[19/09/2011] News

La rendita sterilizza la ricchezza degli italiani

La ricchezza privata degli italiani è di gran lunga la più alta dei paesi sviluppati (8mila 700 miliardi) , anche in  rapporto al reddito disponibile: i risparmi delle famiglie ammontano addirittura a 7,8 volte il reddito disponibile,  solo Regno Unito e Francia si avvicinano a questo record, rispettivamente con 7,68 e 7,52 volte, mentre  molto più indietro si trovano il Giappone (la ricchezza privata è 6,97  volte il reddito disponibile), la Germania (6,29),  il Canada (5,44) e gli Stati Uniti (4,75).

L'inchiesta pubblicata oggi su Affari e finanza di Repubblica ha il merito di mettere in fila numeri che tutti conoscono bene, soprattutto all'estero, e che costituiscono il paradosso di un Paese dove i cittadini sono tra più ricchi al mondo, ma la loro nazione sta rischiando il fallimento, semplicemente perché il modello economico perpetuato dal dopoguerra ad oggi è stato esclusivamente imperniato sulla rendita, ovvero su una ricchezza inutile, non per tutti ma sicuramente per l'economia del paese.

Dei 9mila 732 miliardi di patrimonio lordo delle famiglie (sei volte il pil italiano), il 57,8% è rappresentato da beni immobili, il 37,3% da attività finanziarie, appena il 4,9% da attività reali, ovvero  beni, impianti, macchinari, scorte, attrezzature, brevetti. Da questo misero 4,9%  dobbiamo toglierci un altro punto percentuale abbondante che sono i beni di valore (opere d'arte, antiquariato, arredamenti). In pratica la ricchezza degli italiani in beni produttivi ammonta a soli 380 miliardi, un dato che sembrerebbe poco realistico, ma che in realtà torna se si pensa che secondo il Rapporto Corporate Efige 2011 la percentuale dell'attivo di bilancio delle imprese italiane finanziata con capitale proprio è pari al 12% mentre il restante 88% è coperto dal debito: «Il valore complessivo delle attività - spiega dunque Marco Panara, autore dell'articolo - è vicino ai 4mila miliardi, il problema è che i proprietari di tasca loro ci mettono poco, preferiscono mettere i soldi in appartamenti e nella finanza piuttosto che nelle aziende, e infatti loro sono ricchi e le aziende sono povere».

Secondo una ricerca di PricewaterhouseCoopers e dell'università di parma questa scelta deriva «dalla sfiducia nello stato, nel suo arbitrio, nelle sue incertezze e instabilità», ma anche dal modello di fiscalità che ha scelto lo Stato, caricando tutto il peso  sull'impresa e sul lavoro privilegiando le rendite immobiliari e finanziarie. Per questo va accolto positivamente e come un primo passo verso la razionalità l'innalzamento del carico sulle rendite finanziare dal 12,5% al 20%, stabilito nell'ultima manovra. E per questo va guardato con un certo interesse alla sperimentazione che sta portando avanti la Toscana, dove pur tra mille polemiche e difficoltà pratiche, la Regione sta cercando di introdurre il parametro Isee in cui convogliano anche i dati che escono dalla denuncia dei redditi, per diversificare l'importo dei ticket sanitari (azione già in vigore) e dei ticket del trasporto pubblico (azione ancora allo studio).

«Lo stock di ricchezza è un vantaggio competitivo nazionale - spiega infatti Giacomo Neri di PricewaterhouseCoopers - ma bisogna valorizzarlo, gestirlo bene, renderlo produttivo e dinamico: ci vuole una politica capace di riorientare il prelievo fiscale  tassando beni e patrimoni improduttivi e alleggerendo il carico su lavoro e impresa».

L'ennesima scelta qualitativa che questo governo del fare non farà, come non ha ancora intrapreso alcuna misura per la crescita (non parliamo di quale sarebbe opportuna ma di crescita nel senso classico del termine), né ha disegnato alcuna strategia energetica (a meno di non considerare tale la riconferma - e vorremmo ben vedere - del bonus del 55%) nonostante le promesse del ministro Romani che aveva annunciato che il 15 settembre avrebbe presentato la bozza del piano energetico. A questo punto di fronte all'indecenza a cui ci sottopone questo governo agonizzante tutto può essere ad un livello superiore, persino il commissariamento (e l'accompagnamento coatto).

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