[16/05/2011] News

Miracolo Merkel? Un treno per Yuma…

Su La Repubblica di sabato 14 maggio, Massimo Riva, nel suo articolo "Miracolo Merkel", esalta le performance della locomotiva tedesca che grazie alle politiche della Cancelliera ha accelerato la sua corsa sfiorando il 5% del PIL.

Senza entrare nel merito sulle scelte strategiche del governo tedesco, mi chiedo come sia possibile, ancora oggi, gridare al miracolo prendendo come riferimento un indicatore come il PIL.

Sembra che risultati di studi, come quelli prodotti dalla nota commissione Sarkozy del 2009 sulla misurazione del progresso sociale, siano già caduti nel dimenticatoio. Amartya Sen, Joseph Stiglitz e Jean-Paul Fitoussi che hanno coordinato la commissione composta da studiosi di tutto il mondo, compreso il nostro Presidente dell'ISTAT Enrico Giovannini, hanno concluso che il PIL non rappresenta un indicatore esaustivo per la  misurazione del benessere se non affiancato da altri indicatori in grado di considerare aspetti che sfuggono a calcoli strettamente monetari. In realtà, il PIL è sotto accusa da molti anni, ma questa commissione ha avuto il merito di diffondere maggiormente nell'opinione pubblica considerazioni in parte già note sui paradossi del PIL.

Capisco che da un punto di vista giornalistico e comunicativo, il PIL ha una sua efficacia, soprattutto se si vogliono fare raffronti tra Paesi diversi, ma bisognerebbe cominciare almeno a segnalare che esistono anche altri parametri da considerare.

Massimo Riva descrive inoltre le scelte di politica economica della Merkel sottolineando come gli investimenti pubblici in ricerca hanno stimolato gli investimenti dei privati in modo da innescare un meccanismo di ripresa contribuendo, infine, all'aumento dell'export.

Tutto ok? Forse, ma la cosa che un po' mi sorprende è come in quest'analisi non venga posto minimamente il problema relativo a quale ricerca è stata finanziata, e soprattutto quale export ha generato. Il ragionamento sembra ancora intrappolato nello schema classico dove investire in ricerca e incrementare le esportazioni sia un bene a prescindere. Se invece consideriamo l'approccio dell'economia ecologica, sapere in cosa si direzionano gli investimenti e decidere la tipologia di prodotti che si vuole esportare, diventa fondamentale in quanto si presume di avere definito una visione del futuro alla quale si vuole tendere. In altre parole investire in tecnologie militari non è la stessa cosa che finanziare ricerca in campo medico e sanitario, così come esportare automobili, non è uguale a vendere nel mondo pannelli solari.   

Massimo Riva continua nel suo articolo evidenziando gli effetti positivi di una politica dei salari in termini di contribuito al rilancio della domanda interna; i consumi aumentano facendo da volano alla crescita economica dell'intero sistema.

Lungi da me fare qualsiasi critica a una politica che tende ad aumentare i salari soprattutto per chi ha un reddito basso, non posso però non notare come questo ragionamento, al solito, si muova all'interno del solito paradigma e sia lontano dall'approccio dell'economia ecologica. La crescita economica sembra ancora l'obiettivo finale. Senza voler demonizzare la crescita, anche qui, bisognerebbe chiedersi, la crescita di che cosa? Se crescono le produzioni di beni ad alta intensità di materia ed energia, non è la stessa cosa se crescono opportunità culturali o tempo libero.  Stesse osservazioni si possono fare per la dinamica dei consumi. E' vero che i consumi generano investimenti e quindi posti di lavoro, ma vogliamo chiederci quali consumi siano auspicabili? Quali effettivamente rispondono ai bisogni?

Tentare di rispondere a queste domande significa entrare sempre più nell'ottica dell'economia ecologica dove lo sviluppo è inteso come un processo che non minacci  la capacità di rigenerazione delle risorse e minimizzi le disuguaglianze. Significa individuare un sistema reale di valori condivisi entro il quale coltivare desideri individuali. Non basta accelerare, occorre sapere dove vogliamo andare. Significa decidere a quale stazione vogliamo far arrivare la nostra Locomotiva. Come si narra in un vecchio film Western, perché tutto finisse per il meglio, la stazione doveva essere Yuma, altrimenti...

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