[21/06/2011] News

Marevivo: ĞUn G20 per salvare il mareğ

Oceana: i primi 10 anni del XXI secolo sono stati devastanti per gli oceani

Marevivo riprende l'allarme partito dal workshop scientifico di Oxford, organizzato da Iucn e International Programme on the State of the Ocean (Ipso ), sull'accumulo di stress che potrebbe innescare una rapida estinzione di massa negli oceani per dire che «E' arrivato il momento di dire basta e di chiedere ai Signori del mondo di sedersi ad un tavolo per affrontare, in modo globale, anche il tema dell'ecosistema marino».

L'associazione ambientalista invoca «Un summit mondiale, "un G20 per il mare", con il fine di disegnare una strategia globale di salvaguardia del mare ed individuare misure di tutela che possano garantire agli oceani di continuare a svolgere il loro ruolo di produzione dell'80% di ossigeno e di assorbire il 30% di anidride carbonica. Un summit mirato ad adottare decisioni comuni, ormai improcrastinabili per la tutela dell'ecosistema marino. E, quindi, per la nostra sopravvivenza: con una superficie che copre il 71% della Terra, il mare fa da "radiatore", assorbendo il 50% del calore prodotto dal genere umano. Inoltre, assorbe 1/3 dell'anidride carbonica, sostiene una complessa e indispensabile catena alimentare e garantisce la qualità della vita dell'uomo».

La presidente di Marevivo, Rosalba Giugni, sottolinea che «Il mare, con la sua moltitudine di esseri viventi vegetali e animali, dal fitoplancton alle grandi balene, dalle praterie di posidonia agli squali, deve essere al centro dell'attenzione. E non può essere dimenticato: se il mare muore, non ci sarà più vita neanche per l'uomo nel pianeta. Mentre, spesso, si ignora l'esigenza di conservare l'integrità e la diversità dell'ecosistema marino, il mare "bolle" sotto il peso del surriscaldamento del pianeta, "soffoca", venendo meno alla sua funzione di polmone del pianeta ed "affoga" a causa dell'inquinamento».

Anche l'Ong ambientalista internazionale Oceana è molto preoccupata: «Il primo decennio del XXI secolo è stato un periodo devastante per gli oceani», diceva pochi giorni fa e avveerte che «Se non si agisce immediatamente, il danno diventerà irreversibile».

Secondo l'associazione «Dall'inizio del XXI secolo, sono stati catturati, e successivamente scartati morti, 70 milioni di tonnellate di pesci, 110.000 ettari di praterie di posidonia erano la casa per migliaia di organismi sono state distrutti e per il 99% delle specie marine in pericolo di estinzione mancano ancora i piani di salvaguardia».

Secondo Oceana i progressi tecnologici nel settore della pesca «Esauriscono le risorse oceaniche per massimizzare i profitti a breve termine, senza tener conto della sostenibilità e del sostentamento di milioni di persone, né della conservazione degli ecosistemi dell'oceano. Nel frattempo, la maggior parte delle acque profonde rimangono inesplorate, nel senso che in molte aree gli attrezzi da pesca distruttivi sono autorizzati senza nemmeno sapere quale biodiversità venga distrutta».

Nel 2010 Oceana scopri una barriera corallina in acque profonde europee ma anche li c'erano attrezzature da pesca impigliate.

Ricardo Aguilar, direttore delle ricerca di Oceana per l'Europa, spiega che «Al giorno d'oggi, meno dell'1% o della superficie globale degli oceani è efficacemente protetta. Inoltre, nel mondo non c'è un singolo stock di pesce che venga gestito in modo responsabile. In un certo numero di casi, come per alcuni squali del Mediterraneo, gli stock sono state ridotte fino al 99% della loro popolazione originaria del XX secolo. Le risorse mondiali sono state saccheggiate a beneficio di pochi e i decision maker non sembrano essere disposti a fermare tutto questo».

Come ricorda anche Marevivo, mentre gli oceani rappresentano più dei due terzi del nostro pianeta, Oceana sottolinea che «Poco è stato fatto per proteggerli, soprattutto se paragonato agli sforzi di conservazione a terra». Gli oceani nel loro complesso sono interessati dall'inquinamento e dal cambiamento climatico, dal momento che assorbono l'80% del calore generato dai gas serra e il 30% delle emissioni globali di CO2. Le attività di pesca si svolgono nel 94% degli oceani e l'85% degli stock di pesca sono totalmente sfruttati, sfruttati in eccesso o impoveriti, secondo la Fao sono necessarie misure coordinate ed urgenti per fermare questa pericolosa tendenza».

Secondo Oceana «La situazione non è migliore all'interno dell'Unione europea. Tuttavia, quest'anno, la politica comune della pesca sta subendo un processo di riforma, offrendo un'ulteriore opportunità raddrizzare ciò che ha fallito in passato».

Secondo Xavier Pastor, direttore di Oceana per l'Europa, non tutto è perduto: «Gli oceani sono in difficoltà, la scienza è chiara, e le soluzioni esistono. Quello che manca è la motivazione politica per cambiare. La Giornata mondiale degli oceani non dovrebbe essere un giorno di festa in Europa, ma piuttosto un grido d'aiuto e un invito ad agire. Mentre il compito da svolgere sembra scoraggiante, la realtà è che la situazione può essere invertita. E' importante che le persone capiscano lo stato disastroso dei nostri oceani, in modo da capire perché è così importante che prevedere quali azioni intraprendere fin da ora. I consumatori possono svolgere un ruolo, ad esempio evitando nei ristoranti (tra le altre), le specie minacciate e in pericolo come il tonno rosso del Mediterraneo e nasello e incoraggiando e rivenditori a rifiutarsi di venderli. Ma, per non girare intorno al problema, il grosso della responsabilità è nelle mani dei responsabili politici europei, che devono assicurarsi che le politiche e misure efficaci di gestione vengano messe in atto. Inoltre, devono essere istituite Aree marine protette scelte in base a ricerche scientifiche e ben gestite e monitorate. In alcune zone, le aree marine protette che sono state istituite esistono solo di nome, dato che poco viene fatto per controllare le attività che si svolgono al loro interno. Se i decision makers nazionali e dell'Ue sono disposti a mettere da parte la politica e a dare priorità ai nostri oceani ed ai milioni di europei che dipendono da loro, non solo per il cibo, ma anche per il loro reddito e svago, saremo in grado di invertire la tendenza. Il recupero dei nostri mari dipende da politiche forti e da una legislazione che metta fine alle sovvenzioni dannose e alla pratica dello spreco dei rigetti in mare, che crei aree marine protette che siano abbastanza grandi, ben gestite e nelle zone giuste, che ponga fine alle pratiche di pesca distruttive e segua i consigli scientifici».

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