[23/08/2011] News

Dopo la Libia di Gheddafi toccherà alla Siria della dinastia Assad?

Onu: Violazioni sistematiche dei diritti umani. Più di 2.200 morti

Mentre la dittatura libica si spegne nel sangue degli ultimi combattimenti, nelle violenze  e nelle vendette di ogni guerra e nei festeggiamenti nella Piazza Verde ribattezzata Piazza dei Martiri, nel mirino delle potenze occidentali sembra esserci la Siria. Il presidente/dittatore, Bashar Al Assad, mentre a Tripoli si arrestavano i capi del regime e si cercava Gheddafi, è intervenuto alla Tv di Stato siriana per ammonire che «azioni militari contro la Siria porterebbero ripercussioni su qualunque Paese interferisca negli affari interni siriani», rispondendo alle domande di due intervistatori di regime a proposito dell'inasprimento delle pressioni e del boicottaggio occidentali, nonché alle voci di possibili azioni militari della Nato.

A partire dalla Gran Bretagna che le ha già prospettate, Assad ha detto che «la Siria non crede alle minacce di attacchi militari contro la sua sovranità, perché per troppe volte abbiamo sentito queste minacce. Già nel 2003, con l'invasione dell'Iraq, e poi nel 2005 con le pressioni subite a partire dal Libano, la Siria sembrava sull'orlo di esser bersaglio di attacchi militari stranieri, ma tutti sanno come sono andate le cose». Sembra di risentire le parole di Gheddafi e di Saddam Hussein e dei dittatori arabi spodestati dai loro popoli.

Il dittatore siriano ha anche risposto al presidente Usa Barack Obama e ai leader dell'Unione europea, che il 18 agosto avevano chiesto sue dimissioni: «sono persone che ogni giorno invitano qualcuno nel mondo a dimettersi... poi parlano di diritti umani quando sono i primi a commettere stragi. Sono convinto che la situazione in Siria stia migliorando. Non sono  affatto preoccupato  della recrudescenza dell'opposizione. La Siria ha sventato i complotti che nelle ultime settimane volevano rovesciare il governo e la sicurezza del Paese è migliorata». Che questo sia costata la morte di almeno 2.200 persone negli scontri con le milizie del regime e nei bombardamenti di città e quartieri, sembra un dettaglio ininfluente per Assad e la dittatura nazional-socialista del Baath.

La situazione della Siria è stata affrontata a Ginevra in una sessione speciale del Consiglio dei diritti umani dell'Onu e l'Alto commissario per i diritti umani, Navi Pillay, ha  denunciato che «violazioni sistematiche dei diritti dell'uomo da parte del governo siriano contro dei manifestanti pacifici in diverse città del Paese potrebbero costituire dei crimini contro l'umanità». Una formula che potrebbe aprire la strada ad un'altra guerra umanitaria, che potrebbe far esplodere un Medio Oriente già in fiamme da Gaza al Kurdistan. 

L'alto commissariato per i diritti dell'uomo il 18 agosto ha pubblicato il rapporto di una missione indipendente sui fatti siriani che è stato presentato al Consiglio di sicurezza dell'Onu con la raccomandazione di sottoporre l'attuale situazione in Siria alla Corte penale internazionale. La Pillay ha spiegato che «la missione di stabilimento dei fatti ha scoperto delle violazioni sistematiche ed estese dei diritti umani, soprattutto omicidi, scomparse forzate, torture e persecuzioni commesse dalle forze di sicurezza o dall'esercito siriani. Benché il rapporto copra solo il periodo dal 15 marzo al 15 luglio 2011, le indicazioni dimostrano che le violazioni continuano fino ad oggi. Pensiamo che la natura di questi atti commessi su grande scala potrebbero costituire dei crimini contro l'umanità».

La missione Onu non ha ottenuto il permesso del regime per recarsi in Siria, ma ha raccolto «testimonianze credibili, consistenti e corroborate da parte di vittime, testimoni e transfughi militari nei Paesi vicini alla Siria» ed ha concluso che «le forze di sicurezza e militari hanno messo in opera una politica di "sparare per uccidere", malgrado la natura largamente pacifica delle manifestazioni». La missione ha documentato esecuzioni sommarie e tentativi di nascondere i morti realizzando fosse comuni anonime. Tutto il solito e peggiore armamentario di una dittatura in agonia che massacra il suo popolo...

Secondo la Pillay «le autorità hanno imposto il blocco di diverse città con l'aiuto di veicoli militari e di artiglieria pesante per impedire agli abitanti di rifornirsi di viveri e per privarli dei servizi di base. Le persone ferite non hanno potuto essere curate e perfino gli ospedali pubblici sono stati chiusi prima delle operazioni militari; anche al personale medico è stato impedito di accogliere i feriti. È in atto una politica di detenzione arbitraria delle persone sospettate di aver partecipato alle manifestazioni, e l'uso della tortura è molto esteso. Diverse persone sono morte durante la loro detenzione, compresi dei bambini, a causa della tortura».

Il governo siriano respinge le accuse Onu e nega qualsiasi abuso. Il regime riconosce la morte di circa 1.900 persone ma dice che sono soprattutto membri delle forze di sicurezza uccisi da «gruppi armati» e che le manifestazioni sono organizzate da «terroristi ed estremisti». Ma secondo il rapporto Onu si tratta invece di «cittadini che esercitano i loro diritti legittimi alla parola ed a riunirsi».

Come meriti democratici il regime di Assad ha snocciolato una serie di riforme politiche, come la fine dello stato di emergenza, l'abolizione del Tribunale supremo di sicurezza dello Stato e la liberazione di detenuti politici, che evidenziano però l'esistenza di una dittatura.

«I bagni di sangue ad Hama, Latakia e in altre città siriane, che durano ininterrottamente da tre settimane, minano la credibilità del governo siriano e dei suoi annunci - dice la Pillay. Chiedo al governo della Siria di fermare immediatamente e completamente la repressione delle manifestazioni pacifiche e di assicurare la liberazione immediata e senza condizioni di tutti coloro che sono detenuti per aver partecipato a delle manifestazioni pacifiche. Il governo dovrebbe anche permettere il ritorno, in tutta sicurezza e in maniera volontaria, di tutti i rifugiati e delle persone sfollate. Mi rallegro per il dispiegamento della prima missione di valutazione umanitaria che è iniziata il 20 agosto e chiedo al governo siriano di accordare l'accesso a tutti i lavoratori umanitari internazionali e lo esorto ad accettare un'inchiesta ed una vigilanza imparziale della situazione dei diritti umani».

Il 17 agosto il presidente Assad aveva assicurato per telefono il segretario generale dell'Onu Ban Ki-moon che le operazioni militari erano terminate, ma il giorno dopo sono state assassinate almeno cinque persone, e il 19 agosto 34 manifestanti sono stati trucidati in diverse città dai carri armati del regime che circondano diversi centri abitati.

L'inviato speciale dell'Onu per la tortura ed altre pene e trattamenti crudeli,  Juan Méndez, ha denunciato l'uso eccessivo della forza contro civili disarmati, attacchi a centri medici ed al loro personale, torture nelle prigioni e rapimenti. «La comunità internazionale ha il dovere di non lasciare queste violazioni impunite e di valutare se alcune di queste violazioni potrebbero costituire crimini contro l'umanità - ha detto  Méndez. Se vogliamo veramente combattere le violazioni dei diritti umani non possiamo rimanere ciechi davanti a questi atti».

Ma nella comunità internazionale i ciechi e sordi per convenienza e complicità con il regime siriano non mancano, a cominciare dal ministro degli esteri russo Sergei Lavrov che  durante una sua visita in El Salvador ha escluso ogni intervento esterno nel conflitto siriano. «Non penso che nessuna persona ragionevole pianifichi un intervento militare in Siria. Malgrado un ritardo, il presidente Bachar Al Assad ha adottato degli emendamenti alla legislazione, decretato il multipartitismo ed annunciato elezioni legislative e democratiche. La posizione "no ad ogni dialogo" è irresponsabile. Questo condurrà ad una grave crisi che, tenuto conto del ruolo cruciale della Siria nella regione e nella situazione mediorientale, tutti vogliono evitare. I negoziati sono l'unica soluzione possibile».

Una posizione condivisa anche da un altro Paese che siede nel consiglio di sicurezza Onu e grande amico di Damasco, la Cina, e dai più vicini alleasti di Damasco: Iran, Libano, Iraq, ma probabilmente anche da Israele, che preferisce un nemico conosciuto e in difficoltà ad un nuovo regime che sembra avrebbe l'appoggio anche dei profughi palestinesi in Siria, bombardati a Lakatia della cannoniere di Assad.  

Le monarchie assolute del Golfo persico si sono immediatamente schierate con gli occidentali per chiedere in Siria la democrazia che non vogliono concedere in casa propria, e l'intralcio più grosso viene probabilmente da un Paese Nato, la Turchia, che prima ha fatto la voce grossa contro Assad e ora lo difende dalle richieste di dimissioni degli occidentali. La spiegazione sta probabilmente nella nuova guerra scoppiata tra Turchia e i guerriglieri del Partito dei lavoratori del Kurdistan (Pkk) dopo i raid aerei turchi contro le loro basi nel Kurdistan irakeno, ai quali il Pkk ha risposto uccidendo nove militari nel sud della Turchia.

Ankara non può permettersi un fronte siriano a sud mentre si riapre quello orientale, inoltre la svolta filo-araba del governo islamico turco e la rottura con Israele fanno propendere la Turchia per un'alleanza con Assad in funzione anti-kurda, visto che il regime siriano da sempre reprime questa piccola minoranza che vive all'interno dei suoi confini e che è accusata di appoggiare i guerriglieri kurdi e l'opposizione siriana. 

Insomma gli Stati che hanno minoranze interne "problematiche" (Tibet, Xinjiang Uigur, Cecenia, Kurdistan...) o dissidenti da reprimere non possono fare gli schizzinosi se Assad fa le stesse cose così platealmente, a colpi di cannone. 

Torna all'archivio