[19/08/2011] News

Rick Perry: ritratto di un conservatore estremista e clima-scettico contemporaneo

Dopo la "grizzly mama" Sarah Palin, l'altra punta di diamante che brilla sempre più tra le fila repubblicane è texana, come buona tradizione per i rappresentanti dei conservatori Usa: l'attuale governatore dello stato confinante col Messico, James Richard Perry (Nella foto), che il 13 agosto ha ufficialmente annunciato la sua intenzione di confrontarsi con gli altri candidati repubblicani per la corsa alla presidenza degli Stati Uniti, con le elezioni che si terranno il prossimo anno.

"Rick" Perry è riuscito a costruirsi una carriera politica di successo: esempio sfolgorante dell'ultra-liberismo e del conservatorismo più spinto, il 61enne texano ha fatto del suo estremismo il suo punto di forza. Sotto la sua guida, il Texas è riuscito a imprimere una decisa spinta alla propria economia, ma a farne le spese sono stati proprio i cittadini, che hanno visto sbranare le tutele ed il già non eccelso welfare state di cui godevano in precedenza; sebbene il tasso di disoccupazione texano sia inferiore a quello complessivamente presente negli Usa (8,2% contro 9,1%, dati di agosto 2011), secondo un rapporto del Bureau of labor statistics, quasi il 10% dei lavoratori texani retribuiti a tariffa oraria ricevono un salario inferiore a quello minimo, contro una media federale del 6%.

Ancora, 26% dei cittadini governati da Perry non è coperta da assicurazione sanitaria, contro la media Usa del 17%. Merito della politica del leader repubblicano, che non si è fatto scrupoli nel tagliare risorse a sanità, istruzione, riducendo all'osso i sussidi alla popolazione. Con queste premesse, c'è da chiedersi quanto durerà lo slancio economico texano.

Strenuamente difensore di un localismo politico che ricorda da vicino alcuni nostrani esponenti politici, Perry non solo avversa le tasse e tutto quello che rappresenti una "limitazione da parte dello Stato della libertà dei cittadini", ma ha costruito una parte della sua fama arroccandosi su posizioni clima-scettiche. Durante la sua carriera, Perry ha più volte sostenuto come non ci sia evidenza di prove scientifiche che confermino un'origine antropica del riscaldamento globale in atto, opponendosi ad un regolamento dell'emissione di gas serra, che avrebbe un "effetto devastante" per l'economia texana e l'industria energetica.

In ordine di tempo, l'ultima dichiarazione su questo tono del politico Usa risale a due giorni fa: ‹‹credo che il problema del riscaldamento climatico sia stato politicizzato. Penso che ci sia un gran numero di scienziati che manipola i dati per far rotolare dollari nei loro progetti. Penso che stiamo assistendo settimanalmente o quotidianamente come gli scienziati stiamo mettendo in discussione l'originale idea che il riscaldamento globale provocato dall'uomo sia la causa del cambiamento climatico. Si, il nostro clima sta cambiando. Cambia da quando si è formata la Terra››.

La pungente accusa è stata ripresa sulle pagine del Washington Post, in un articolo a firma di Glenn Kessler (vedi link). L'autore smonta le due principali tesi proposte dal candidato texano per l'Elefante, che gli scienziati stiano manipolando i dati sul cambiamento climatico, e che un'altra buona fetta di loro non sia invece d'accordo con l'idea main-stream di un global climate change di matrice antropica. In riferimento alla manipolazione dei dati, il caso più eclatante del recente Climagate, con uno scambio sospetto di una quantità enorme di mail resa improvvisamente pubblica, è stato sgonfiato dal risultato di cinque indagini, che hanno scagionato gli scienziati coinvolti nel caso. Per quanto riguarda invece il numero di scienziati clima-scettici, Kessler ricorda come la stragrande maggioranza dei ricercatori accreditati concordi con la tesi dell'impatto antropico sul clima, riuscendo poi a dimostrare la ben scarsa attendibilità degli elementi citati in proposito da Perry in favore alle tesi da lui proposte.

Per quanto l'estremismo spinto del cowboy repubblicano lasci pensare che le sue velleità di ascesa alla casa bianca non saranno premiate dagli elettori statunitensi, dichiarazioni forti come quelle di un politico influente come Perry lasciano un segno pesante sugli orientamenti dell'opinione pubblica di quello Stato che - almeno per il momento - rimane l'elemento più pesante in gioco sullo scacchiere mondiale. Come chiosa Kessler nel suo pezzo, ‹‹Perry ha tutto il diritto di essere scettico - tutte le teorie scientifiche dovrebbero essere esaminate con cura - ma questo non gli da carta bianca per fare affermazioni senza una base››.

C'è da dire che, se sul fatto che le attività antropiche hanno uno ruolo non trascurabile nel cambiamento climatico in corso non dovrebbero ormai più esserci dubbi, non è così certo quanto sia forte tale impatto, e quanto rimanga fuori. Le dinamiche che governano il clima sono probabilmente troppo complicate per rispondere con esattezza. Ma per decidere di cambiare l'attuale sistema economico e produttivo mondiale non c'è (ci sarebbe) bisogno di una tale conferma: le ingiustizie sociali, l'inquinamento, la depauperazione delle risorse e le diseguaglianze offrono motivazioni almeno altrettanto forti. E comunque, di fronte alla possibilità concreta di un disastro climatico provocato da mano umana, forse conviene a tutti, repubblicani o democratici, tenere nella giusta considerazione l'ipotesi e sotterrare l'ascia di guerra nella battaglia contro il pianeta che, se continuiamo, con estrema certezza siamo destinati a perdere.

http://www.washingtonpost.com/blogs/fact-checker/post/rick-perrys-made-up-facts-about-climate-change/2011/08/17/gIQApVF5LJ_blog.html?fb_ref=NetworkNews

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