[15/06/2011] News

Energia e referendum, c'è del protezionismo nella sostenibilità?

Il mondo occidentale ha perso ogni influenza sul greggio. Lo dice Jorge Montepeque sul Sole24Ore e c'è da credergli. Anche perché l'analisi è spietata quanto esaustiva: «A Oriente la crescita è molto forte, anche Africa e America Latina stanno crescendo. Gli Usa crescono poco e in Europa crescono solo alcuni Paesi. Ma a livello globale i consumi petroliferi salgono. Non siamo più noi, americani ed europei, a guidare la domanda energetica, ma le economie emergenti».

E' la conferma che la crisi - ma non solo quella - è tutta o quasi occidentale. Che si è proprio spostato l'asse terrestre. E che l'occidente chissà per quanto, forse anche per sempre, è destinato ad avere un altro ruolo rispetto al passato. Ora quelle materie prime non alimentari che servivano più a noi che a tutto il resto del mondo, servono invece più al resto del mondo; ora anche le materie prime seconde, quelle derivanti dai rifiuti, che a noi praticamente non servivano e che ora servirebbero, servono soprattutto il resto del mondo; così il cibo; così appunto il petrolio, dal quale ancora molto discende nell'economia mondiale.

Lasciamo agli economisti capire quale lezione si debba imparare e quale algoritmo si debba adottare per uscirne fuori, ma anche alla luce del risultato del referendum, si impone una riflessione piuttosto seria.

Dato che non si può crescere per sempre e tanto meno crescere tutti allo stesso modo e nello stesso tempo pena deperimento definitivo delle risorse ambientali, pardon, dei beni comuni, e dato anche che chi ha patito la fame ora punta al riscatto e disgraziatamente ha il modello occidentale nel mirino e non possiamo certo dire loro che stanno sbagliando, da quest'altra parte di mondo bisogna interrogarsi seriamente su come affrontare questo cambiamento epocale.

Persino Tremonti se ne è accorto - basta leggere l'introduzione del suo libro "La paura e la speranza" - e ieri ha aggiunto, quasi con la bandiera rossa in mano, che bisogna far pagare le tasse a quelli che hanno i gipponi. Credendo di dire una cosa inedita e dimenticando invece che questa battaglia è stata già combattuta e persa, purtroppo, già da altri...

La questione ci pare però più ampia: partendo dall'energia bisognerà pur dirlo che la scelta, che noi condividiamo, delle rinnovabili è difficile non interpretarla come una logica di autoconsumo. Sfruttare i beni che abbiamo noi qui in Italia ad esempio senza importarli dall'estero, però, assomiglia ancor di più a una logica protezionistica. Scommettere sul made in Italy anche per il consumo interno va nella stessa direzione, no? Per non parlare delle filiere corte; dei gruppi di acquisto.

Tutte le modifiche allo stile di vita guardano a una logica che nulla o quasi ha a che vedere con la globalizzazione. Cosa c'è di meno globalizzante della ricerca di merci che abbiano percorso il minor numero di chilometri possibili prima di arrivare sul banco? Per non parlare anche dell'altra giustissima, anche dal punto di vista sanitario, logica della frutta di stagione.

Nelle rinnovabili non è diverso: costruire una filiera di qualità è una cosa che si vorrebbe fare tra gli applausi anche in Toscana. Si dirà che però vale anche per il mercato estero, dove vince anche la qualità. Ma non sembra essere esattamente il sentiment generale. Certo, siamo agli albori, ma qualcosa è cambiato se si pensa che fino a pochissimo tempo fa il massimo della solidarietà era rappresentato dai prodotti equi, quelli che provenivano dall'altra parte del mondo però portavano ricchezza a quel popolo in difficoltà o a quell'altro.

Oggi si vedono nei supermercati prodotti locali molto più in risalto. Che la via della sostenibilità sia una formula moderna del protezionismo? Si potrebbe dire molto altro, perché sui rifiuti non siamo così lontani nella logica, ma con l'economia finanziaria impazzita; le regolamentazioni Ue ancora in essere; la crisi in atto; la paura sta dilagando. La vittoria del referendum si è fatta forza, è inutile e stupido negarlo, anche sulla paura. Si torna a pensare che quello che ci è più vicino è meglio. Si osservano anche improbabili ritorni alla campagna. Paura di non avere più l'acqua dal rubinetto di casa oppure a prezzi folli.

L'Europa al momento cerca accordi sulle materie prime per non trovarsi scoperta, ed è una logica di resilienza, ma per il futuro stiamo ancora in completa assenza di un modello che riesca a mettere insieme sostenibilità sociale con quella ambientale. Con l'aggravante che se non ci muoveremo per tempo, queste regole ce le daranno gli altri e con tutti i diritti del caso...

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