[09/09/2011] News

Vedremo mai un Italian jobs act?

Il noto economista John Maynard Keynes diceva che, in periodo di crisi, lo stato dovrebbe pagare i lavoratori disoccupati per scavare una gigantesca buca e poi riempirla. In questo modo i lavoratori avrebbero un salario e potrebbero così spendere. La citazione è d'uopo per fare alcune considerazioni sull'American jobs act presentato ieri notte dal presidente Barack Obama.

Detto che il suo mandato fino ad oggi è stato in larga parte deludente, come abbiamo spesso scritto su questo giornale, il piano presentato oltre ad vere a parer nostro una forte impronta keynesiana, se dovesse andare in porto e funzionare, sarebbe una bella lezione anche per il nostro Paese.

Intanto di fronte all'emorragia di posti di lavoro gli Usa si pongono almeno il problema di pianificare una possibile strategia per porvi il più possibile rimedio. Mentre da noi il problema sembra l'opposto, ovvero con un'uguale drammatica situazione occupazionale si trova il modo di rendere più facili i licenziamenti.

Poi ancor più nel merito basta leggere quanto scritto nell'atto che è già scaricabile da tutti on line (vedi link) - altra cosa fantascientifica per l'Italia, provate a cercare la manovra e vedrete che sorprese... - per capire qual è l'idea di fondo: ri-costruire il Paese. Ma proprio dalle fondamenta: "Rebuilding and modernizing America". Ristrutturare le strade (2700 miglia in tutto), i porti, le vie fluviali, le ferrovie (si fa l'esempio della velocità dei treni cinesi rispetto a quelli americani), le scuole (1 su 3 deve essere riparata). «Il pendolare americano - si legge nelle slide dell'Act - non è mai stato così lento: 100 ore all'anno». No nuove strade o nuovi porti o nuove vie fluviali, che sarebbe una strategia anni '50, ma conservazione dell'esistente. Non è cosa di poco conto e ha molto a che fare con l'ecologia.

«Lo scopo del Jobs Act americano è semplice - ha detto Obama -: mettere più gente al lavoro e più soldi nelle tasche di coloro che stanno lavorando. Si creeranno più posti di lavoro per i lavoratori edili, più posti di lavoro per gli insegnanti, più posti di lavoro per i veterani, e più posti di lavoro per disoccupati di lunga durata. Fornirà una pausa fiscale per le imprese che assumono nuovi lavoratori, e taglierà le tasse sui salari a metà per ogni lavoro americano e ogni piccola impresa. Fornirà una scossa a un'economia che è in fase di stallo, e darà fiducia che se le aziende investono e se assumono, ci saranno i clienti per i loro prodotti e servizi. Questo piano di posti di lavoro dovrebbe passare subito».

Se pensiamo all'Italia e facciamo l'elenco delle ristrutturazioni necessarie a partire dal dissesto idrogeologico; passando per lo stato in cui riversano le scuole; le ferrovie; le aree industriali dismesse, si capisce bene come in questo campo ci sarebbero possibilità occupazionali straordinarie, almeno in proporzione quante negli Usa.

Se ci pensano in Nordamerica, perché noi no? Sarebbe anche ecologicamente più sostenibile di mille altre azioni e con certezza di risultati molto alta. Certo le cose vanno sapute fare, e ci sarebbero altri settori - riciclo-risparmio di materia e risparmio-rinnovabili per l'energia che andrebbero allo stesso modo diciamo maggiormente incoraggiati - ma questo è un altro problema ancora.

Non è un Expò che fa la differenza, o le Olimpiadi o i Mondiali o gli Europei di Calcio. La Grecia per organizzare le Olimpiadi ci si è rovinata. Qui si tratta di piccole grandi opere che potrebbero rendere la mobilità più funzionale e risolvere problemi annosi come quelli appunto legati alla sismicità del nostro Paese che rilancerebbero pure la ricerca.

Con la semplice "manutenzione", pensiamo agli acquedotti, si potrebbero risolvere questioni drammatiche ancora oggi non di sete, per nostra fortuna, ma di sprechi e di città che ancora hanno accesso limitato alla risorsa quando anche di dubbia qualità della stessa, dando contemporaneamente centinaia di posti di lavoro.

E' una follia? Guardiamo cosa succederà Oltreoceano, sapendo cosa ha detto a caldo il premio Nobel per l'economia Paul Krugman sul New York Times: «Sono stato favorevolmente colpito dal nuovo piano di Obama sull'occupazione, un piano molto più audace e ben progettato di quanto mi aspettassi. Purtroppo non diventerà legge a causa dell'opposizione dei Repubblicani; così come succederà per qualsiasi altra iniziativa che voglia aiutare quei 14 milioni di americani senza lavoro. Una tragedia e una vergogna allo stesso tempo».

E segnalando pure quantp sostiene oggi il Sierra Club Usa che «applaude il piano del presidente Obama di mettere gli americani di nuovo al lavoro e rinnovare il ruolo del nostro paese come un leader globale nel campo dell'innovazione. Siamo incoraggiati dal suo impegno a proteggere gli Americani da inquinamento tossico come il mercurio (...),  la cessazione delle sovvenzioni per Big Oil e la costruzione di una economia di energia pulita che funziona per tutti gli americani. Siamo d'accordo con il Presidente che è il momento di 'fermare il circo politico' e di agire. Che si tratti di investimenti in energia eolica e solare, il miglioramento e la riparazione di infrastrutture o costruire treni ad alta velocità e auto elettriche, il governo federale ha un ruolo importante da svolgere nel mettere gli americani di nuovo al lavoro e dare sicurezza e salute alle famiglie e ai bambini».

Speriamo che stavolta sia smentito Krugman e che magari anche il prossimo governo italiano vari un piano per il lavoro di cui c'è una necessità estrema. Perché il problema dell'Italia, al momento, è che i "repubblicani" che da noi sognano la Padania e i paradisi fiscali sono al governo e non hanno nemmeno bisogno di impedire l'approvazione di un Piano di un improbabile Obama italiano.

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