[06/07/2011] News

La "via" africana del cemento parte dallo Zambia

L'Italia è ormai il primo produttore di cemento in Europa dopo aver occupato a lungo la seconda posizione alle spalle della Spagna (fino al 2008). Nonostante il decremento della produzione registrato negli ultimi anni a causa della crisi (va di pari passo con quello delle costruzioni) sottolineato nella relazione Annuale 2010 dell' "Associazione italiana tecnico economica cemento" (presentata lo scorso 22 giugno), la produzione italiana (dato 2010) è di 34,4 milioni di tonnellate (era circa 43 nel 2008).

La fase espansiva del cemento sembra un po' arrestata e parte di questo materiale prodotto viene esportato, ma incrociando questo dato con quelli contenuti nel Rapporto 2011 sul Consumo di suolo nel Belpaese curato da Legambiente e Inu (Istituto nazionale di urbanistica), dove si afferma che ogni anno in Italia vengono cementificati 10 mila ettari di terreno e di questi 5 mila sono ambienti naturali, si scopre che domanda e offerta si incrociano fortemente sul nostro territorio. Per noi e per molti osservatori questo è ritenuto uno sviluppo insostenibile figlio di un modello basato su una crescita senza limiti che non tiene conto delle disponibilità ed esigenze territoriali, ma è basato sull'economia "drogata" dalla finanza.

Di modelli alternativi di sviluppo, di cambio di paradigma anche per ridurre l'impatto antropico sul Pianeta, si parla ormai da anni nei vari vertici internazionali che si susseguono, dove i paesi industrializzati (responsabili ad oggi dei maggiori danni) cercano attraverso aiuti e assunzioni di impegni di far modificare i comportamenti ai paesi emergenti, a quelli in via di sviluppo e a quelli sotto il livello di povertà. La cosa se opportunamente calibrata appare ragionevole, ma rimanendo nel campo del cemento i segnali che arrivano ad esempio dal continente africano pare vadano in direzione opposta e dovrebbero destare qualche preoccupazione.

In Zambia, uno dei paesi più poveri al mondo (specialmente dopo il crollo del mercato internazionale del rame), ma dove (dato relativo) siamo in presenza di una grande urbanizzazione, si continuano a costruire cementifici. E' quasi pronto un nuovo impianto, si apprende da un'agenzia, che costerà 400 milioni di dollari (tutti soldi privati) e darà lavoro, se consideriamo l'indotto, a 1.500 persone. Questo è ritenuto un tassello importante per raggiungere l'obiettivo del governo di arrivare a una produzione di 1,5 milioni di tonnellate di cemento nel 2013, obiettivo indispensabile per assecondare la crescita del settore edilizio e immobiliare del Paese.

Numeri modesti (in paragone ai nostri) se consideriamo che lo Zambia ha un territorio vasto più di due volte l'Italia con solo 11 milioni e mezzo di persone. Ma l'investitore privato, cioè il gruppo multinazionale Dangote (con interressi anche in finanza, editoria, settore alimentare ed energetico) il cui capostipite è inserito nella lista 'Forbes' dei 500 uomini più ricchi al mondo, punta a espandersi anche in Ghana, Etiopia, Camerun, Costa d'Avorio, Senegal, Nigeria per arrivare a produrre 46 milioni di tonnellate di cemento nel 2015. Allora si comprende che questi sono numeri che si avvicinano a quelli dei grandi produttori (l'Italia è nella top ten della produzione mondiale) e che fanno presagire che quello che sta avanzando nel continente "nero" non sia un modello improntato alla sostenibilità.

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