[12/09/2011] News

Il Kurdistan irakeno blocca le esportazioni di petrolio. Sospetti di accordi anti-turchi con Israele

Forse si comincia a capire il perché della tensione nel Kurdistan diviso tra Turchia, Iran, Iraq e siria, con Teheran ed Ankara rispettivamente all'attacco dei guerriglieri peshmerga del Pjak e del Pkk sul proprio territorio e nel Kurdistan irakeno. Il perché è sempre quello: la maledizione del Medio Oriente, il petrolio.

Ieri nella capitale della Giordana Amman il ministro Irakeno del petrolio, Abdelkarim al Luaybi, ha annunciato che il semi-indipendente Kurdistan irakeno ha interrotto le sue esportazioni di petrolio greggio.

«Il governo e regionale del Kurdistan ha cessato oggi le sue esportazioni petrolifere, senza fornire il motivo - ha  detto al Luaybi - E' una grande perdita per l'economia irakena, così come per i popoli kurdo ed irakeno in generale. Nel corso delle due ultime settimane le esportazioni di greggio sono calate da 150mila barili a circa 55mila».

A dire il vero le ragioni del blocco petrolifero kurdo sono n ben note, oltre a lamentarsi degli attacchi portati dai Turchi sul suo territorio, il governo autonomo del Kurdistan irakeno ha chiesto al governo centrale di Bagdad di ritirare il progetto di legge sugli idrocarburi approvato ad agosto dal parlamento irakeno. La tensione tra i Kurdi e gli arabi sunniti e sciiti irakeni sta salendo dopo un periodo di calma post-bellico nel quale i kurdi avevano ottenuto molto, compresa la semi-indipendenza garantita dai peshmerga trasformati in soldati e dagli americani e il controllo delle risorse petrolifere nella loro regione.

Il Kurdistan non condivide le opinion del governo centrale di Bagdad su una serie di questioni a dir poco esplosive, in particolare sulla ripartizione delle entrate petrolifere e sul rifiuto degli irakeni di riconoscere una decina di grossi contratti stipulati dalla regione autonoma kurda con multinazionali energetiche. Il Kurdista si sente accerchiato da tutti i lati e vede in pericolo la sua autonomia se gli irakeni arabi metteranno nuovamente le mani sul petrolio kurdo.

Oggi Aswat al-Iraq: dà notizia che la presidenza del Kurdistan irakeno ha dovuto smentire notizie di stampa, che citano il premier di Israele che avrebbe detto che sarebbero stati intrapresi passi contro la Turchia, attraverso la cooperazione con i curdi. In molti hanno pensato subito al blocco del petrolio e/o a sostegni israeliani alla guerriglia kurda in Turkia.

In una dichiarazione la presidenza kurda irakena spiega: «La stampa aveva pubblicato un recente rapporto, parlando dell'esistenza di un piano, preparato da ministro degli Esteri dio Israele, Avigdor Lieberman, per prendere provvedimenti contro la Turchia, attraverso il rafforzamento della cooperazione con i curdi. Noi, Kurdistan iracheno, vediamo tale questione come ostile e tutti devono sapere che noi non siamo mai stati e mai saremo "rivoluzionari-under-demand"  o un'arma in vendita ad altri, ma sabbiamo una causa nella quale abbiamo creduto e lottato solo per gli interessi del nostro popolo, e la nostra strategia deriva da quegli interessi, che non sono contro gli interessi degli Stati e dei popoli della regione. Desideriamo inoltre confermare che noi, come popolo di Kurdistan, non dipendiamo da altri, ma interagiamo con h gli Stati vicini sulla base dei comuni interessi e del rispetto reciproco».

Come se non bastasse, oggi è venuto fuori che il primo ministro iracheno Nouri al Maliki si è scagliato contro l'Arabia Saudita definendola «esportatrice del terrorismo in Iraq». Secondo il moderato preemier irakeno  la monarchia waabita di Riyadh, sostenuta dagli Usa, «Mira ad incitare una guerra civile in Iraq».

Secondo le rivelazioni di Wikileaks riprese da al Jazeera, il premier irakeno, durante un incontro avvenuto nel 2008 con il generale David Petraeus e l'ambasciatore americano in Iraq, Ryan Crocker, ministro irakeno, al Maliki accusò i sauditi di finanziare i gruppi armati «con l'obiettivo di fomentare la violenza destabilizzando il Paese». Nel dispaccio reso noto da  Wikileaks si cita una frase di al-Maliki del maggio 2007, che rivolto a Petraeus e Crocker li informa: «Ho detto al vice presidente Cheney che il principe saudita Muqrin sta finanziando un'armata sunnita per opporsi a quella degli sciiti. I sauditi hanno una cultura che sostiene il terrorismo. Se i paesi del Golfo Persico vogliono affrontare la questione del terrorismo allora dovrebbero cominciare con l'Arabia Saudita».

Gli iraniani esultano perché sono da sempre convinti, come scrive oggi il sito della radio ufficiale Irib, che «sin dal 2003, quando l'ex dittatore iracheno Saddam Hussein fu deposto dalle truppe internazionali guidate dagli Usa, l'Arabia Saudita sponsorizza il terrorismo settario in Iraq per rafforzare la sua influenza sulla regione indebolendo il governo iracheno».

La partita che si gioca è complicata fino all'indecifrabile e dimostra il fallimento della strategia neoconservatrice americana di fare del Golfo persico un mare americano e di isolare Teheran.

Sono proprio gli ex nemici iraniani a correre in aiuto degli irakeni: la National iranian gas company (Nigc) ha annunciato oggi che «il primo contratto per l'esportazione di gas naturale iraniano in Iraq verrà firmato entro i prossimi due mesi». Hossein Bidarmaghz, un dirigente della Nigc, ha spiergato che «Il gas iraniano transiterà attraverso il confine da Ilam, nella parte occidentale dell'Iran, in Iraq per alimentare tre centrali elettriche del Paese» Ma secondo  PressTV, il network satellitare iraniano,  il ministero del petrolio di Teheran ha detto che «L'accordo finale sarà firmato entro due mesi». Secondo Bidarmaghz, «In base all'accordo con il ministero dell'energia iracheno, nel prossimo anno la Repubblica islamica dell'Iran esporta 25 milioni di metri cubi di gas neutrale al giorno in Iraq».

Anche questo è paradossale: gli occidentali hanno fatto due guerre in Iraq per appropriarsi di petrolio e gas e il gas in Iraq lo esportano gli iraniani e i kurdi bloccano una buona parte del petrolio, l'energia del Paese sembra in mano ai due nemici mortali di Saddam Hussein... mentre si scopre che i terroristi islamici li finanzia l'Arabia Saudita. Forse sarebbe bastato dare un'occhiata alle carte di identità dei terroristi genocidi dell'11 settembre 2001 e di Osama bin Laden per capire che i mandanti e i finanziatori di Al Qaeda non erano in Iraq e Afghanistan e per risparmiarci questi terribili 10 anni che hanno cambiato (in peggio) il mondo.

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