[14/07/2011] News

Sotto effetto annuncio 2 (il bluff)

In barba al risultato referendario e con l'unico obiettivo di dare un "segnale" ai mercati, il governo vara nella manovra una sorta di tentativo di rilancio delle privatizzazioni. Lasciamo da parte la questione liberalizzazione, che è un'altra cosa e che viene pure questa a parole rilanciata.

Nella manovra correttiva si dice in sostanza che (fonte Agi):«Entro il 31 dicembre del 2013 il ministro dell'Economia, previo parere del Comitato di consulenza globale e di garanzia per le privatizzazioni, approva, su conforme deliberazione del consiglio dei ministri, uno o più programmi per la dismissione di partecipazioni azionarie dello Stato e di enti pubblici non territoriali; i programmi di dismissione, dopo l'approvazione, sono immediatamente trasmessi al Parlamento». Le modalità di dismissione saranno stabilite con uno o più decreti del Mef, «nel rispetto del principio di trasparenza e non discriminazione» e il ministro riferirà al Parlamento entro il 30 giugno di ogni anno sullo stato di attuazione del piano». Il primo bluff è sui tempi: 31 dicembre 2013 significa tra due anni e mezzo. Quindi se il governo arriverà a fine legislatura, stiamo parlando di una manovra che riguarderà senz'altro una maggioranza certamente diversa da quella attuale. E' vero che una riforma del genere ha bisogno di tempi tecnici notevoli, ma se si pensa a quando questa manovra darà (sempre che li dia..) dei frutti, le calende greche diventano una schioppettata.

Il secondo bluff è più articolato. Perché nasce da una riflessione sulla genesi di questa iniziativa. Che parte da un articolo del Sole24Ore di Zingales e Perotti, dove appunto si alludeva al rilancio delle privatizzazioni, magicamente ripreso al volo da Tremonti (e qui non si sa più se è nato prima l'uovo o la gallina) e che poi oggi, dallo stesso Sole24Ore, viene smontato in un commento di Antonella Olivieri che sembra la classica serpe in seno a Condidustria. Sentite come conclude il suo "Una via disseminata di spine": «Di fondo c'è una questione di proporzioni. Cedere azioni di Stato serve a ridurre il debito pubblico, ma, per quanto si riesca a valorizzare il vendibile, sarebbe comunque una goccia in un mare di 1911 miliardi». A noi pare una pietra tombale sull'iniziativa. Se a questo si aggiunge il fatto che si vogliono privatizzare le municipalizzate per il semplice guadagno e quindi senza alcun criterio direttore di efficienza, per non parlare della sostenibilità ambientale, dando che questa sia scontata solo perché dal pubblica si passa al privato, e che c'è un referendum che ha detto "no alle privatizzazioni" e una serie di questioni ancora aperte, di commissariamenti minacciati e gare già avviate, ci pare di poter dire che siamo di fronte a chiacchiere allo stato puro. Insomma, fossimo una società di rating daremo tre C senza appello all'iniziativa.

Sembra, invece, definitivamente seppellita un'altra proposta, quella dell'abolizione degli ordini professionali che più che con le privatizzazioni ha a che vedere con le corporazioni e le caste che tengono sotto scacco la modernizzazione civile ed etica di questo Paese. Ha dovuto fare i conti con la più potente e numerosa lobby professionale presente in Parlamento: quella degli avvocati e delle toghe "non rosse". Anche qui si tratta di un enorme conflitto di interesse del Premier Berlusconi che ha portato in Parlamento tutti i suoi collegi difensivi ed i giudici "amici" che, spesso dalle presidenze delle Commissioni, fanno la guardia ai privilegi di casta e corporazione. Poi si precipitano in aula a tuonare contro i "poteri forti" che impediscono al governo di governare...

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