[30/09/2011] News

Resource efficient europe: una proposta sostenibile su cui almeno confrontarsi...

La buona notizia è che la sostenibilità ambientale e sociale ha un nuovo paladino cui affidare le speranze che qualcosa davvero cambi rispetto al paradigma economico che ci ha condotto alla crisi più grave (finanziaria ed ecologica) che si ricordi dal dopoguerra ad oggi. Si chiama Janez Potočnik ed è il Commissario europeo per l'ambiente.

Leggersi il pezzo di apertura di greenreport.it di oggi per capire di cosa stiamo parlando, ma anche i precedenti interventi tutti ‘registrati' e commentati su quelle colonne virtuali. Bisogna infatti scomodare i più lungimiranti ambientalisti storici per trovare qualcuno che affermi quanto detto da Potočnik: «Se vogliamo continuare a soddisfare le nostre esigenze e godere della nostra qualità della vita all'interno dei limiti del nostro pianeta, abbiamo bisogno di una radicale trasformazione! Il nostro intero sistema economico è quel che rimane di un'epoca precedente: un'epoca di abbondanza. Ma quel che ha funzionato bene nel XIX e XX secolo potrebbe essere un disastro per il XXI».

La cattiva notizia è che non c'è un partito e nemmeno gran parte delle associazioni ambientaliste, per non parlare di un comitato o di un qualsivoglia movimento, che guardi con un minimo interesse a quello che la Commissione Ue sta facendo da tre anni a questa parte.

Persino Adriano Sofri, che oggi su Repubblica, scrive un pezzo da economista ecologista dell'ultima ora, trova il modo di citare almeno come "buona pratica" o "buona idea" la Roadmap to a Resource Efficient Europe.

Non lo si fa perché sono solo chiacchiere? Se stessero così le cose non bisognerebbe parlare di niente, visto che a partire dalle iniziative del nostro governo e tira su (o giù) se non è tutto marketing poco ci manca. Ci deve'essere un'altra spiegazione che però a noi sfugge.

L'altra cattiva notizia è poi che mentre la Commissione Ue sostiene cose come: «correggere i fallimenti del mercato e ad ottenere il prezzo giusto in modo da riflettere il costo reale e l'impatto delle risorse e indirizzare consumatori e produttori nella giusta direzione» per garantire «una ripartizione più razionale delle risorse» e indirizzare «anche in modo più efficace la capacità innovativa delle nostre imprese, che è così essenziale per raggiungere qualsiasi trasformazione dell'economia», la politica della stessa Ue per uscire dalla crisi è interessata solo all'aspetto finanziario, che prevede la privatizzazione e la svendita di quelle stesse risorse da usare oculatamente e per il bene comune.

E qui nasce un problema gigantesco: se la politica economica di un Paese come l'Italia è fatta dalla Bce che ci chiede di svendere i patrimoni pubblici e rendere ancor più flessibile il lavoro, come questo stesso Stato possa poi dare vita a una ri-conversione della propria economia ci è francamente difficile capirlo.

Per fare più con meno, come dice Potočnik a nome della Commissione - e per inciso a noi basterebbe fare uguale con meno, perché ancora non siamo sicuri che sia stato superato il concetto secondo cui nella quantità ci sta la qualità e non viceversa - serve industria e serve ricerca. Che vuol dire formazione e vuol dire pure comunicazione. Settori questi lasciati agli ultimi posti della scala delle cose da ‘salvare' dal crack.

Le medicine che ci sta dando l'Ue - pur riconoscendo le colpe proprie dell'Italia - potrebbero forse salvare l'Ue ma non il paziente, ovvero l'Italia. Anche perché in questa logica dell'economia finanziaria dove l'obiettivo è far soldi per far soldi, non salvare chicchessia, davvero non si capisce come possa farsi spazio la road map della Commissione. In Italia servirebbero incentivi (che possono essere anche sgravi se soldi proprio non ce ne sono) per il riciclo dei materiali per dirne una; per la manutenzione del territorio; per la riduzione degli sprechi tutti (alimentari, energetici, di materia).

Ma qualcuno sta parlando di queste cose? Qual è il dibattito anche a sinistra? Qui manca proprio l'idea di cosa sarà l'Italia. Di cosa costruire sulle sue macerie. Sono passate idee come quella che la cultura non dà pane; che la scuola pubblica non serve; che la pensione è un lusso; che l'assistenza sociale sia inutile. Abbiamo vissuto sopra i nostri limiti? Certo, ma cambiare per tornare al punto di partenza - ammesso che sia possibile - non farà che peggiorare le cose.

Difficile pensare a un mondo dove non comanda più l'economia finanziaria? E perché? Il benessere che aveva promesso è stata un'illusione passeggera. L'Italia non cresceva nemmeno prima del crack. La disoccupazione e il sud allo sfascio non nascono con la crisi. Prima non era bello era solo un po' meno peggio. La Commissione Ue, che non è certo di sinistra, sta dicendo delle cose interessanti, perché non provare ad accendere almeno un dibattito su quello che sta proponendo? Anche criticandolo se fosse il caso. Il fatto che arrivi dall'alto e non dal basso crea un problema di approccio ideologico? Allora chi la vede così proponga qualcosa di alternativo e migliore dal basso. L'opposizione in Italia non è pronta a cogliere questa opportunità? Male, ma ce ne faremo una ragione.

L'impressione e che non si voglia dire che siamo già alla "Grecia" e che si presenti le solite soluzioni della finanza creativa tremontiana (vi ricordate le cartolarizzazioni degli stessi beni pubblici che oggi rispuntano come "novità" e che nessuno comprò in periodi di vacche grasse) come originale. Invece si tratta esattamente di quel che sta facendo il governo di Atene assediato nel Parlamento da cittadini che non credono più in nulla se non nella loro delusa miseria: la svendita del bene comune, dei gioielli di famiglia, dell'eredità di un'intera Nazione che dovrebbe essere la base del suo futuro.

Cosa saranno in grado di fare per le nuove generazioni, l'ambiente, l'armonia del pianeta Paesi umiliati e spogliati dall'ingordigia finanziaria e dalla furbizia della politica marketing? La prima misura per salvarci e salvare il pianeta dal fallimento dell'iperliberismo sembra quella di tornare a parlare un linguaggio di verità, che metta al centro i bisogni essenziali dell'uomo e le risorse del pianeta come bene da condividere.

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