[08/09/2011] News

Il governo cinese esige un’inchiesta approfondita sulla marea nera della ConocoPhillips

Al Consiglio degli Affari di Stato (il governo cinese) non sono bastate le scuse del  presidente del consiglio di amministrazione della  ConocoPhillips, James J. Mulva, e l'istituzione da parte della multinazionale petrolifera Usa di un fondo per risarcire i danni elle maree nere a ripetizione avvenute nella Baia di Bohai, nella Cina settentrionale, e ha comunicato di aver «Ordinato ai dipartimenti interessati di aprire un'inchiesta approfondita sulle fughe di petrolio della  ConocoPhillips e di infliggere delle sanzioni in accordo con la legge».

A chiarire come i cinesi intendono comportarsi rispetto a quella che definiscono «La più grande catastrofe oceanica della Cina» è stato il primo ministrino Wen Jiabao in persona, che ieri ha presieduto una riunione del governo ed ha chiesto alle autorità di «Determinare la causa dell'incidente, così come i disagi e le perdite, al fine di ritenere la compagnia come responsabile e di salvaguardare gli interessi legittimi di coloro che hanno subito delle perdite».

E' evidente che il governo centrale di Pechino non si fida per nulla delle spiegazioni date dagli americani sulle cause degli sversamenti di petrolio avvenute sicuramente il 4 e il 17 giugno dai fondali e dalle piattaforme offshore  del campo petrolifero di Penglai 19-3. Nella Baia di Bohai, uno dei siti turistici più frequentati della Cina, sarebbero finiti almeno 3.200 barili di petrolio, una bazzecola rispetto ad incidenti come quelli del Golfo del Messico, dell'Exxon Valdez e dell'inquinamento endemico del Delta del Niger, ma che sono arrivati sulle spiagge e che servono ai cinesi per dimostrare che i "colonialisti capitalisti" americani inquinano come e più di loro.

Il governo fa notare che la ConocoPhillips China è l'unico operatore di Penglai 19-I 3, il più grande campo petrolifero cinese che è una filiale del gigante petrolifero ConocoPhillips quotato alla Borsa di New York, quindi sono gli americani i responsabili delle maree nere, anche se il loro socio a di Penglai 19-I 3 è la China National Offshore Oil Corporation (Cnooc), la più grande compagnia (statale) petrolifera offshore cinese.

L'avvertimento alla  ConocoPhillips che probabilmente non sarebbe bastata la "resa" della ConocoPhillips proposta ieri da Mulva era già arrivato agli americani il 5 settembre da una fonte per loro molto preoccupante: Il Quotidiano del Popolo, l'organo ufficiale del Partito comunista cinese, che scriveva: «Alla  compagnia non basteranno certo un po' di integrità sociale e di attitudine responsabile verso l'ambiente, questa pretesa "gestione della crisi",  non potrà non solo aiutare ConocoPhillips China, ma potrebbe inoltre rendere la sua situazione più difficile. A causa dei suoi ritardi, della sua negligenza, delle sue dissimulazioni e i suoi inganni, le autorità marittime cinesi hanno finalmente ordinato la sospensione delle operazioni di sfruttamento del campo petrolifero della ConocoPhillips China (Copc)».

Tanto per capire quale sia il pressing politico esercitato sulla multinazionale Usa, nei giorni scorsi la Cctv, la televisione centrale statale della Cina, ha mandato in onda un'intervista con un lavoratore "anonimo"  della Copc attraverso il sistema intercom di una nave della ConocoPhillips che accusa gli americani di aver deliberatamente mentito nel rapporto sulla marea nera e le bonifiche del petrolio sottoposto all'Agenzia oceanica di Stato cinese (Soa).

La cosa ha fatto molta impressione in Cina, dove le denunce "anonime" alla televisione pubblica sulle malefatte degli imprenditori sono una novità assoluta, ma la Copc ha negato tutto.

Il Quotidiano del Popolo non crede alla multinazionale: «C'è un'evidente contraddizione tra la sensibilità della compagnia riguardo alla sua immagine e lo sua indifferenza davanti all'ambiente marino cinese».

Secondo un'inchiesta della Soa, gli sversamenti di petrolio sarebbero addirittura «Un errore minore, causato da operazioni difettose», il vero danno la marea nera lo avrebbe provocato al turismo e all'acquacoltura delle province di Hebei e di Liaoning.

E l'organo del Partito comunista cinese concludeva: «Di fronte alla propagazione dell'inquinamento e all'inquinamento oceanico ed alle perdite subite dai pescatori, è legale e giusto chiedere alla compagnia di addossarsi la responsabilità, quale che siano  il suo valore finanziario e le sue competenze in materia di gestione della crisi».

Torna all'archivio