[25/08/2011] News toscana

Delfino di Carbonifera, risponde la biologa Letizia Marsili: «Ecco com'è andata»

Pubblichiamo volentieri l'intervento della dottoressa Letizia Marsili, del Dipartimento di scienze ambientali dell'università di Siena che ricostruisce l'episodio del decesso del delfino a Carbonifera, Piombino. Come i lettori potranno constatare la dottoressa Marsili è stata precisa ed esauriente. Avrebbero potuto esserlo anche altri che non hanno saputo mettere in atto le misure indicate dalla dottoressa Marsili e dare al nostro lettore ed a agli altri bagnanti preoccupati indicazioni di comportamento adeguate e precise che evidentemente non sono state fornite se la situazione è quella evidenziata dalla biologa.

E' vero che la comunicazione è libera ma prima di pubblicare l'articolo che è su Greenreport forse sarebbe il caso di informarsi dagli esperti e non dal bagnante. La Regione Toscana è una delle poche Regioni che da 30 anni a questa parte sta lavorando assiduamente per la conservazione e la salvaguardia dei cetacei.

Dal 1985 esperti cetologi intervengono per il recupero dei cetacei spiaggiati ed hanno contribuito alla crescita negli anni del Centro Studi Cetacei, fino a quando interessi di diverso tipo da quelli scientifici hanno modificato le finalità di questa Associazione. Da allora, circa 5 anni fa, la Regione Toscana si è attivata con un Osservatorio Toscano dei Cetacei, con sedi all'Elba e a Viareggio, nel promuovere le attività su questi animali. Ciò ha portato ad un progetto transfrontaliero, il progetto Gionha, che ha fra i vari scopi quello di recuperare e valorizzare i cetacei e le tartarughe marine  spiaggiate ed intervenire sugli esemplari in difficoltà. Per la Toscana la responsabilità è dell'Arpat (Direzione Mare, Dr. Fabrizio Serena) che, con l'Università di Siena e l'Università di Padova (Dr. Sandro Mazzariol), svolge questa attività.

Per quel che riguarda questo delfino, non stenella ma tursiope (Tursiops truncatus) la biologa marina che è stata contatta ero io (Letizia Marsili, Università di Siena), dopo ore che l'animale era nelle mani dei bagnanti. Cosa assurda perchè la prima cosa da fare è isolare l'area in cui si trova il mammifero ed evitare qualunque tipo di contatto.

Se l'animale è in difficoltà di galleggiamento, a turno una persona si può avvicinare per aiutarlo ma non era questo il caso. Abbiamo saputo che il piccolo, in quanto era un tursiope ancora in allattamento, si voleva allontanare ma che veniva trattenuto! Non so per quale motivo non sia morto in pochi minuti di infarto! La necroscopia che abbiamo effettuato, motivo per cui è stato preso e non per farne del musciame, ha mostrato un cuore ancora integro.

L'unica possibilità che poteva avere il piccolo di salvarsi era quello di ritrovare la madre ma, a quello che abbiamo capito e da quello che sentivamo telefonicamente, tutt'altro stava avvenendo. Sappiamo che una persona ha fatto una "respirazione" bocca-sfiatatoio all'animale, il più grande paradosso che mi sia capitato di sentire in tanti anni. Inoltre sono animali che possono trasmettere anche malattie all'uomo e che quindi vanno maneggiati con la massima cautela da chi sa come farlo. Fossi la persona che ha fatto la "respirazione" mi preoccuperei un po' visto i tanti parassiti polmonari che l'animale aveva.

Infine i tursiopi, come tutti i cetacei, sono gestiti, vivi o morti, secondo la Convenzione di Washington sul commercio internazionale delle specie di fauna e flora minacciate di estinzione, denominata in sigla C.I.T.E.S., e solo personale che ha permessi Cites o veterinari possono intervenire sull'animale. E' questo il motivo per cui il bagnante poteva anche essere denunciato.

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