[18/07/2011] News

Elefanti, api, uomini ed altri animali: alveari per difendere le coltivazioni dai raid dei pachidermi

L'elefante? "Nessuno come lui ricopre il ruolo di ingegnere dell'ecosistema"

African Journal of Ecology ha pubblicato lo studio "Beehive fences as effective deterrents for crop-raiding elephants: field trials in northern Kenya", realizzato da Save the elephants ed Oxford University, presenta un inaspettato metodo per tenere i branchi di elefanti lontani dai campi coltivati dell'Africa. Secondo i ricercatori dell'Ong e dell'università, «l'accrescimento delle popolazioni di elefanti in Kenia dal 1989 è stato largamente salutato come una vittoria della conservazione. Però, dove elefanti e terreni agricoli si incontrano, le incidenze dei conflitti un uomini - elefanti sono sempre più numerose».

Attualmente, i gestori della fauna e gli agricoltori sperimentano  diversi metodi dissuasivi, come l'utilizzo di cani, torri di avvistamento, petardi, recinzioni e barriere al peperoncino, per tenere gli elefanti lontani dalle colture. Lo studio presenta i dati sull'efficacia di un recinto originale con alveari realizzato in una comunità turkana che coltiva 62 appezzamenti comunitari in Kenya.

I ricercatori hanno realizzato 1.700 metri di recinzioni che circondano la metà dei limiti esterni di 17 campi coltivati e ci hanno piazzato 170 alveari, poi hanno paragonato «le incidenze totali delle invasioni da parte di elefanti in rapporto alle ultime ed anche  ai 17 campi vicini che sono protetti solo da barriere di cespugli spinosi». Secondo i dati della ricerca gli elefanti negli ultimi due anni avevano tentato 45 invasioni dei campi turkana, ma con l'installazione di alveari sui recinti 13 gruppi di elefanti si sono avvicinati alle barriere e si sono allontanati. Delle 32 invasioni riuscite, solo un maschio è riuscito ad attraversare un recito sul quale era stato installato un alveare.

Per Save the elephants ed Oxford University «questi risultati dimostrano che questi recinti sono più efficaci di quelli composti da cespugli spinosi per dissuadere gli elefanti e che quindi possono svolgere un ruolo per ridurre i conflitti tra gli agricoltori e gli elefanti. In più, la raccolta di 106 chili di miele durante il periodo di prova suggerisce che i recinti con alveari potrebbero anche aumentare la produzione agricola e migliorare i mezzi di sussistenza rurali grazie alla vendita del miele».

La scoperta che gli elefanti evitano le api da miele è stato al centro del programma di ricerca di Lucy King, che lavora in Kenya dal 2006. La King ed i suoi colleghi, grazie anche ai finanziamenti del 2009 arrivato da Disney Worldwide Conservation Fund e del governo britannico, hanno dimostrano che gli elefanti non solo scappano quando sentono il ronzio delle api, ma anche che emettono un "borbottio" speciale a bassa frequenza per dare l'allarme della minaccia delle api.

«Trovare un modo per utilizzare le api che vivono negli alveari è stato il passo logico successivo nella ricerca di un metodo socialmente ed ecologicamente sostenibile per sfruttare il comportamento naturale degli elefanti che evitano le api, per proteggere i campi degli agricoltori - spiega la King - Le recinzioni collegate agli alveari non solo hanno interrotto i raid degli elefanti nelle aziende agricole del nostro studio, ma i contadini traggono profitto dalla vendita del miele per integrare i loro bassi redditi».

African Journal of Ecology ha pubblicato anche un altro studio, "The impact of tree modification by African elephant (Loxodonta africana) on herpetofaunal species richness in northern Tanzania" di ricercatori keniani ed americani della Georgia Southern University dal quale emerge la forte impronta che le popolazioni di elefanti hanno sull'ambiente e sulle altre specie. «In Africa, a parte l'uomo, nessun animale gioca il ruolo di ingegnere dell'ecosistema come l'elefante - scrivono i ricercatori - Però, sappiamo poche cose sulla relazione tra gli habitat modificati dall'elefante e la composizione delle altre specie animali. Il nostro obiettivo è stato quello di campionare l'erpetofauna di un habitat ad acacie dove il degrado dell'impatto degli elefanti era variabile. Se l'elefante nel nutrirsi modifica solo l'habitat, senza degradarlo né arricchirlo, era previsto che l'abbondanza e la ricchezza delle specie di erpetofauna fosse simile a quella delle zone danneggiate o desertificate dagli elefanti».

Lo studio è stato realizzato nel 2006 e 2007 nell'Endarakwai Ranch, nel nord-est della Tanzania, ed è durato 6 mesi. I ricercatori hanno campionato la ricchezza e l'abbondanza delle specie di erpetofauna in zone fortemente, mediamente e poco danneggiate dagli elefanti ed in una particella dalla quale erano esclusi. Ne è risultato che «le zone fortemente danneggiate contengono una più grande ricchezza di specie della particella senza elefanti. La diversità delle specie non varia tra le zone danneggiate e la particella di esclusione. Le rane sono più abbondanti nelle zone gravemente danneggiate, mentre i rospi sono i meno numerosi. I risultati confortano l'idea che gli elefanti in libertà influenzino la distribuzione delle specie dell'erpetofauna perchè creano una diversità di habitat, modificando le zone boscate».

Sembra proprio che i due ingegneri dell'ambiente africano, l'uomo e l'elefante, debbano trovare una pacifica convivenza, nel proprio interesse e in quello delle altre specie.

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