[23/05/2011] News

Il nuovo conto energia, pił problemi che rimedi (III)

(continua da venerdì) La presentazione dell'istanza di iscrizione nel registro è un vero percorso ad ostacoli dall'esito di fatto imprevedibile. L'accesso è infatti circoscritto entro rigide finestre temporali e la formazione della graduatoria è determinata seguendo un ordine di priorità ordinato gerarchicamente: 1) impianti già entrati in esercizio; 2) impianti per i quali sono stati terminati i lavori di realizzazione; 3) precedenza della data del titolo autorizzativo; 4) minore potenza dell'impianto; 5) precedenza della data della richiesta di iscrizione al registro.

Nel periodo transitorio dal 1° giugno 2011 al 31 dicembre 2011 e per tutto il 2012 (due semestri), i grandi impianti sono ammessi al regime di sostegno nei limiti del costo annuo definiti dal decreto (300 milioni, 150 milioni e 130 milioni) senza possibilità di scorrimento della graduatoria. Superato detto limite, l'impianto iscritto al registro che si trovi privo di copertura, se vorrà accedere alle tariffe incentivanti nel 2012, dovrà nuovamente inoltrare la richiesta di iscrizione al GSE entro i limiti della successiva finestra temporale e con le stesse modalità di cui in precedenza.

Inoltre, l'impianto iscritto al registro in posizione utile che non produce la certificazione di fine lavori entro sette mesi dalla data di pubblicazione della graduatoria (nove mesi per gli impianti di potenza superiore a 1 MW) decade dall'iscrizione e, nell'eventualità di accesso alla graduatoria in un periodo successivo, avrà diritto alla tariffa incentivante vigente alla data di entrata in esercizio ridotta del 20%.

Si tratta di un meccanismo bizantino iper-burocratizzato che suscita più di un timore per la stessa sopravvivenza del settore. Da più parti si leva il grido di allarme sull'intenzione deliberata del Governo di imbrigliare e soffocare un mercato dinamico e in rapida ascesa, attraverso la fissazione di tetti calcolati sulla base delle domande "ammissibili", anziché degli impianti realmente entrati in esercizio, i soli di fatto ad usufruire degli incentivi. Il coro di denuncia che si leva da più parti paventa l'invasione di campo da parte di attori finti o avventurieri improvvisati che finirebbero con l'occupare abusivamente il registro degli impianti, impedendo l'accesso agli imprenditori più avveduti e virtuosi.

Per onestà intellettuale, devo ammettere che il pericolo di arrembaggio e ingolfamento delle graduatorie da parte di spregiudicati scommettitori d'azzardo, che pure saranno forse i soli a poter accettare il rischio della posta in gioco per le ragioni che spiegherò, è solo eventuale, in quanto l'iscrizione nel registro richiede almeno la disponibilità del titolo abilitativo che, per i "grandi impianti" coincide con la famigerata autorizzazione unica, non proprio un semplice pezzo di carta.
Il problema vero è, semmai, il combinato disposto dei tetti di potenza incentivabile, con le finestre temporali, il divieto di scorrimento delle graduatorie tra finestre e il calcolo dei tetti sulla base delle domande "ammissibili", a prescindere cioè dagli impianti realmente entrati in esercizio, i soli di fatto ad usufruire degli incentivi, sembra obiettivamente troppo per chiunque, anche per l'imprenditore fideisticamente votato al sacrificio.

Oggi, un grande impianto autorizzato entra in produzione pressoché nel 100% dei casi, da domani, invece, con l'incertezza sul quando e a che tariffa entrerà in produzione, pochi imprenditori seri si lanceranno nella scommessa. Il cocktail servito dal Governo rischia perciò di essere nella migliore delle ipotesi indigesto, se non addirittura esiziale. Prima di trarre le considerazioni finali del ragionamento, per correttezza e completezza dell'analisi, vorrei pure soffermarmi a spendere qualche parola sulle cose da salvare sparse qua e là nel provvedimento. Come anticipato in precedenza, il decreto del 5 maggio contiene alcune intuizioni che pur tuttavia rischiano di restare lettera morta o piccole oasi in un deserto soffocato da vincoli e burocrazia.

Tra gli elementi positivi del documento, oltre la già citata categoria dei "piccoli impianti", vorrei segnalare qui quello della limitazione all'uso del suolo agricolo confermando il divieto introdotto dal decreto legislativo n. 28 del 2011 (articolo 10, comma 4). Sino a ieri, ma anche ad oggi, la diffusione dei grandi impianti fotovoltaici posizionati a terra si è tradotta, se proprio non è concisa, con l'occupazione massiva del suolo agricolo con gravi rischi di inaridimento e desertificazione dei suoli e di dissesto idrogeologico dei territori.

L'accesso agli incentivi per impianti collocati su terreni agricoli sarà infatti consentito nei limiti di una potenza nominale non superiore a 1 MW e del 10 per cento della superficie del terreno agricolo nella disponibilità del proponente (fatta eccezione per i terreni abbandonati da almeno cinque anni).
Scrutando con la lente di ingrandimento tra le righe dell'articolato si avvistano altre due piccole "pozze d'acqua": la richiesta di certificazioni di garanzia del produttore dei moduli e il ripristino del premio sulla tariffa incentivante abbinato a interventi di riqualificazione energetica.
Per concludere, il giudizio sul decreto del quarto Conto energia rimane complessivamente negativo. La distanza delle posizioni di partenza delle due anime del Governo che hanno vergato il documento, nella ricerca di una faticosa quanto frettolosa sintesi, potrà avere certamente contribuito ad amplificare le lacune di un provvedimento pieno di smagliature e buone intenzioni lasciate incompiute.

Se si voleva mettere alla prova la capacità di sopravvivenza di un mercato ai suoi primi vagiti si è colto probabilmente nel segno. Se appare difficile prevedere l'entità degli effetti che produrrà l'applicazione di queste nuove diposizioni normative, meno difficile sembra pronosticarne la direzione: il provvedimento, così come è stato concepito, lungi dal semplificare le regole di funzionamento del mercato non potrà che accrescere incertezza e instabilità. E instabilità e incertezza sono i principali deterrenti all'investimento. Un processo darwiniano di selezione naturale al termine del quale potrebbero sopravvivere forse i player più efficienti e meglio capitalizzati, ma il rischio maggiore è che alla fine prevalgano i gruppi oligopolistici, gli speculatori e gli imprenditori spregiudicati con buona pace per il futuro di uno dei mercati più promettenti per potenziale di crescita e vitalità imprenditoriale. Forse il 12 e 13 giugno prossimi il voto sul referendum contro il nucleare potrà finalmente imprimere, o imporre, l'auspicata svolta nella politica energetica del Governo italiano. Incrociamo le dita e passiamo parola.
(fine)

* Esperto economico del CETRI-TIRES (Circolo Europeo per la Terza Rivoluzione Industriale)

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