gli interventi in edilizia e del 55% per l'efficienza energetica».

Poi «in tema di efficienza energetica e fonti rinnovabili, devono essere salvaguardati gli obiettivi di efficienza (minimizzazione costi rispetto agli obiettivi) ed efficacia (policy stabile) anche rispetto agli obiettivi di crescita delle aziende italiane».

«L'efficienza energetica - si legge nel documento di Confindustria - è il pilastro portante della green economy italiana. È un settore in cui le nostre imprese sono già all'avanguardia e presentano una dimensione importante: il comparto associato all'efficienza energetica conta oggi oltre 400.000 aziende e oltre 3 milioni di occupati (incluso l'indotto). La condizione fondamentale per la crescita è rappresentata dalla presenza di un framework normativo certo e stabile nel medio termine per assicurare la necessaria continuità sia ai soggetti che investono, sia all'industria fornitrice di prodotti ad alta efficienza e ai servizi connessi».

«Già oggi è possibile stimare - aggiungono - che il mantenimento degli incentivi ordinari previsti per l'efficienza energetica nel settore residenziale, terziario e dell'industria consentirebbe, a tecnologia esistente, di ottenere un risparmio potenziale del nostro paese nel periodo 2010‐2020 pari a oltre 86 Mtep di energia fossile che equivale ad una riduzione della bolletta energetica del Paese di oltre 25 miliardi di euro e di oltre 5 miliardi di costo della CO2 evitato. Inoltre, poiché lo stimolo riguarderebbe comparti tecnologici fortemente radicati nel tessuto produttivo italiano si attiverebbe un impatto socio‐economico pari a circa 130 miliardi di Euro di investimenti, un aumento della produzione industriale diretta ed indiretta di 238,4 miliardi di euro ed un crescita occupazionale di circa 1,6 milioni di unità di lavoro standard, con un incremento del PIL medio dello 0,6% annuo. In aggiunta, considerando anche gli effetti netti sulla fiscalità, il beneficio netto collettivo sarebbe potenzialmente superiore a 1,5 miliardi euro l'anno. Occorre infine investire in ricerca nelle tecnologie per la sostenibilità e le fonti rinnovabili puntando su quelle più promettenti sotto il profilo dell'efficienza energetica e ambientale».

Ottimo programma? Buono? Sufficiente? Diciamo che è già qualcosa e se venisse accolto, almeno sarebbe un passo avanti e non costerebbe praticamente niente con feedback invece interessanti.

Detto questo va altresì rilevato che anche per Confindustria la green economy è più che altro energia, ignorando quindi che cosa sia l'economia verde o economia ecologica che dir si voglia, ovvero flussi di energia e flussi di materia. Questi, purtroppo, vengono ignorati nonostante, pure in Confindustria ci siano aziende che si occupano del ciclo integrato dei rifiuti - e altre che potrebbero investirci per farlo finalmente decollare - come prossimo volano dell'economia proprio come vorrebbe la Commissione Ue. Ma questo vorrebbe dire avere la visione lunga...mentre è molto più facile chiedere di (s)vendere il patrimonio pubblico. (af)

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