[06/07/2011] News toscana

Il rapporto cave di Legambiente e la Toscana

Secondo il rapporto "Cave 2011" di Legambiente, la Toscana è una delle regioni a più alta diffusione di cave: ce ne sono 403 attive e 1.029 dismesse o abbandonate. La Regione è dotata di un "piano cave".

In Toscana le autorizzazioni per le cave sono rilasciate dai Comuni, ma ci sono aree escluse per l'apertura di cave: il divieto si applica nei casi di vincoli e limitazioni d'uso del territorio derivanti da disposizioni di legge con particolare riferimento alla tutela e valorizzazione del paesaggio; viene prescritto inoltre il divieto di provocare trasformazioni irreversibili delle falde idriche e dell'assetto idrogeologico. Ulteriori prescrizioni vengono rimandate alle Province.

La Toscana è indicata nel rapporto di Legambiente come una regione virtuosa per quanto riguarda la normativa e i piani: esistono piani di recupero ambientale cave dismesse e obblighi di ripristino ambientale delle cave in esercizio. Le sanzioni previste sono: da 5 mila a 50 mila euro per la coltivazione illegale e da 2.500 a 10mila euro per l'inosservanza delle prescrizioni.

I canoni di concessione della Regione per tipologia di materiale estratto sono: sabbia e ghiaia (3.370.000 metri cubi estratti nel 2010) 0,46 euro/metro cubo; torba (74 metri cubi) 0,28 euro/metro cubo; calcare (2.700.000 metri cubi) 0,46 euro/metro cubo; argilla (563.000 metri cubi) 0,21 euro/metro cubo; quello per le pietre ornamentali (2.260.000 metri cubi ) è stabilito dal Comune. La quantità di inerti estratta in Toscana nel 2010 è stata di 3.370.000 metri cubi  con un canone di 0,46 euro/metro cubo.

I canoni derivanti dalle cave nella Regione sono di 1.550.200 euro, mentre il volume d'affari annuo da attività estrattive con prezzi di produzione assommerebbe a 19.714.500 euro. Il volume d'affari annuo da attività estrattive con prezzi di vendita arriva a 42.125.000 euro. Se in Toscana si applicasse per la quantità estratta Sabbia e ghiaia (3.370.000 metri cubi) il canone della Gran Bretagna si passerebbe dagli attuali 1.550.200 a ben 10.110.000 euro.

Il rapporto presenta anche due "casi" toscani, ecco come vengono descritti.

Il marmo delle Alpi Apuane - «L'industria marmifera italiana può vantare qualità e specificità difficilmente riscontrabili in altri Paesi europei. Nelle Alpi Apuane però è presente la più alta concentrazione di cave di pietre ornamentali del mondo. Basta pensare che tra i soli Comuni di Massa e Carrara si trovano 30 siti di estrazione. Proprio per l'eccezionalità dei materiali e per la particolare storicità dell'attività estrattiva in questi luoghi già nel Regio Decreto del 1927 si disciplinavano le cave di marmo di Carrara in maniera diversa rispetto agli altri siti estrattivi italiani.

Fino al 1995 le cave hanno costituito quindi un caso a parte nella normativa mineraria nazionale in quanto la materia era ancora regolamentata dalle Leggi Estensi del 1751 in base alle quali i canoni di concessione venivano calcolati non sulla ricchezza mineraria del sottosuolo ma sul reddito agrario della concessione, risultando, quindi, irrisori rispetto al valore reale dell'area. Oggi, in seguito alla Legge Regionale Toscana del 28/2/1995, le cave di marmo rientrano nell'ordinamento regionale ed i canoni pagati dovrebbero risultare in proporzione (circa il 10 per cento) al valore di mercato.

La gestione dei processi estrattivi e le conseguenze ambientali diventano sempre più insostenibili vista la dimensione industriale che ha assunto l'attività. Le Alpi Apuane rappresentano un caso emblematico, visto che il più grande comprensorio estrattivo di ornamentali del mondo deve convivere con il principale Parco Naturale della Regione Toscana. Le circa 200 cave poste nell'area ai limiti del Parco sottopongono il territorio a un prelievo giornaliero enorme di materiale e determinano nell'intorno effetti impressionanti, principalmente per l'inquinamento delle falde acquifere ed il traffico di mezzi pesanti. Tra le criticità più importanti risulta quella dei sempre più frequenti fanghi di cava che seguono alle piogge. Le cave infatti smaltiscono abusivamente le terre, anziché portare in discarica, ed a queste si aggiungono le polveri ed i residui depositati ai lati delle strade transitate dai camion.

Sorprende, in negativo, quello che si è realizzato proprio per evitare questo dannoso fenomeno: una canalina in cemento finalizzata a convogliare le acque nella vasca di sedimentazione, che in caso di forte pioggia viene aggirata sortendo l'effetto opposto e recapitando le acque sulla strada comunale. Sarebbe quindi necessario almeno rimuovere i fanghi presenti e sedimentati lungo i bordi delle strade, ma soprattutto intervenire nel sistema di convoglio delle acque piovane in modo da impedire questo fenomeno impattante per la popolazione carrarese».

La distruzione delle colline a Campiglia Marittima (Livorno) - «Nel resto della Toscana - prosegue il rapporto di Legambiente - la situazione rimane comunque di forte presenza di attività estrattive a causa delle 403 cave in funzione e delle oltre mille abbandonate. Continua ad essere uno dei casi più clamorosi, per la devastazione paesaggistica ed ambientale che ne deriva, quello delle cave sulle colline di Campiglia Marittima e di San Vincenzo, in provincia di Livorno, con 5 cave presenti.

L'area interessata ricade all'interno di un Sic (Monte Calvi di Campiglia) e di un'area naturale protetta istituita proprio dal Comune di Campiglia Marittima per la particolare importanza naturalistica del territorio. Ad aggravare il contesto è la presenza, messa a rischio, del Parco Archeo-minerario di San Silvestro e della Rocca medievale, entrambi siti culturali di notevole importanza ormai circondati dalle cave.

La prima denuncia per questa condizione decisamente critica era arrivata già nel 2007 da parte dell'archeologo Riccardo Francovich: "La cava di Monte Calvi di Campiglia Marittima va chiusa, l'attività estrattiva non è più compatibile con la fruizione del Parco archeominerario di San Silvestro". Si tratta di una battaglia aperta tra ambientalisti e fautori del Parco contro i piani di cava di Monte Calvi dell'Amministrazione, che prevedono che l'attività estrattiva del calcare per le acciaierie di Piombino prosegua fino al 2018. La cava in questione è contigua al perimetro del Parco, due attività giudicate incompatibili anche per le mine fatte brillare che - affermava ancora Francovich - "hanno provocato lesioni nell´antica Rocca di San Silvestro e, con la caduta dei sassi, messo a repentaglio il passaggio dei visitatori lungo di itinerari del parco archeologico e minerario".

L'aspetto più assurdo è che la cava inizialmente sfruttata solo per le necessità all'interno del ciclo siderurgico delle fabbriche di Piombino, è cresciuta fino a oltre 1 milione di tonnellate di materiale all'anno dopo la decisione nel 1998 di liberalizzare la vendita del calcare da parte del Comune. Presidente della Società che opera nella cava è oggi l'ex Sindaco di Campiglia. La concessione prevede che l'attività estrattiva non si fermi prima del 2018, ma con i ritmi attuali è facile immaginare che la collina alle spalle di Campiglia per quella data non esista più».

E mentre si cava senza soste materia prima dalle nostre colline, non si ri-utilizzano montagne di rifiuti perfettamente inerti (dalla stessa Lucchini alla marmettola delle Apuane) e si costruisce una autostrada senza neanche rispettare piani e delibere della Regione toscana che imporrebbero di riutilizzare rifiuti inerti almeno per il 30%.

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