[08/08/2011] News

Le politiche ambientali dopo il referendum

E' diffusa la consapevolezza che specialmente l'esito del referendum abbia riproposto per molti versi in maniera nuova alla attenzione del paese, delle istituzioni e delle forze politiche i temi ambientali su molti dei quali era calata la tela.

L'agenda politica e anche quella culturale avevano finito per relegare e confinare tali temi -privilegiando pressoché esclusivamente le questioni del mercato economico e finanziario- tra quelli destinati a seguire come l'intendenza. Vedi i condoni riusciti o tentati, le varie ipotesi di dismissione ossia di svendita dei gioielli di famiglia. I referendum e il voto amministrativo unitamente al sorgere di nuovi movimenti giovanili e femminili hanno così avviato una fase nuova ancora incerta per più d'un verso, ma sicuramente in grado di far cambiare finalmente rotta alla situazione.

Il punto critico rimane però la risposta politica e istituzionale e cioè se i partiti e le forze politiche sono e saranno in grado di raccogliere e recepire questa inedita e per tanti versi inaspettata sollecitazione e porla alla base dei propri programmi, impegni e scelte.
E' innegabile, ad esempio, che le questioni riffacciatesi sulla scena politica-istituzionale erano rimaste finora in larga misura estranee e cioè ignorate quando non distorte, nei tanti, confusi e pasticciati documenti sfornati sul federalismo e il riordino istituzionale, in lista d'attesa da un decennio. E anche le roventi polemiche sui tagli, l'abrogazione dei livelli istituzionali più diversi; dalle province ai piccoli comuni, fino alla pagliacciata dei ministeri a Monza, continuano a guardarsi bene dal riferirsi a queste ‘novità', che evidentemente non interessano quando non infastidiscono e allarmano.

Ma qui si pone un problema di ordine più generale e cioè di come oggi il tema ambientale si pone sotto il profilo del governo del paese e delle competenze e responsabilità istituzionali dello stato, delle regioni e degli enti locali, in rapporto anche alle politiche comunitarie. In altri termini si tratta di decidere se l'ambiente, il suo governo e gestione devono ancora fuoriscire dalle fondamentali scelte pubbliche riguardanti il suolo, il paesaggio, la tutela della natura e della biodiversità, per lasciare mano liberà a politiche speculative condoniste e rovinose che hanno portato il paese alla crisi che stiamo vivendo e soffrendo.

Va subito aggiunto che quando parliamo di ambiente ci riferiamo a qualcosa di non riducibile, o riconducibile unicamente o quasi, alla greeneconomy. E' un punto da mettere bene in chiaro e presto perché taluni orientamenti e iniziative anche di forze politiche sicuramente e seriamente impegnate su questo fronte sembrano relegare -persino con modalità organizzative- a questo capitolo l'intera partita ambientale che si gioca oggi in un ambito assai più esteso e complesso.

Non v'è dubbio, ad esempio, che le energie rinnovabili -per citare un aspetto di estrema attualità- toccano molteplici aspetti dal paesaggio all'impiego del territorio agricolo, ma è altrettanto evidente che queste scelte al pari di tante altre vanno ricondotte ad un governo del territorio e a politiche di programmazione e pianificazione non meramente urbanistica che riguarda la gestione dei bacini idrografici, la gestione dei parchi e delle aree protette, i piani costieri, APE, la Convenzione alpina, le piccole isole, il ruolo del sud nel Mediterraneo e molto altro ancora.

Se prendiamo, ad esempio, tra i tanti capitoli, quello delle infrastrutture dove non figuriamo certo al meglio neppure sul piano comunitario quanto a progetti credibili e sostenibili, non possiamo certo pensare -come sostiene Confindustria- che per velocizzare gli interventi occorre ricondurre tutto a Roma e liberarci di tutti quegli ingombranti pareri regionali e locali che -pensa te- prevedono perfino quello dei parchi, che confindustria si chiede sorpresa cosa cavolo c'entrino.

Va meglio evidentemente dove - come nel Lazio- si vuole mettere le mani anche sulle aree protette e costruire una serie infinita di porticcioli con una cementificazione micidiale di quella costa.

Ora, un qualsiasi discorso serio sull'ambiente che non prenda le mosse da qui, da questa esigenza di ricondurre le politiche nazionali, regionali e locali a strumenti di governo e di programma, di progetto e di pianificazione pubblica è mera velleità come abbiamo potuto toccare con mano in questi ultimi anni, dai quali le nostre istituzioni a tutti i livelli non escono certo con onore. A partire dal parlamento e non solo dal governo.

C'è qualcuno, anche tra le forze del centro sinistra, che abbia in questi ultimi anni sotto l'incalzare e l'incombere di eventi drammatici come le alluvioni e gli altri disastri come il dissennato uso e consumo di territorio e la messa in mora di leggi fondamentali per il governo del territorio; la 183, la 394 etc abbia reagito non solo con la denuncia (e neppure sempre!) ma mettendo in campo iniziative, proposte, movimenti e coinvolgimenti seri? Consiglio al riguardo di andare a vedere come e quando se ne è discusso nelle commissioni ambiente di Camera e Senato.

E nel momento in cui si evidenzia giustamente quanto abbia concorso Internet ai successi dei referendum, si vada a vedere cosa offrono i siti anche dei partiti di opposizione PD incluso. Per il Pd che si è inventato gli Ecodem che dovrebbero gestire nientepopodimeno che le politiche ambientali, si vada a vedere cosa passa il convento.
Ecco perchè illudersi che la greeneconomy possa oggi -come risulta da più d'un incontro anche tra i più recenti- esaurire il tema ambiente prima che un errore è una illusione di cui pagheremmo un caro prezzo.

Ciò che si avverte -insisto- anche in talune significative iniziative del Pd ( non parliamo degli altri) è una sorta di persistente ‘separatezza' tra l'ambiente e il resto, a partire dal ruolo delle istituzioni. Fu il grave errore dei verdi specie in Italia e on basta oggi un po' più di green economy per avviare un nuovo governo del territorio e metterlo davvero in sicurezza da speculazioni, deturpazioni e disastri. Anche partite sicuramente decisive e comunque importanti come quella delle energie alternative, se giocate in maniera ‘separata' possono persino produrre danni e in ogni caso effetti problematici.

I Tg ci ricordano in più d'un caso situazioni dal Veneto alla Basilicata dove dopo alluvioni rovinose che hanno messo in ginocchio comunità e attività economiche, non è successo niente. Si registrano al riguardo nel parlamento e nel paese iniziative degne di questo nome? Ecco perché le suggestioni e l'attenzione che si avvertono sulla greeneconomy non convince del tutto e comunque certamente non basta. Può forse bastare - ma ne dubito- ad offrire un logo, ma lo si voglia o no non basta a mettere sui giusti binari troppe situazioni che non figurano come dovrebbero nella agenda tanto meno degli ecodem. Vicende e aspetti per i quali si può ancora assassinare un sindaco non li vedo ancora adeguatamente fidurare nella nostra agenda politica, culturale e istituzionale. Né -se non mi è sfuggito- ho visto impegnati amministratori di bacini e di parchi in appuntamenti dove sicuramente avrebbero qualcosa da dire. Una svista, una dimenticanza o qualcosa di più? 

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