[22/08/2011] News

Kiribati affonda nel Pacifico, mentre aspetta i fondi promessi a Copenhagen

I governi dei piccoli Stati insulari dell'oceano Pacifico sono sempre più frustrati per l'incapacità di accedere ai miliardi promessi loro dai Paesi industrializzati per l'adattamento ai cambiamenti climatici. Due anni fa alla Conferenza Unfccc di Copenhagen la comunità internazionale si è impegnata a donare 30 miliardi dollari in aiuti ai Paesi in via di sviluppo per affrontare gli effetti del global warming, ma di qui soldi nelle isole del Pacifico, le nazioni a più immediato rischio global warming, ne sono arrivati pochissimi.  i cambiamenti climatici. Ma alcune isole e interi piccolissimi Stati potrebbero essere cancellati dalla carta geografica, inghiottiti dall'Oceano che sale, entro  50 anni, qualcuno dice addirittura 30. E i governi ed i popoli di questi Stati lanciano l'ennesimo Sos al mondo: «Il momento di agire è questo!».

Oggi Abc Radio Australia ha presentato un reportage sulla situazione di alcune isole: «Le mareggiate sull'atollo di Tarawa a Kiribati significano che veicoli tentano di attraversare le strade rialzate che collegano  le sue isole devono sterzare per evitare le onde. I bambini giocano a "surf sleeping" lungo i monconi di cemento, ma gli adulti sono preoccupati».

La regista cinematografica Linda Uan che ha vinto un premio internazionale per un documentario sui problemi che sta affrontando Kiribati spiega che «il problema che abbiamo di fronte, naturalmente, è il costante trasferimento delle nostre comunità insulari in altre esterne, soprattutto nelle aree più gravemente colpite». La sua preoccupazione è condivisa dal ministro degli esteri di Kiribati, Tessie Lambourne: «L'erosione costiera per noi è un problema enorme. E vedete solo solo quello che sta accadendo a South Tarawa in questa parte dell'isola - ha spiegato alla troupe dell'Abc - Ci sono molte cose simili che stanno accadendo non solo intorno a questa isola, ma l'intero Paese».

Lambourne e il Parliamentary secretary for Pacific islands affairs, Richard Marles, erano insieme a controllare una uova diga coistruita con l'aiuto del governo australiano per proteggere l'aeroporto internazionale di Kiribati e  Marles ha detto: «Questa è davvero la prima linea del cambiamento climatico globale. Siamo proprio al bordo della pista di South Tarawa, che è la pista principale per il paese di Kiribati e l'erosione è arrivata a pochi metri dal confine della pista, è letteralmente proprio lì. E questo costerà circa 300 o 400 mila dollari per aggiustare queste centinaio di metri di diga realizzate». Ma secondo il ministro degli esteri di Kiribati i soldi finiranno prima che i lavori siano finiti: «In realtà questa diga avrebbe dovuto essere lunga 150 metri lungo ma a causa dei vincoli di bilancio ci sono solo i fondi che avevamo per questo progetto e siamo riusciti solo ad ottenere una diga di 100 metri. E si può vedere che per la diga ci sarebbe qualcosa di più da riempire». In realtà, secondo l'Abc, la diga anti-inondazioni avrebbe diverse falle e la Lambourne dice il denaro promesso a Copenaghen è troppo difficile da avere: «La maggior parte dei fondi vengono erogati tramite agenzie multilaterali e istituzioni finanziarie internazionali. E' molto difficile accedere a tali fondi a causa dei procedimenti in questione. E con un piccola amministrazione, con la burocrazia che qui è già oberata di lavoro, siamo impantanati. Troppe priorità con poche persone che cercano di risolvere un sacco di problemi».

Marles è d'accordo: «Siamo molto preoccupati  di come assicurarci che i soldi che ci sono stati promessi dalla comunità internazionale e di portali a questi Paesi il più velocemente possibile. Questo è il motivo dei fondi di adattamento al clima che abbiamo messo in atto, come parte del nostro obbligo per il finanziamento fast track che abbiamo assegnato già per l'80 per cento».

Marles è anche andato sull'atollo di Tarawa per controllare la qualità dell'acqua che viene attinta dalla piccola falda idrica che si trova sotto la pista dell'aeroporto, una di acqua dolce fragilissima che serve migliaia di persone, a fargli da guida è stata Marella Rebgetz, una suora cattolica che è anche un ingegnere idraulico, che ha spiegato al rappresentante australiano ed alla troupe dell'Abc che la falda raggiunge una profondità massima di 22 metri e che il cuneo salino sta avanzando rapidamente. Una situazione che sembra comune alle riserve idriche di tutte le piccole isole del Pacifico, alcune delle quali sono solo ad un metro sotto il livello del mare.

Il global warming e l'inquinamento possono compromettere le risorse idriche di intere isole e arcipelaghi, per questo i governi e le comunità cercano di pompare l'acqua ad ritmo sostenibile, calcolando quanta acqua c'è e facendo un bilancio idrico. Ma le cose stanno ugualmente peggiorando, la sessa suor Marella  ammette che «una parte del problema qui è l'aumento della popolazione. Così la gente vuole più acqua  e  la tentazione è di pomparla ad un tasso troppo alto. Se l'acqua a diventerà inutilizzabile, in particolare la lente l'acqua intorno all'aeroporto, questo renderà l'isola di South Tarawa inabitabile. E stiamo parlando di 45.000 persone che vivono qui, questa è l'isola più densamente popolata di tutto il Pacifico ed è dipendente dalle falde idriche».

L'acqua è indispensabile anche per coltivare l'alimento di base di questi atolli: lo "swamp taro" e  il ministro Lambourne spiega che «a Kiribati coltivare il taro è un compito difficile. Dobbiamo scavare i un pozzo fino alla falda, poi piantare il taro e ci vogliono anni, anni di costante attenzione. Mentre una sola onda di una tempesta basta per distruggere molti anni di duro lavoro, è straziante».

Michael Bourke, uno specialista in agricoltura dell' Australian National University, ha studiato il problema dell'innalzamento del livello del mare per gli atolli del Pacifico: «Il  pericolo è il futuro livello del mare, che l'acqua del mare penetri nella lente di acqua dolce, e sembra che lo "swamp taro" sia abbastanza vulnerabile alla salinità, all'acqua salmastra. Questo è il problema. Perché è davvero grande, c'è solo una base di coltivazione, o base alimentare, molto limitata  in questi atolli e il pericolo è che la base alimentare sia  distrutta dall'acqua che arriverà direttamente in falda».La più efficace misura di adattamento per Kiribati sarebbero le mangrovie e gli abitanti hanno cominciato a piantarle. Anche il Presidente del minuscolo Stato, Anote Tong, ha piantato questi alberi costieri e dice che «I giovani di Kiribati stanno insegnando alla mia generazione a pensare al futuro. Sono riuscito a capire l'errore attuale pochi decenni fa, ma ora che abbiamo le informazioni, dovremmo saper rispondere e reagire in base di tali informazioni. E le informazioni ci dicono che dovremmo rivedere il nostro modo di pensare. Questa è di un'estrema ironia: quelli che stanno soffrendo di più sono quelli che hanno dato il minimo contributo al problema».

A Kiribati mentre aspettano i "complicati" soldi dei Paesi ricchi che non arrivano, in molti pensano che bisogna prepararsi ad abbandonare la loro piccola patria che affoga e rifondarla da un'altra parte. Bisogna capire chi accoglierà i nuovi profughi del mare e del global warming.

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