[15/07/2011] News toscana

La Cina e la ricerca toscana: collaborazione o svendita?

Il rinnovato dissenso degli industriali pratesi nei confronti dell'annunciato investimento cinese da 20 milioni di euro nella ricerca, dissenso questa volta fondato anche su una valutazione tecnica seguita alla visita dei laboratori dello Zhejiang, ha ottime motivazioni. In un settore come quello del tessile-abbigliamento in cui non esiste una ricerca di base vera e propria, i confini tra ricerca pre-competitiva e sviluppo competitivo sono estremamente labili. Lasciare entrare i ricercatori cinesi (e quindi anche le imprese cinesi) nelle casseforti del know-how pratese può costituire una strategia utile solo a tre condizioni.

La prima è che si convenga sulla valutazione che il patrimonio di conoscenze dei pratesi ed il loro vantaggio competitivo siano ormai in fase di rapido esaurimento. In tal caso varrebbe la pena di vendere o svendere ciò che siamo destinati comunque a perdere a causa della crescita tecnologica dei cinesi o di altri concorrenti.

La seconda condizione è che una tale operazione possa servire a ricostruire un rapporto con la comunità cinese e con la sua imprenditoria, rendendola partecipe di uno progetto di cooperazione, fuori dalle nebbie dell'illegalità.

La terza condizione è che ci sia un progetto, ossia che sin da principio si sappia come utilizzare quelle risorse per fare (certo: insieme ai cinesi) un ulteriore salto di qualità che rafforzi la leadership pratese.

Nessuna di queste condizioni è sinora realizzata. Nessuno ha detto o dimostrato che Prato è "alla frutta". I cinesi dell'area sono apparentemente fuori dal gioco. Di progetti strategici non si parla.

Ora il presidente Rossi - ci dice "Repubblica" - "si arrabbia" e minaccia di realizzare altrove un centro di ricerca. In verità questa presa di posizione fa temere che sul tema degli investimenti esteri cinesi relativi alla ricerca ci siano in Regione idee pericolosamente confuse.

Non vi è dubbio che la collaborazione con la Cina in materia di ricerca e tecnologia sia importantissima. In un contesto come quello italiano dove le risorse diventano drammaticamente scarse, non si può trascurare l'opportunità di collaborare con un Paese in cui gli investimenti in ricerca sono ingenti ed in costante crescita. Sinora lo abbiamo fatto troppo poco, sia a livello di imprese che da parte del sistema universitario.

La Cina tuttavia non è un mecenate distratto. Sta costruendo una formidabile capacità di sviluppo di nuove tecnologie fondata su un esercito di giovani ricercatori di grande qualità ed ormai, sistematicamente, di esperienza e rango internazionale. La Cina ha però ancora bisogno di recuperare svantaggi, anche attraverso un abile shopping di tecnologie all'estero. Sta a noi far sì che questo shopping si traduca in un "gioco a somma positiva" per tutti i partecipanti oppure in un mero trasferimento di conoscenze e vantaggi a favore della Cina.

Quindi il problema non è Prato e non sono gli industriali pratesi. Le loro obiezioni si possono (e si devono) replicare per ognuno dei depositi toscani di conoscenza su cui si può pensare di attirare l'interesse della Cina. Invece di irritarsi sulle ingratitudine dei pratesi, il governo regionale farebbe dunque bene a sostituire la politica degli annunci, al termine di frettolosi tour de force turistici, con una strategia coerente e progetti che guardino lontano.

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