[26/08/2011] News toscana

Giovanni Barca a greenreport.it: «Ecco come cambierà l'Arpat»

L'ingegnere Giovanni Barca da alcuni mesi è il nuovo direttore generale di Arpat. A greenreport.it parla del futuro dell'agenzia, della sua riorganizzazione e di quanto potranno influire i tagli ai trasferimenti.

Da pochi mesi ha assunto la guida dell'agenzia regionale per la Protezione dell'Ambiente. Ha in mente di operare qualche ristrutturazione del servizio?

«Ho in animo di ristrutturare Arpat adeguando struttura ed attività alla recente riforma voluta dalla Giunta e varata dal Consiglio nel 2009 (la legge regionale 30/2009, ndr). In sostanza si dovranno consolidare i controlli, omogeneizzare e velocizzare l'assistenza tecnica agli enti locali, reimpostare, potenziandola, la divulgazione dei dati ambientali. Sul fronte dell'organizzazione interna abbiamo inviato alla Regione, già alla fine di luglio, una proposta di Regolamento che spero la Giunta regionale approverà a settembre. Fra le più importanti novità del nuovo regolamento adottato: la valorizzazione del ruolo dei dirigenti dell'Agenzia per i quali è prevista una forte responsabilizzazione, finalizzata alla realizzazione dei programmi e dei progetti affidati, secondo gli obiettivi qualitativi e quantitativi definiti annualmente; l'istituzione di un livello organizzativo di Area Vasta, sovra provinciale, con competenza sui relativi territori: Toscana centro (Firenze, Empoli, Prato, Pistoia), Toscana costa (Livorno, Lucca, Massa Carrara, Pisa, Piombino), Toscana sud (Arezzo, Grosseto, Siena). A livello di Area vasta hanno sede le attività di laboratorio e vengono svolte funzioni specialistiche, anche ai fini del controllo delle grandi opere e degli impianti che determinano significative pressioni sull'ambiente, assicurando l'unitarietà dell'azione, l'integrazione delle materie e il coordinamento delle attività sul territorio di propria competenza». 

I tagli operati ai trasferimenti delle risorse economiche sulle regioni, compresa la Toscana, potranno avere ripercussioni anche sull'attività di Arpat?

«Temo di sì ...questo anno abbiamo avuto un taglio sul bilancio 2011 rispetto al 2010 del 5 per cento, per il prossimo anno ora come ora non vedo nulla di buono. Il quadro di riferimento in cui ci muoviamo è estremamente critico. Non c'è dubbio che le risorse disponibili saranno nei prossimi anni sempre meno. Stiamo riducendo tutti i costi contraibili. Presto lasceremo le sedi in affitto e ristruttureremo immobili di proprietà. Cercheremo di migliorare in efficienza ma alcuni costi come quelli del personale che derivano dal CCNL, su questi ci sono modesti margini di manovra».

E' di questi giorni l'abrogazione del Sistri, che si va ad aggiungere ad una confusione normativa incessante, che alimenta la difficoltà da parte di chi deve operare i controlli per le diverse interpretazioni che ne derivano. Come si esce da una situazione così devastante che mina alle fondamenta la corretta gestione del ciclo integrato dei rifiuti? Cosa può fare l'Arpat?

«Non ho mai pensato che il Sistri potesse risolvere il problema della gestione dei rifiuti, anche se potrebbe essere utile a migliorare l'attività di controllo. Tuttavia, prima ancora di tracciare i rifiuti dobbiamo fare gli impianti necessari alla loro gestione. Sulla costruzione di questi impianti, che rendano certa la destinazione finale dei rifiuti nel nostro Paese, non si è fatto abbastanza. Ci sarebbe bisogno di coraggio, aggregare imprese e fare investimenti. Se sai che per quel tipo di rifiuto non esiste impianto di smaltimento devi impegnarti a progettare un sistema che si faccia carico del problema prima ancora di progettare il sistema di tracciamento.

Sarebbe anche un tema etico oltre che economico. Per quanto riguarda le norme sono spesso carenti e poco chiare. Il Ministero dell'Ambiente da qualche anno a questa parte non ascolta le Regioni e pare guidato troppo da fretta ed interessi di parte che spesso scontentano tutti.

Anche come Agenzie regionali per la protezione ambientale, tramite ISPRA, abbiamo fatto richieste di chiarezza e ci siamo proposti come strumento tecnico a supporto del Ministero, ma per ora nessuno ha risposto. ARPAT dal canto suo cercherà, in questo quadro complesso, di dare almeno la sua visione studiata ed omogenea su tutto il territorio regionale e per tutte le aziende».

Si interpretano leggi confuse ma non si applicano le norme chiare: la legge regionale per esempio obbliga agli acquisti verdi, prevedendo anche sanzioni per gli enti pubblici inadempienti: ma né si fanno gli acquisti verdi né si applicano le sanzioni. Quale ruolo può avere Arpat in questo senso?

«La normativa sul GPP non prevede un vero e proprio sistema di vigilanza sul rispetto degli obblighi in tema di acquisti verdi, né attribuisce ad ARPAT specifici ruoli di controllo. Dal canto suo, ARPAT da tempo attua una politica di appalti sostenibili. Per altri aspetti, invece, il ruolo di controllo e vigilanza di ARPAT è ben definito: l'Agenzia costituisce una presenza importante sul territorio, ogni anno sono controllate moltissime aziende (circa 3.500 nel corso del 2010) e rilevate violazioni amministrative (circa 600 nel 2010) e penali (circa 300 nel 2010)».

Rischio e percezione del rischio: perché non c'è corrispondenza tra la qualità e la quantità degli impatti e l'utilizzo delle risorse finanziarie e umane che vengono impegnate (un esempio: si misurano in maniera certosina le emissioni degli inceneritori e non altrettanto quelle delle cartiere o dei cementifici)?

«In parte é vero in parte no. ARPAT lavora normalmente alla verifica dei sistemi di monitoraggio in continuo delle emissioni (smce) anche degli impianti non di incenerimento. Nel 2010 l'Agenzia ha effettuato 122 controlli analitici sulle emissioni in atmosfera (oltre a quelle sugli inceneritori) e 373 controlli "amministrativi" sul rispetto delle autorizzazioni, per un complesso di 396 aziende controllate. Fra queste, cartiere e cementifici, che sono sottoposti a periodici controlli ambientali - come gli inceneritori, peraltro soggetti ad una legislazione più restrittiva - da parte dell'Agenzia. È in ogni modo difficile far capire che molte volte gli impianti che son visti come particolarmente inquinanti in realtà sono presidi ambientali indispensabili per tutelare l'ambiente, parlo degli impianti di trattamento delle acque e di gestione dei rifiuti».

Ancora su rischio e percezione: perché fanno tanto paura i rifiuti urbani e si parla solo di questi e nessuno si preoccupa dei rifiuti speciali, che sono quattro volte gli urbani?

«Non me ne capacito nemmeno io. Penso che sia un processo di rimozione del problema misto a furberia ed ignoranza. Dal 1999 la Regione Toscana ha un piano poco attuato per la gestione dei rifiuti speciali. Il Parlamento in modo ricorrente ha istituito commissioni speciali di vigilanza: il problema è stato ampiamente esaminato ed è ormai noto. La sintesi è che vanno migliorati i cicli produttivi e realizzati impianti, ma per far questo ci sarebbe bisogno di una società più matura che sappia farsi carico dei propri problemi».

Per quel che riguarda la qualità dell'aria e lo sforamento dei limiti di legge, dopo le inchieste (che sono state archiviate) nei confronti di alcuni amministratori pubblici, una serie di accuse sono state rivolte anche ad Arpat sul posizionamento e la taratura delle centraline. Quali provvedimenti avete preso e come giudica oggi la qualità dell'aria nelle città toscane?

«Ad oggi non ci sono, che io sappia, problemi di taratura delle centraline. Anche il posizionamento è conforme alla nuova Direttiva ed è il frutto di un lavoro realizzato insieme agli uffici delle Regione Toscana ed in accordo con le Province. In questo campo la conoscenza dei dati ambientali, dopo quasi due decenni di misurazioni, è elevata e sicuramente sufficiente per intraprendere le azioni relative. La qualità dell'aria è comunque in miglioramento, anche se persistono sempre delle criticità per alcuni inquinanti in alcune zone».

Anche sul fronte dell'ecosistema marino Arpat è impegnata su vari fronti, anche se sembra che ciò che desta maggiore interesse sia la qualità delle acque di balneazione. Quali sono a suo avviso le maggiori criticità per l'ambiente marino e costiero nella nostra Regione?

«Le maggiori criticità nascono a terra, va migliorato ed incrementato il sistema di depurazione, gli obiettivi che ci pone l'Unione Europea al 2015 per la qualità delle acque sono importanti, ma alla nostra portata. Dobbiamo insistere nel depurare tutti gli scarichi e tenere sotto costante controllo gli impianti di depurazione. Naturalmente per far questo sono necessari investimenti consistenti che però potrebbero esser utili in un periodo di stagnazione».

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