[14/07/2011] News

“Uscita” dal nucleare giapponese, senza le energie rinnovabili le emissioni di CO2 a più 16%

Il discorso con il quale ieri il primo ministro giapponese Naoto Kan ha detto che le energie rinnovabili saranno «La pietra angolare del futuro delle politiche energetiche giapponesi» ha suscitato reazioni controverse. Intanto, Kan si è rifiutato di rivelare la data delle sue annunciate dimissioni a causa della cattiva gestione del disastro nucleare di Fukushima Daiichi, ma ha ammesso che la lenta e confusa risposta alla crisi nucleare ancora in corso avrebbe potuto essere diversa se non ci fossero stati ritardi nella catena di comunicazioni tra il suo governo e la Nuclear and industrial safety agency (Nisa), che dipende dallo stesso governo.

«Le mie istruzioni - ha spiegato il premier giapponese -  così come menzionate in un rapporto indirizzato all'International atomic energy agency (Iaea) dopo la catastrofe di Fukushima, erano destinate alla Nisa, che è incaricata di verificare la sicurezza delle centrali nucleari elettriche ed è sotto la giurisdizione del ministero dell'economia, del commercio e dell'industria (Meti), ma diventerà più autonoma dal governo. Ma comprendo che il ritardo nelle mie istruzioni ha provocato confusione nell'opinione pubblica».

Kan ha però svelato un segreto ben nascosto di quello che veniva presentato (anche in Italia) come il nucleare "supersicuro" giapponese: «Prima della crisi nucleare nel nord del Giappone, e anche oggi, sapevo che il governo doveva esaminare la sicurezza nucleare in Giappone», il disastro di Fukushima avrebbe solo rafforzato i suoi timori «dei rischi importanti che rappresenta il nucleare». Kan ha detto che la crisi di Fushima gli fece capire «Che la tecnologia nucleare potrebbe diventare incontrollabile. Fino a quando è avvenuto  l'incidente, avevo sostenuto l'uso dell'energia nucleare, fino a quando è stato sicuro». Peccato che pochi giorni prima tutta la politica giapponese, escluse rarissime eccezioni, avesse approvato un piano che prevedeva di portare la quota di produzione di elettricità dal nucleare dall'attuale 30% al 50%.

Il pentitissimo e smemorato Kan ha proposto che, a partire da oggi, si discuta in Parlamento  un progetto di legge per le energie rinnovabili «Nel quadro della revisione dell'attuale politica del Giappone sull'energia nucleare».

Non si tratta affatto di un'uscita alla tedesca o alla svizzera, né tantomeno di un referendum all'italiana, ma di una graduale dismissione di un (bel) pezzo di nucleare obsoleto, a cominciare dalla dismissione della centrale di Hamaoka e sperando che gli stress test non falcidino le vecchissime centrali nipponiche. «In futuro - ha spiegato Kan - potremo gestire la società senza energia nucleare, ma per adesso abbiamo bisogno dell'elettricità per il popolo e le industrie del Giappone e dobbiamo convincere l'opinione pubblica di conservare questa energia questa estate e dopo. Nel futuro, proseguirò la mia politica basata su questi progetti essenziali e dovremo prendere delle misure positive per garantire le fonti di energia rinnovabile e naturale, vorrei promuovere le politiche future basate su questo». Non male per uno che ha annunciato le sue imminenti dimissioni...

Riferendosi al riavvio di reattori nucleari fermati dopo il terremoto/tsunami dell'11 marzo,  Kan ha detto il suo governo potrebbe prendere una decisione definitiva sul riavvio, se le valutazioni del governo diranno che sono sicuri . Il premier ha rivelato che i suoi ministri gli hanno assicurato che le centrali elettriche in funzione saranno in grado di sopportare i picchi di consumo estivi, grazie anche alle iniziative in atto per il risparmio energetico. Intanto il governo «Prenderà in considerazione l'aumento l'uso del gas naturale per garantire l'approvvigionamento di energia elettrica per il prossimo anno e oltre».

L'annuncio di una gradualissima "uscita" dal nucleare, indefinita nei tempi, è stata accolta bene dalla debolissima e screditata maggioranza governativa capeggiata dal Partito democratico del Giappone, ma  anche alcuni esponenti dell'opposizione si sono dichiarati favorevoli a  ridurre la dipendenza dal nucleare e a promuovere le energie rinnovabili. Le vere perplessità sono venute proprio dall'interno del governo di Naoto Kan.  Il ministro per le politiche economiche e fiscali, Kaoru Yosano,riecheggiando la contrarietà della Japan Business Federation  ha detto che «Dovrebbe essere preso in considerazione il possibile impatto economico di questo cambiamento della politica».

Le perplessità più insidiose sono arrivate da dove Kan forse se le aspettava di meno:  il ministero dell'ambiente dice che le emissioni annuali di CO2 «Aumenterebbero di 210 milioni di tonnellate, se il Paese dovesse passare dall'energia nucleare ai combustibili fossili». Secondo il ministero «Se il Giappone fermasse tutti i 54 reattori nucleari nazionali a favore della produzione di energia termica a carbone e gas naturale, le emissioni di biossido di carbonio aumenterebbe fino al 16% rispetto ai livelli del 1990». Con la firma del protocollo di Kyoto, il Giappone si è impegnato a ridurre le sue emissioni di gas serra del 6% entro il 2012 rispetto al 1990, un obiettivo poi bellamente ignorato, tanto che il Giappone, insieme ad Usa, Canada, Russia, Arabia Saudita ed Australia negli anni passati è stato il più grande nemico del Protocollo di Kyoto. Solo la crisi economica ha portato ad una riduzione delle emissioni. Ora il ministero dell'ambiente di Tokyo si accorge di Kyoto e ammonisce: «Rendere operative più centrali termoelettriche, potrebbe rendere necessario  aumentare gli acquisti di quote  di emissione all'estero per compensare l'aumento della produzione di CO2. Il Giappone potrebbe anche avere difficoltà a raggiungere l'obiettivo del  governo che ha  fissato la riduzione delle emissioni di gas serra al 25% entro il 2020». Detto questo, anche il ministero vede una sola via di uscita: «Promuovere l'utilizzo di energia rinnovabile, in quanto non è ancora chiaro quando le centrali nucleari saranno riavviate in tutto il Giappone».

Un'occasione per la green energy giapponese potrebbe essere l'accordo tra Softbank e 35 delle 47 prefetture giapponesi per promuovere l'energia rinnovabile. Softbank e prefetture hanno istituito un gruppo di lavoro comune dopo un meeting di due giorni conclusosi ieri ad Akita, nel nord del Giappone, durante il quale i governatori avevano discusso della ricostruzione delle aree colpite dal terremoto e dallo tsunami dell'11 marzo. L'amministratore delegato di Sooftbank, Masayoshi Son, e i governatori delle prefetture si sono accordati per avviare progetti per la produzione di energia solare, eolica e da altre fonti rinnovabili e le prefetture hanno detto che chiederanno al governo centrale di approvare una legge che obbliga le industrie che producono e distribuiscono elettricità ad acquistate quote di energie rinnovabili. Presidente della  nuova  Commissione per le energie rinnovabili è stato nominato il governatore della prefettura di  Okayama, Masahiro Ishii, che ha subito detto di voler riunire tutte le prefetture per promuovere le energie rinnovabili. Son ha sottolineato che «Le produzione di energia per il consumo locale diventerà importante. Spero che le attività del Comitato aiuteranno a diffondere l'utilizzo delle energie rinnovabili in Giappone». Come prima iniziativa la Commissione ha in programma di sostenere le nuove proposte di politica energetica di Naoto Kan. Un bel passo avanti dopo le ferocissime critiche piovute sul premier proprio durante il meeting di Akita sia per la confusa gestione della tragedia di Fukushima Daiichi che per l'annuncio degli stress test per le centrali nucleari.

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