[18/05/2011] News

Svolta? Forse, ma non è ancora la svolta ecologica

Che greenreport.it abbia nella sinistra la sua collocazione politica è noto. Scontato quindi che il segnale che arriva dalle elezioni amministrative un sorriso ce lo strappi. Per esperienza evitiamo di cantar vittoria, perché le elezioni politiche sono un'altra cosa. Ma se davvero cadesse Milano in "mano" al centrosinistra, qualcosa davvero starebbe cambiando.

Tuttavia va pur detto che l'economia ecologica è rimasta ampiamente fuori da ogni dibattito elettorale, in cui il fango è stato il vero protagonista. Non le questioni ambientali, che seppur a macchia di leopardo hanno fatto capolino un po' ovunque, non hanno però rappresentato il perno su cui basare i programmi amministrativi.

Si è parlato di Expo, del futuro di A2A, per quando riguarda Milano; di rifiuti per quanto riguarda Napoli; del nucleare e quindi dell'energia per la Sardegna; dell'Ikea e quindi della questione paesaggistica nel pisano; sono solo alcuni esempi, ma che rimangono elementi isolati. Senza entrare nel merito delle questioni, anche perché è chiaro che a livello di amministrative non si poteva pensare che si arrivasse a chissà quale proposizione di modelli di sviluppo diversi, si è almeno capito, crediamo noi, come i partiti si confronteranno in futuro.

La green economy sarà probabilmente un tema caro a tutti gli schieramenti. Ma che cosa questo voglia dire oltre ai pannelli solari non è ancora tema. Lo è in parte nella proposta del Programma di Stabilità e del Programma Nazionale di Riforma (National Reform Program, NRP) del Pd. Un progetto alternativo per la crescita dove si dice che è "La fiscalità può rappresentare una leva decisiva per sviluppare la green economy e orientare l'economia verso la sostenibilità ecologica. È un obiettivo da perseguire soprattutto in ambito europeo e internazionale attraverso il coordinamento delle politiche di intervento fiscale. Tuttavia, in parallelo all'iniziativa comunitaria, si deve procedere anche a livello nazionale. Occorre riprendere con determinazione e sistematicità il cammino iniziato seguendo il principio della "responsabilità condivisa" e del "chi inquina paga"».

E anche se dal nostro punto di vista non si affronta ancora il nodo dei nodi - ovvero una nuova politica delle materie prime (visto che come dimostra la Germania il manifatturiero è tutt'altro che post) e una nuova e sostenibile politica industriale, che significa innanzitutto incentivare lo start-up dei prodotti realizzati con materiale riciclato almeno quanto si incentiva il recupero energetico dai rifiuti o le energie rinnovabili - si fanno pure delle proposte per noi condivisbili:

incentivi per la riduzione della produzione di rifiuti, per il riciclo e per una efficace gestione del ciclo integrato dei rifiuti; riduzione delle aliquote Iva per i beni ad elevata efficienza energetica; finanziamento agevolato per sostituire caldaie ed elettrodomestici con apparecchiature ad alto rendimento energetico e realizzare interventi per l'efficienza energetica degli edifici, da restituire a rate "in bolletta" con interesse zero ed eventuale quota a fondo perduto (il risparmio energetico "paga" la rata del finanziamento); mantenimento a regime della detrazione fiscale del 55% per l'efficienza energetica degli edifici, degli elettrodomestici e dei motori elettrici ed eliminazione del tetto all'utilizzo del credito di imposta per le spese in R&S ed investimenti in tecnologie sostenibili; previo coordinamento europeo, applicazione della carbon tax, imposta sul consumo di combustibili fossili, senza sovrapposizione ad altre forme di disincentivazione vigenti (ad es. il "cap & trade") e finalizzazione del gettito al potenziamento del trasporto pubblico locale; al fine di eliminare incentivi perversi al consumo di suolo, vincoli all'utilizzo dal parte dei Comuni degli introiti da oneri di urbanizzazione e da imposte su nuovi immobili.

Il nostro non vuol essere un elogio al Pd, nei confronti del quale siamo stati molto molto critici fin dalla sua nascita, ma una valutazione sul programma che poco sembra però aver pervaso i programmi dei candidati in queste amministrative.

Il nostro criterio di osservazione resta quello dell'economia ecologica e attraverso quello proponiamo la nostra analisi. Ebbene, se questi propositi sono il cuore di un programma e non capitoletti "necessari" per coprire tutti gli "anche", e se questi fossero i criteri per dare quella svolta all'assenza di poltiche cui siamo stati abituati in questi anni, ci sarebbe qualcosa in cui credere davvero. La fine del berlusconismo può nascere solo da un'idea realmente diversa. Un'idea intorno alla quale la sinistra possa riunirsi che per noi non può essere altro che la necessità di una riconversione ecologica dell'economia. Non siamo grillini e noi crediamo ancora nella differenza tra sinistra e destra. Ora è il momento di dimostrarlo. Se non ora quando?

 

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