[30/08/2011] News

Il Sahel dopo Gheddafi e la strana morte del capo tuareg Ag Bahanga

Una decina di Stati africani hanno già riconosciuto il Consiglio nazionale di trasizione (Cnt) della Libia, tra questi ci sono anche Paesi confinanti come il Ciad ed il Niger che con il regime di Gheddafi hanno avuto rapporti altalenanti (la Libia nel 1980 invase il Ciad per annettersi la striscia di Aozou ricca di risorse minerarie, poi restituita ad N'Djamena) e a Bamako il vessillo tricolore della nuovo regime sventola già sull'ambasciata libica. Ma il Mali, mentre scriviamo, non ha ancora riconosciuto il Cnt e si dichiara «sempre allineato sulla posizione dell'Unione africana a nome della solidarietà continentale».

Che Gheddafi fosse il più grande finanziatore dell'Ua e del Mali non è un dettaglio insignificante... Il governo di Bamako dice che il problema non è quello di riconoscere il Cnt perché ha preso il potere a Tripoli, ma quello di sapere «se il Cnt può proporsi al popolo libico come alternativa democratica». Il presidente del Mali Amadou Toumani Touré ha detto pochissimo sulla guerra in Libia, ma l'imbarazzo del suo governo sembra grande: Gheddafi era un amico del Mali e la Libia ha finanziato molti progetti come la città amministrativa di Bamako, moschee, madrasse, la formazione di 500 insegnanti e pagato i loro stipendi, distribuito molto denaro in questo poverissimo Paese a cavallo tra il Sahara ed il Sahel.

Oltre 40mila maliani vivevano e lavoravano in Libia ed il loro ritorno in Mali è stata una vera e propria catastrofe economica e sociale, che ha gettato molte famiglie nella miseria, mentre a Tripoli continua la caccia ai "neri" saheliani accusati  di sostenere il regime di Gheddafi. Il Mali ora si trova nella scomoda situazione di non poter apparire come un fedele amico di Gheddafi ed anche di non poter accettare che a Tripoli ci sia un unico vincitore che terremoterebbe  l'equilibrio di uno Stato tribale quale è la Libia, con ripercussioni incalcolabili sui Paesi vicini. A Bamako sanno bene che dal futuro della Libia dipende quello di tutta la regione sahariana-saheliana e il governo del Mali evoca apertamente un possibile scenario irakeno-afghano, con i Paesi a sud della Libia a fare da basi per la guerriglia pro-Gheddafi.

Per questo Amadou Toumani Touré il 26 agosto non si è presentato al summit straordinario sulla Libia dell'Ua ad Addis Abeba, ma anche la Mauritania e lo stesso Niger sono molto prudenti col Cnt e chiedono una transizione che coinvolga «tutti i libici».

Infatti il Mali ha un grosso problema che non sa come affrontare dopo la sanguinosa caduta di Gheddafi: la Libia è l'altra patria dei tuareg e i tuareg in Mali sono importanti e non sempre vanno d'accordo col regime. Per questo a Bamako non resta che tentare di fare il mediatore sulla corda tesa già spezzata dagli F16 della Nato e dal suo ex padrone coloniale, la Francia.

A complicare ulteriormente la situazione è venuta la morte del più radicale dei capi dei ribelli tuareg del Mali, Ibrahim Ag Bahanga, in un incidente automobilistico molto sospetto. Ora si tratta di capire se la morte di Ag Bahanga  infiammerà la regione del Nord-Mali o sarà una chance per la pace. La realtà è che la frontiera con la Libia è zeppa di armi in mano ai fedelissimi di Ag Bahanga.

Quella del defunto capo dei ribelli tuareg del Mali è un a storia esemplare del rapporto complicato di questo Paese con la Libia di Gheddafi. Negli anni Ottanta Ag Bahanga è stato addestrato militarmente in campi libici messi su da Gheddafi per i guerriglieri  tuareg dei Paesi del  Sahel, poi  è entrato a far parte del Mouvement populaire de l'Azawad e, malgrado lì'accordo di pace di Algeri del 2006 tra Bamako e i ribelli tuareg dell'Alliance du 23 mai, Ag Bahanga non ha deposto le armi, prendendo la testa della dissidenza tuareg e uccidendo e rapendo numerosi militari maliani

La basi di Ag Bahanga erano in Libia, ma poi è rientrato in Mali, per ritornare in Libia nel bel mezzo del conflitto tra Gheddafi, il Cnt e gli occidentali. La sua misteriosa morte è arrivata con la rotta del regime libico.

Il sospetto è che, approfittando del caos in Libia, si fosse procurato molte armi e che avesse stretto accordi con Al Qaeda del Maghreb islamico (Aqmi) proprio per trafficarle. Solo pochi giorni prima della sua morte fonti dei servizi di sicurezza del Mali lo avevano accusato di aver ricevuto almeno 50 veicoli armati dalla Libia. Quello che è certo è che il 25 agosto una colonna di almeno 10 veicoli armati capeggiata da Ag Bahanga è entrata in Mali dal sud-ovest della Libia, passando dalla frontiera col  Niger, poi il capo dei ribelli è morto nell'oscuro incidente.

In molti si chiedono se si non si tratti invece di un regolamento di conti fra le fazioni tuareg reduci dal fronte libico. Hama Ag Sid'Ahmed , portavoce per le relazioni con l'estero del  Mouvement Touareg Nord Mali ha inviato all'Agence Nouakchott d'Information della Mauritania  un comunicato che cerca di smentire le ipotesi più compromettenti: «Uno dei pilastri della comunità tuareg del Nord- Malici ha lasciato. Ibrahim Ag Bahanga a trovato la morte in un incidente tragico avvenuto nel pomeriggio del 26 agoisto à qualche chilometro dalla sua base di Tinassalak. E' stato inumato il 27 agosto scorso nella sua base.

Le cause reali di questo incidente tragico saranno conosciute nelle prossime settimane. Piangiamo la morte di un ragazzo tuareg che ha sempre resistito con la  guardia e la testa alta per ristabilire la dignità della sua comunità  tuareg nella sua regione. Ci lascia ma il suo spirito rimarrà. Oggi tutta la comunità tuareg soffre profondamente per questa scomparsa che lascerà un vuoto importante nella Regione. Ma la sua lotta non è terminata. Tutti coloro che lo hanno accompagnato nei momenti difficili in cui ha lottato per portare un futuro migliore alle popolazioni di questa Regione, proseguiranno la sua battaglia. Si assumeranno le loro responsabilità per attuare la giustizia sociale e politica nella Regione. I combattenti tuareg, la coordination des jeunes cadres tuareg, continueranno a lottare perché i suoi sacrifici ed i sacrifici di coloro che lo hanno accompagnato  non siano vani».

Forse Ag Bahanga  stava preparando una nuova ribellione per riguadagnare potere nel deserto del Mali a nord de Kidal, dove è morto, mentre i suoi fedelissimi assicurano che era tornato per partecipare, armi in pugno, al processo di pace e per chiedere che ai tuareg venissero assicurate una parte delle entrate dei giacimenti di uranio e minerali.  

La sua morte non ha certo rattristato i maliani, che hanno tirato un sospiro di sollievo perché temevano una nuova guerriglia post-libica al nord e lo consideravano un bandito sanguinario e il più grosso ostacolo per la pace e la sicurezza nel Nord-Mali.

Fonti militari maliane escludono che Ag Bahanga possa essere stato liquidato o tradito  dai narcotrafficanti con i quali si era alleato in passato, ma il giornale algerino Al Watan fa l'ipotesio di un possibile complotto tra esercito del Mali ed Al Qaeda per sbarazzarsi di un guerrigliero diventato troppo scomodo: «Aqmi si è equipaggiata grazie al Mali e ad alcuni Paesi occidentali. E' con l'autorizzazione di Bamako che gli ostaggi sono rapiti ed è sempre con la sua benedizione che sono portano  verso il nord del Mali, per essere nascosti e protetti». Ag Bahanga  aveva detto in un'intervista ad Al Watan  che la caduta di Gheddafi «E' una buona notizia per l'insieme dei tuareg del la régione... La ribellione  il Libia costituisce per i tuareg un'occasione per ritornare a casa e chiedere conto allo Stato maliano,  che è sempre stato schierato a fianco della Libia contro la sua popolazione del Nord. Devono portare Bamako tener conto delle loro rivendicazioni, anche se fosse con la forza delle armi».

Evidentemente i conti da saldare nel Sahel sono molti e la guerra libica li ha messi tutti sul tavolo. Ma il governo del Mali non risponde direttamente alle accuse algerine e il ministero degli esteri di Bamako si è limitato ad evidenziare che «Bahanga si apprestava a riprendere le armi contro l'esercito maliano. Doveva giustificare questo atto di alto tradimento agli occhi del suo popolo e dell'opinione pubblica internazionale. L'intervista che aveva concesso ad Al Watan  faceva parte di questa strategia dio giustificazione di un'azione armata».

Intanto arrivano notizie rassicuranti dei 4 ostaggi francesi rapiti un anno fad a Aqmi in Niger e prigionieri nel  Sahel. Secondo un mediatore starebbero bene e i negoziati per liberarli proseguono. I 4, rapiti il 16 settembre 2010 ad Arlit, un'area di estrazione di uranio, sono un dirigente e tre impiegati del gigante del nucleare francese Areva Al Qaeda ha già liberato un altro francese e due africani rapiti insieme a loro, che lavoravano per Areva o società in subappalto. Per liberare i 4 lavoratori nucleari francesi i terroristi chiederebbero una cosa impossibile: che le truppe francesi abbandonino l'Afghanistan, ma soprattutto un riscatto tra i 90 e i 100 milioni di euro, una somma molto superiore di quella dell'aiuto allo sviluppo che la Francia fornisce ad un Paese come il Mali..  Ma la montagna di soldi francesi sarebbe una vera e propria bomba scagliata sul fragile equilibrio del Sahel,vista la possibilità per i terroristi di rifornirsi al nuovo supermarket delle armi aperto in Libia con la guerra e la caduta del regime di Gheddafi.

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