[12/07/2011] News toscana

Biowatching Arcipelago Toscano scopre il tasso a pił alta quota dell'Elba

Leggermente pił ampio di quanti si credeva l'areale del 'Taxus baccata' sull'isola

La nuova Associazione Biowatching Arcipelago Toscano si è data il compito di «Osservare, conservare, studiare, proteggere e divulgare il meraviglioso patrimonio naturalistico delle Isole dell'Arcipelago Toscano e del mare che le circonda» ed ha cominciato subito bene, con la scoperta (fatta dal vicepresidente dell'associazione, Umberto Segnini) di un nuovo esemplare di tasso (Taxus baccata) che vegeta a 930 metri di altitudine sul Monte Corto, sul versante nord del Monte Capanne.

Il presidente di Biowatching Arcipelago Toscano, Silvestre Ferruzzi ed un collaboratore dell'associazione, Luca Giusti, spiegano che «si tratta probabilmente dell'esemplare posto a maggiore quota dell'Elba e, di conseguenza, dell'intero Parco Nazionale dell'Arcipelago Toscano. Un albero relitto delle foreste del Terziario che all'Elba, unica isola toscana su cui esso vegeta, conta pochi esemplari (non si arriva a 200 unità) situati esclusivamente sul massiccio del Monte Capanne».

Ferruzzi e Giusti hanno fatto recentemente altri ritrovamenti di tasso che hanno permesso di espandere leggermente l'areale elbano verso ovest (Monte di Cote), verso nord (Piane di Rimercoio) e verso est (Masso alla Guata). Prima di tali ritrovamenti, infatti, la distribuzione elbana del Tasso sembrava limitata soltanto al settore orientale del massiccio (Valle della Nivera e Calanche).

«Un accuratissimo studio botanico sul tasso all'Elba - spiega l'associazione - è stato fatto nel 2008, come tesi di laurea, dalla dottoressa Francesca Anselmi. Il Tasso, già "albero del lutto" per i Greci e i Celti, è estremamente velenoso. Durante la Settimana Santa, nei paesi di San Piero e Sant'Ilario si usavano rametti di Tasso delle Calanche per adornare il Santo Sepolcro. In Inghilterra è usato, al posto del Cipresso nei cimiteri. Ed è anche uno dei migliori tipi di legno per costruire archi da battaglia, le cui frecce, come racconta Caio Giulio Cesare, venivano intinte dai Celti nel succo velenoso della pianta».

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