[19/09/2011] News

Tar del Veneto: comitati (e cittadini) non legittimati a presentare ricorsi contro i danni all'ambiente‏

Una recente sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale del Veneto ha bocciato un ricorso del 2006, proposto dall'Associazione Comitato per la Salvaguardia del Territorio di Loria, che chiedeva l'annullamento l'annullamento di una delibera della Giunta Regionale Veneto dell'1 agosto 2006 che autorizzava l'apertura della cava di sabbia e ghiaia "la Piccola", nel Comune di Loria, da parte della Ferraro Impresa s.r.l. La motivazione: è esclusa, secondo i giudici amministrativi, la legittimazione ad agire dei comitati istituiti in forma associativa temporanea

Non solo l'esclusione riguarda anche «ogni altro atto presupposto, connesso ovvero conseguente, ivi compreso il parere favorevole con prescrizioni, reso in data 28 ottobre 2002, dalla Commissione Tecnica Provinciale Attività di Cava dell'Amministrazione Provinciale di Treviso ed il parere favorevole con prescrizioni della Commissione Tecnica Regionale Attività Estrattive, reso in data 8 settembre 2005». Al ricorso del Comitato si sono opposte la Regione Veneto e la Ferraro Impresa, che poi ha cambiato il suo nome in Ferraro Inerti.

La vicenda risale all'agosto 2003, quando il Comitato presentò alla Direzione geologia e ciclo dell'acqua della Regione Veneto una nota nella quale si opponeva all'apertura della cava perché troppo vicina a centri abitati e per l'estrema fragilità geologica e idrogeologica del territorio del Comune di Loria, «Allegando una dettagliata relazione dalla quale emergeva la presenza di pozzi acquedottistici posti 400 mt. a valle del sito di cava e il pericolo di inquinamento delle falde idriche - come sottolinea lo stesso Tar - Successivamente il 20.10.2004 il Comitato ricorrente depositava presso la Regione un'integrazione della relazione idrogeologica nella quale si rappresentava che il Comune di Loria è compreso nell'area di bacino scolante nella laguna di Venezia ed è situato nella zona di fascia di ricarica degli acquiferi, nonché si evidenziavano le carenze progettuali e idrogeologiche della relazione tecnica allegata al progetto in merito alle problematiche dei rischi di inquinamento delle fonti di approvvigionamento idrico».

Nonostante questo la Regione dava il via libera, seppure con prescrizioni, all'autorizzazione alla coltivazione della cava "La Piccola" di ghiaia e sabbia, nonostante la Conferenza di servizi, indetta dal Sindaco del Comune di Loria con i Sindaci dei comuni limitrofi, avesse invitato la Regione a dare parere contrario «Per il gravissimo rischio di compromissione della falda freatica derivante dalla stessa». Per questo Il Comitato per la Salvaguardia del Territorio di Loria e alcuni residenti hanno ritenuto illegittimi  l'autorizzazione all'attività estrattiva e gli altri atti impugnati.

Comitato e cittadini hanno fatto rilevare: la violazione del Piano Regolatore del Comune di Loria che vietata le cave in tutto il territorio; un «eccesso di potere per difetto di istruttoria in quanto lo strato di impermeabilizzazione imposto tra le prescrizioni della C.T.R.A.E. determinerà la creazione di un lago sul fondo della cava con conseguente danno ambientale e igienico sanitario per le popolazioni residenti nelle immediate vicinanze, nonché necessità di assoggettamento del progetto a valutazione di impatto ambientale»; un  difetto di istruttoria  della Regione «Poiché il modello matematico di flusso a larga scala, utilizzato per accertare la mancanza di interferenza idraulica tra la cava e le opere di presa per scopi idropotabili e per escludere rischi ambientali e sanitari, presenta evidenti carenze e errori di impostazione e omette di esaminare il pericolo di contaminazione proveniente dalla cava e gravante sui pozzi pubblici di Castelfranco Veneto»; difetto di motivazione, travisamento dei fatti, carenza di istruttoria perché «L''affermazione dell'assenza di rischi di contaminazione della risorsa idrica dall'attività estrattiva e dal connesso rilascio di sostanze inquinanti è apodittica, gratuita e priva di qualsiasi supporto motivazionale, né tiene in considerazione che la variante al Prg del Comune di Galliera Veneta» che vieta l'apertura di cave che possono essere in connessione con le falde; eccesso di potere  difetto di istruttoria e di motivazione per «L'omessa valutazione dei pericoli idrogeologici evidenziati nella relazione di parte ricorrente» e cioè «La pericolosità intrinseca della cava di tipo permanente, l'elevata vulnerabilità del territorio ove ha sede la cava, l'esistenza a valle del sito della cava di molteplici punti idrici di derivazione d'acqua(pozzi idropotabili pubblici, pozzi privati, linea delle risorgive, pozzi artesiani anche ad uso potabile)»; omessa valutazione dei «Pericoli idrogeologici di erosione degli argini della rosta Manfrina e di tracimazione delle sue acque» e  omessa valutazione di impatto ambientale;

Motivazioni molto pesanti, ma la Regione Veneto, ha eccepito, in via preliminare, «Il difetto di legittimazione attiva e la carenza di interesse a ricorrere sia dell'Associazione ricorrente, in quanto priva del riconoscimento ministeriale ex art. 13 della legge n. 349/1986, che dei singoli cittadini, in quanto la mera vicinitas non è idonea a dimostrare l'esistenza in capo ai medesimi di un concreto interesse ad agire».  La Ferraro Impresa ha d fatto esattamente la stessa cosa.

Il Tar veneto, ha ritenuto «Di dover, in primo luogo, esaminare le eccezioni di difetto di legittimazione ad agire e di carenza di interesse a ricorrere dell'Associazione Comitato per la Salvaguardia del Territorio di Loria - Onlus e dei privati ricorrenti, sollevate sia dall'Amministrazione regionale che dalla società contro interessata» ed ha deciso che « L'eccezione è fondata e meritevole di accoglimento».

Secondo il Tar «Occorre, innanzitutto, distinguere la posizione dell'Associazione ricorrente da quella dei singoli cittadini» e  ricorda  nella sentenza che «Secondo la costante e dominante giurisprudenza amministrativa, deve essere esclusa la legittimazione ad agire dei comitati istituiti in forma associativa temporanea, con scopo specifico e limitato, costituenti una mera proiezione degli interessi dei soggetti che ne fanno parte, e che quindi non sono portatori in modo continuativo di interessi diffusi radicati nel territorio, in quanto, diversamente, si consentirebbe una sorta di azione popolare, non ammessa dal vigente ordinamento». Il Tar nella sentenza ricorda che «il Consiglio di Stato, anche in pronunce recenti, ha ribadito come, dopo l'entrata in vigore della legge n. 349/1986, non vi sia più spazio per il riconoscimento della legittimazione processuale in capo ad associazioni diverse da quelle rientranti nella previsione dell'art. 13 della medesima legge, indipendentemente dalla sussistenza, in concreto o meno, dei requisiti che la giurisprudenza anteriore richiedeva ai soggetti che si qualificavano esponenziali di interessi "diffusi"(cfr. Cons. Stato, IV, 28.3.2011, n. 1876). Ed invero, prosegue il Consiglio di Stato nella citata sentenza, l'orientamento giurisprudenziale relativo alla sussistenza in concreto dei requisiti richiesti per la legittimazione degli enti esponenziali di interessi diffusi fu elaborato per risolvere il problema della tutela processuale dei ridetti interessi, per i quali all'epoca non esistevano meccanismi normativi che autorizzassero particolari soggetti a invocare tale tutela. E', quindi, evidente che, una volta che il legislatore è intervenuto a disciplinare direttamente la materia attraverso la previsione di una speciale legittimazione ex lege, quest'ultima esaurisce l'ambito della tutela processuale riconosciuta dall'ordinamento, escludendo qualsiasi possibilità di ammettere la legittimazione in capo a soggetti ulteriori e diversi da quelli ai quali la legge ha espressamente inteso riferirsi (cfr. in termini Cons. Stato, IV, 28.3.2011, n. 1876)».

Per quanto rioguarda il caso della cava veneta «da un lato, non risulta che l'Associazione ricorrente sia stata costituita nel rispetto di formalità che ne assicurino il carattere non meramente occasionale e strumentale, e dall'altro, la stessa si è dotata di un programma che si esaurisce quasi esclusivamente nell'opposizione alle attività di cava di cui ai siti di via La Piccola, via Donizetti e via S. Antonio (cfr. art. 2, comma 3, dello Statuto). Tale finalità - al di là di vaghe e generiche affermazioni di principio circa la tutela della qualità della vita, del territorio e dell'ambiente nel Comune di Loria, - permea l'intero statuto concretandosi anche nella promozione di iniziative di sensibilizzazione, formazione e informazione della cittadinanza sui problemi relativi alle attività di cava (cfr. art. 2, comma 4), nella vigilanza sulle iniziative che minaccino l'integrità del territorio e nella verifica dell'operato delle pubbliche amministrazioni in ordine alla salvaguardia delle risorse ambientali (cfr. art. 2, comma 7). . Si tratta, per l'appunto, di uno scopo specifico e limitato, costituente una proiezione degli interessi dei soggetti che ne fanno parte, onde deve concludersi che l'Associazione non sia legittimata al ricorso».

Per quanto riguarda i singoli cittadini residenti, la Regione e laFerraro Impresa,  «Ne hanno esplicitamente contestato la legittimazione ad agire in mancanza della dimostrazione di un concreto collegamento fra l'interesse di cui si affermano portatori e l'area oggetto del provvedimento impugnato, sicché il punto deve essere oggetto di un'attenta verifica»,  assicura il Tar, ma poi prosegue: « I ricorrenti fondano la propria legittimazione sull'affermata qualità di proprietari e/o residenti nel territorio del Comune di Loria, a riprova della quale allegano alcuni documenti di identità.  Con ciò, peraltro, essi non hanno fornito una prova sufficiente della propria legittimazione ad agire - da intendersi come la titolarità di una posizione di interesse qualificata e differenziata - né di un concreto interesse al ricorso. E, infatti, il soggetto singolo che intenda insorgere in sede giurisdizionale contro un provvedimento amministrativo esplicante i suoi effetti nell'ambiente in cui vive ha l'obbligo di identificare, innanzitutto, il bene della vita che dalla iniziativa dei pubblici poteri potrebbe essere pregiudicato (il paesaggio, l'acqua, l'aria, il suolo, il proprio terreno) e, successivamente, dimostrare che non si tratta di un bene che pervenga identicamente ed indivisibilmente ad una pluralità più o meno vasta di soggetti, nessuno dei quali ne ha però la totale ed esclusiva disponibilità (la quale costituisce invece il connotato essenziale dell'interesse legittimo), ma che rispetto ad esso egli si trova in una posizione differenziata tale da legittimarlo ad insorgere "uti singulus" a sua difesa».

Da questo, secondo la sentenza del Tar Veneto, «ne discende che il requisito della vicinitas non è di per sé solo sufficiente a dimostrare l'esistenza dell'interesse ad agire come ha affermato anche il Consiglio di Stato nella sentenza n. 1600 del27.3.2003, laddove, sempre con riferimento all'impugnazione di un provvedimento di autorizzazione all'apertura di una cava; ha escluso la legittimazione di alcuni residenti nel comune ove era ubicata l'attività estrattiva per non avere essi precisato quale fosse la concreta posizione delle loro abitazioni o dei loro luoghi di vita rispetto ai fronti di cava.  A ciò si aggiunga - in punto di interesse a ricorrere - che la sola circostanza della prossimità all'opera da realizzare non è idonea a radicare un interesse all'impugnazione, in assenza della congrua dimostrazione del danno concreto che deriverebbe dall'impianto»

Secondo il Tar nel caso di specie, «I ricorrenti non hanno dedotto né provato di risiedere o di essere proprietari di immobili confinanti con la cava La Piccola, né hanno dimostrato la concretezza del danno che deriverebbe loro dall'apertura della cava de qua, danno che, qualora ne fosse comprovata l'esistenza, in base alla relazione allegata sembrerebbe piuttosto riguardare le comunità di Castelfranco Veneto e di Galliera Veneta.  Per completezza, occorre aggiungere che la legittimazione dei ricorrenti non può neppure fondarsi - in via suppletiva - ex art. 9, comma 1, del D. Lgs. n. 267/2000, sia perché i ricorrenti non hanno dichiarato di agire in sostituzione processuale del comune, sia perché l'ente locale ha provveduto a impugnare autonomamente la delibera regionale di autorizzazione all'apertura della cava la Piccola».

Il Tar del Veneto conclude: «il ricorso deve essere dichiarato inammissibile per difetto di legittimazione e carenza di interesse ad agire» e condanna Comitato e cittadini alla rifusione delle spese di lite, cioè 2.500 euro.

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