[20/09/2011] News

S&P, zombi, macerie e rinascita dell'Italia: serve un'ecologia della politica

Detto per l'ennesima volta che non ci piace affatto vedere i destini di una nazione legati alle valutazioni di una società di rating - che peraltro troppo spesso sbagliano clamorosamente - come fosse una Spa qualunque, i motivi che hanno spinto S&P a tagliare il rating di lungo termine della capacità dell'Italia di fare fronte al debito pubblico (da A+ ad A) sono quantomeno comprensibili. E persino condivisibili nel contesto dato. Dare la colpa ai giornali è il gioco più vecchio del mondo. Dire che è un giudizio politico fa invece sbellicare dal ridere se non ci fosse da piangere. Come faccia Berlusconi a non capire quanto la credibilità e la stabilità di un governo siano fondamentali per una valutazione obiettiva sulle reali possibilità di uno Stato di far funzionare una manovra economica, lo sa solo lui. In realtà infatti lo sa benissimo, ma deve tenere la parte. Questo governo è uno zombi che cammina sulle macerie, mentre i suoi stessi mandanti, i sacerdoti del voodu neoliberista che lo hanno creato, non lo riconoscono più, dichiarandosi incolpevoli del veleno paralizzante di pesce palla inoculato nel corpo vivo dello Stato e della Nazione.

Una situazione che ha costretto Tremonti a lanciare in gran fretta un piano addirittura decennale per la crescita. «Il momento e' assolutamente complesso - ha detto il ministro (fonte Ansa) - ma proprio per questo dobbiamo dare l'idea di cosa fa questo Paese nei prossimi 10 anni, per almeno tre legislature»'. Quattro le linee guida: il lavoro, le imprese, il credito e lo Stato. Per uscire dalla crisi avrebbe detto, visto che poi in serata ha smentito, che «dobbiamo fare un po' di marketing per l'Italia. Serve un po' di allure che ci dia il respiro di grandi opere». Nel giro di 10 giorni, per rilanciare la crescita, arriverà un decreto sulle infrastrutture e da subito si procederà alla ''manutenzione'' delle misure già varate. Il tavolo di confronto al Tesoro per questo si riunirà nuovamente mercoledì della prossima settimana. Le misure -ha spiegato Tremonti che - avranno ''costo zero''. Pensare che solo ieri alla trasmissione l'Infedele di Gad Lerner tutti gli economisti presenti ammettevano che la prima opera infrastrutturale per il nostro Paese sarebbe quella di eliminare immediatamente le opere faraoniche ed inutili, a partire dal Ponte sullo Stretto di Messina e dalla Tav in Val di Susa, puntando sulle infrastrutture "diffuse" di gestione e messa in sicurezza del territorio, a "bassa" spesa e a "forte" occupazione. Temiamo quindi che Tremonti e Matteoli non la pensino così e con loro molti di quelli che in Confindustria e nell'opposizione chiedono che Berlusconi tolga il disturbo.

Il Governo, spiega sempre l'Ansa, punta poi ad avviare le liberalizzazioni, come suggerito dalla commissione europea, seguendo la strada già intrapresa dalla Grecia. «Si potrebbe inserire per legge - ha detto il ministro - la modifica dell'articolo 41 della Costituzione, cioè tutte è lecito se non espressamente vietato».

Di fronte a quanto sta accadendo, le chiacchiere dovrebbero stare a zero, invece se ne continuano a fare in quantità. Questo piano verrà giudicato quando e se e come verrà messo nero su bianco, perché al momento sembra solo l'ennesimo annuncio peraltro di cose già ampiamente dette da tempo.

L'idea di un piano per la crescita, sia chiaro, non sarebbe una cattiva idea in sé. A patto che si decida, è il nostro punto di vista, cosa deve crescere. Dare la possibilità alle imprese di fare tutto quello che è lecito tranne quello che è illecito sembra uno gioco di parole e nulla più. E' vero che la crescita non si decide per decreto, ma è altrettanto vero che l'intervento dello Stato serve per dare un orizzonte. E a 10 anni l'orizzonte, stando a quanto si legge, sarebbe lo stesso inseguito fino a ora, ovvero quello che ci ha portato esattamente dove siamo. L'Italia da sola non può cambiare le regole dell'economia, ma neppure perseverare nell'errore di non tentare neppure di mettere in discussione il modello di sviluppo che se non sarà fondato sulla sostenibilità sociale e ambientale, ce lo siamo detti tante volte, semplicemente non sarà. E la prima sostenibilità della quale ha bisogno questo Paese è quella di un'ecologia della politica che ci liberi dalle tossine inquinanti del berlusconismo, una bonifica da iniziare subito e che richiederà anni per restituire a questa nazione, piegata ed umiliata, credibilità e rispetto di sé, a cominciare da quello per il nostro magnifico territorio e per l'intelligenza del nostro popolo.

Torna all'archivio