[26/05/2011] News

Valutazione globale per il rilascio dell'Aia

L'autorizzazione integrata ambientale (Aia) per gli impianti industriali è rilasciata dello Stato membro tenendo conto del complesso delle politiche e delle misure adottate sul territorio nazionale.  Dunque sulla base di una valutazione globale dello Stato che dispone di un'ampia discrezionalità nell'elaborazione dei programmi di riduzione progressiva delle emissioni di sostanze inquinanti.

Lo afferma la Corte di giustizia europea che con sentenza di oggi si pronuncia sulla questione riguardante tre centrali funzionanti a carbone polverizzato e biomassa sollevata dal Consiglio di Stato dei Paesi Bassi. Questo perché alcune organizzazioni ambientaliste e diversi cittadini hanno sostenuto che l'autorità non dovrebbe concedere le autorizzazioni di cui alla direttiva Ippc in quanto, i massimali stabiliti per i Paesi Bassi dal "national emission ceilings",  non sono stati rispettati alla fine del 2010. La direttiva Ippc stabilisce le procedure e le condizioni per la concessione di autorizzazioni per la costruzione e il funzionamento di grandi impianti industriali. E ai fini della tutela ambientale, prevede per le autorizzazioni limiti di emissione degli inquinanti emessi dagli impianti. Ogni autorizzazione deve stabilire i valori limite di emissione per le sostanze inquinanti che gli impianti interessati possono produrre.

La direttiva "Lne", invece, ha introdotto un sistema di limiti nazionali per le emissioni di alcuni inquinanti. In tale contesto gli Stati membri devono assicurare, mediante programmi per la progressiva riduzione delle emissioni degli inquinanti, che negli anni successivi al 2010 tali limiti non siano superati.

Prevede inoltre un periodo transitorio nel quale, secondo la Corte gli Stati membri devono astenersi dall'adottare disposizioni che possano compromettere gravemente la realizzazione del risultato prescritto dalla direttiva stessa. Però, spetta al giudice nazionale verificare il rispetto di quest'obbligo. Una verifica che deve essere condotta in base ad una valutazione globale, tenendo conto del complesso delle politiche e delle misure adottate sul territorio nazionale interessato.

Quindi può succedere che una semplice misura specifica relativa a una sola fonte di inquinanti che consista nella decisione di rilascio di un'autorizzazione ambientale per la costruzione e la gestione di un impianto industriale, non dia vita a un superamento dei limiti nazionali di emissione stabiliti entro il 2010.

Comunque, nel periodo transitorio dal 27 novembre 2002 al 31 dicembre 2010, gli Stati devono elaborare programmi per la progressiva riduzione delle emissioni, da mettere a disposizione della popolazione e delle organizzazioni interessate mediante informazioni chiare, comprensibili e facilmente accessibili, e comunicare alla Commissione nei termini prescritti.

Nell'attuazione dei programmi gli Stati godono di un'ampia discrezionalità Ciò comporta che non siano obbligati ad adottare o ad astenersi dall'adottare misure o iniziative specifiche per ragioni estranee a valutazioni di carattere strategico che tengano conto, complessivamente, delle circostanze di fatto e dei differenti interessi pubblici e privati coinvolti. L'imposizione di eventuali prescrizioni in tal senso sarebbe contraria alla volontà del legislatore dell'Unione, che intende consentire agli Stati membri di garantire un certo equilibrio tra i differenti interessi coinvolti. Inoltre una siffatta imposizione porterebbe a creare vincoli eccessivi per gli Stati membri e sarebbe pertanto contraria al principio di proporzionalità.

Dunque secondo la Corte nel periodo transitorio dal 27 novembre 2002 al 31 dicembre 2010 gli Stati membri non sono obbligati a rifiutare o limitare il rilascio di autorizzazioni ambientali, né ad adottare misure di compensazione specifiche per ciascuna autorizzazione del genere che venga rilasciata, nemmeno in caso di superamento potenziale o effettivo dei limiti nazionali di emissione degli inquinanti interessati.

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