[27/09/2011] News

Sea Shepard: «Per salvare il Mediterraneo bloccare la pesca per 20 anni»

L'associazione ambientalista Sea Shepard durante la Global conference di Evian, dedicata a sviluppo sostenibile e tutela dell'ambiente ha lanciato il suo grido d'allarme per il mar Mediterraneo «Per salvare il Mediterraneo bisognerebbe bloccare la pesca per 20 anni. Nessuno dovrebbe pescare niente. Così lo stanno distruggendo- ha dichiarato Paul Watson, co-fondatore di Greenpeace e oggi leader di Sea Shepard- Ci sono 23 Paesi che hanno le loro sponde sul Mediterraneo, quindi è un puzzle molto intricato perché nessuno è pronto ad assumersi i propri impegni sulla tutela dell'ecosistema e delle specie.
Ma il mare sta morendo. Bisognerebbe creare un'area tabù, come fanno i popoli indigeni di Tahiti. Lì tutti la rispettano, perché c'è l'Autorità degli sciamani a vigilare».

Per interessi diffusi e per scarse sinergie tra i vari paesi la situazione del mare Nostrum è molto diversa, e secondo Watson, si preferisce far finta di nulla. Un caso emblematico è quello del tonno rosso: «I Paesi del nord Mediterraneo lo pescano dicendo "se non lo facciamo noi lo faranno i tunisini". I tunisini lo pescano dicendo, "se non lo facciamo noi lo faranno i libici". E così via. Ma la verità è che c'è un interesse a far ridurre la specie a portarla vicino all'estinzione, per denaro».

Secondo il leader ambientalista all'interno delle regole di mercato guidate dal "normale" meccanismo domanda-offerta, si insatura anche l'"economia dell'estinzione": «Oggi un pesce si vende minimo a 70 mila dollari, alcuni toccano anche i 300 mila. Meno pesci ci sono, più il prezzo sale, quindi se la popolazione è ridotta al minimo chi vende i tonni è seduto su una miniera d'oro. E' quella che si chiama "economia dell'estinzione"».

Secondo Sea Shepard, manca una vera volontà politica per risolvere il problema. «Come per gli oceani, dove abbiamo tutte le convenzioni necessarie alla tutela, ma nessun incentivo ad applicarle. L'unica soluzione è che le persone si diano da fare, e agiscano in prima persona per tutelare il mare. Alcuni li chiameranno pirati, ma non devono preoccuparsene, perché è l'unica strada per il cambiamento» ha concluso Watson

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