[13/05/2011] News

Il capitale naturale e l'anno internazionale delle foreste

Interessanti rapporti tecnici e scientifici ed iniziative politiche indirizzate a costruire una nuova impostazione economica che riconosca finalmente il giusto valore al capitale naturale, base della nostra stessa sopravvivenza, si stanno incrociando nel percorso che condurrà la comunità internazionale alla grande conferenza ONU sullo sviluppo sostenibile del giugno 2012 a Rio de Janeiro , detta anche Rio + 20 perché avrà luogo 20 anni dopo il famoso Earth Summit del 1992 (United Nations Conference on Sustainable Development www.uncsd2012.org).

La Commissione Europea, seguendo i risultati dell'ultima conferenza delle Parti della Convenzione sulla Diversità Biologica (www.cbd.int ) tenutasi nell'ottobre 2010 a Nagoya in Giappone, ha presentato, ai primi di maggio, una nuova strategia per proteggere e migliorare lo stato della biodiversità in Europa nel prossimo decennio.

Questa utile iniziativa si muove, oltre che in seguito dell'anno internazionale della biodiversità, il 2010 anche dell'anno internazionale delle foreste, proclamato dalle Nazioni Unite per questo 2011.

La strategia prevede sei obiettivi che, incentrati sui principali fattori responsabili della perdita di biodiversità, dovranno produrre una riduzione della pressione che questi esercitano sulla natura e sui servizi ecosistemici nell'Unione Europea vincolando le principali politiche settoriali a obiettivi relativi alla biodiversità. Sono contemplati anche aspetti della biodiversità a livello internazionale, in modo che l'Unione Europea contribuisca a contrastare la perdita di biodiversità che ha luogo nelle varie parti del pianeta.

La politica dell'Unione sembra sempre più consapevole del fatto che la nostra specie oltre ad essere parte integrante della biodiversità, dipenda da essa per ottenere il cibo, l'acqua e l'aria pulite, e un sistema climatico abbastanza stabile. Si tratta proprio del riconoscimento del valore del nostro capitale naturale, che stiamo spendendo a ritmi troppo elevati provocando un debito enorme della natura nei nostri confronti. Oggi è veramente un imperativo categorico il riconoscere l'oggettiva gravità della situazione, chiaramente dimostrata dalle più qualificate e prestigiose ricerche sull'intera dinamica del sistema Terra (vedasi il magnifico sito dell'autorevole Earth System Science Partnership www.essp.org) e l'incapacità finora dimostrata di risolvere il problema. Anche l'Unione Europea riconosce che è giunto il momento di impegnarsi molto più a fondo.

L'obiettivo dichiarato nell'ambito della Convenzione sulla Diversità Biologica, come molti di voi ricordano, avendone scritto spesso sulle pagine di questa rubrica è arrestare la perdita di biodiversità entro il 2020.

Le analisi svolte da tanti centri di ricerca in tutta Europa e, in particolare, dall'Agenzia Europea per l'Ambiente, ci dimostrano che nel nostro continente la biodiversità sembra essere a un punto critico, con la scomparsa di molte specie in diversi luoghi e il continuo e progressivo degrado di molti ecosistemi, degrado di una tale entità da impedire le capacità ecosistemiche di fornire l'ampia gamma di servizi da cui dipendiamo, dall'aria e acqua pulite, all'impollinazione delle colture, alla protezione dalle inondazioni, ecc. Tale degrado si traduce in enormi perdite socioeconomiche per l'Unione Europea.

Il ritmo attuale a cui le specie si estinguono sul nostro pianeta è considerato da 100 a 1.000 volte superiore a quello naturale, a causa soprattutto delle attività umane. Nell'Unione Europea circa il 25% delle specie animali europee, tra cui i mammiferi, gli anfibi, i rettili, gli uccelli e le farfalle, sono a rischio di estinzione, mentre l'88% degli stock ittici sono troppo sfruttati o molto depauperati.
Stime, certamente non esaustive, relative all'impollinazione dovuta a numerose specie di insetti, che purtroppo registrano un netto calo in Europa, riconoscono un valore economico di 15 miliardi di euro all'anno nell'intera Unione. La situazione degli impollinatori non è certo meno preoccupante a livello mondiale.

La strategia adottata dall'Unione prevede sei obiettivi prioritari e delle conseguenti azioni mirate a ridurre in modo sostanziale le minacce che incombono sulla biodiversità. Tra le azioni ricordo:

•la piena attuazione della normativa vigente in materia di protezione della natura e della rete di riserve naturali, onde apportare ingenti migliorie allo stato di conservazione di habitat e specie;

•il miglioramento e il ripristino degli ecosistemi e quindi dei servizi, in particolare aumentando l'utilizzo di quelle che vengono definite "infrastrutture verdi" (quindi opere di restauro, gestione e ripristino dei sistemi naturali);

•il garantire la sostenibilità delle attività agricole e forestali;

•la salvaguardia e la protezione degli stock ittici dell'Unione,

•il contenimento delle specie invasive, sempre più spesso causa della perdita di biodiversità nell'Unione;

•l'incremento dei contributi dell'Unione all'azione concertata a livello internazionale per scongiurare la perdita di biodiversità.

La strategia sulla biodiversità è parte integrante della strategia Europa 2020, e dovrebbe contribuire a far sì che l'Unione riesca a raggiungere non solo gli obiettivi che si è data in fatto di efficienza delle risorse, garantendo una gestione sostenibile del proprio capitale naturale, ma anche quelli in materia di mitigazione dei cambiamenti climatici e adattamento ai medesimi, migliorando la resilienza degli ecosistemi e i servizi che essi forniscono (vedasi i siti http://ec.europa.eu/environment/nature/biodiversity/policy/index_en.htm
http://ec.europa.eu/environment/biodiversity/campaign/index_it.htm  e http://ec.europa.eu/environment/nature/biodiversity/policy/index_en.htm ).

Le iniziative sulla biodiversità sono strettamente legate a quelle sulle foreste . Il WWF ha lanciato un nuovo rapporto che uscirà a capitoli in vari periodi dell'anno per scadenzare gli impegni che i vari settori (dalla politica alle imprese) devono prendere per fermare la perdita delle foreste, per conservare la biodiversità e combattere i cambiamenti climatici. Il primo capitolo del Report WWF, intitolato "WWF Living Forests Report" è dedicato a "Forests for a Living Planet". Il documento WWF analizza le cause della deforestazione e identifica le opportunità per passare dall'attuale distruttivo mercato attuale del legno e dei suoi derivati ad un nuovo modello di sostenibilità di cui possono beneficiare governi,imprese e comunità locali (vedasi www.panda.org  e www.wwf.it ).

L'analisi WWF è basata su di un modello, il Living Forest Model elaborato con il prestigioso Institute for Applied Systems Analysis (IIASA) di Laxenburg in Austria (alla cui fondazione contribuì significativamente anche il nostro Aurelio Peccei, fondatore e presidente del Club di Roma sino alla sua scomparsa, il sito dello IIASA è www.iiasa.ac.at ) , dove si dimostra che se non si interviene subito, oltre 230 milioni di ettari di foresta scompariranno entro il 2050. Il rapporto propone un'alleanza tra responsabili politici e le imprese per un Obiettivo Zero di deforestazione e di degrado forestale (ZNDD, Zero Net Deforestation and Forest Degradation) entro il 2020, che deve diventare per l'intera comunità internazionale un punto di riferimento innovativo per evitare pericolosi cambiamenti climatici e ridurre la perdita di biodiversità.

Deforestazione e degrado zero delle foreste entro il 2020 equivale a non eliminare più nessuna area forestale nel pianeta e mantenere inalterata la qualità delle foreste. In questo ambito è del tutto evidente che piantare nuove foreste ‘monocolturali', non rappresenta certo una compensazione per la perdita di foresta tropicale originaria.

Per raggiungere l'obiettivo Zero deforestazione bisogna ridurre quasi a zero la perdita di foreste naturali o semi-naturali, che dovrebbe quindi progressivamente continuare a declinare dagli attuali 13 milioni di ettari l'anno.

Il primo capitolo del Report Living Forest è stato presentato in occasione dell'incontro tra imprenditori e politici tenutosi a Jakarta, in Indonesia, il Business 4 Global Environment Summit (B4E) e presieduta dal Presidente della Repubblica di Indonesia, Susilo Bambang Yudhoyono,
Al vertice, il WWF ha invitato le aziende forestali ad aderire al Global Forest and Trade Network, e a promuovere una collaborazione per raggiungere entro il 2020 la certificazione di almeno il 75% di prodotti forestali nella regione secondo i parametri del Forest Stewardship Council (FSC). Più del 40% delle foreste dell'isola sono dati in concessione ai privati, con circa il 23% (6 milioni di ettari) in gestione dal settore forestale. Oggi i due maggiori gruppi fornitori di carta in Indonesia, PT Graha Kerindo Utama e PT Graha Cemerlang Libro Utama, si stanno impegnando per realizzare rendere sostenibile il proprio business seguendo i parametri del Forest Stewardship Council (FSC).

L'Italia gioca uno dei ruoli principali nel mercato internazionale del legname e dei suoi prodotti. Per la nostra industria l'approvvigionamento di legname dall'estero proviene da molti paesi tropicali come Indonesia, Malesia, Congo, Camerun, Gabon, Brasile, Bolivia, Argentina. L'Italia è anche uno dei primi importatori di prodotti legnosi dal bacino del Congo, il primo mercato europeo per il legno camerunense, uno dei principali mercati per il ramino delle ultime foreste del sudest asiatico, un legno morbido utilizzato principalmente per battiscopa e cornici.

A fronte di una presenza così importante nel mercato mondiale del legname di fatto il nostro è ancora un paese poco "responsabile" in termini di partecipazione alla sostenibilità del mercato dei prodotti forestali, ovvero, poche imprese che hanno concessioni all'estero hanno avviato il processo di certificazione FSC.

Questo scenario non ci garantisce dall'importazione di legname e prodotti del legno illegali, frutto della deforestazione delle ultime foreste primarie del Pianeta. L'Italia, infatti, risulta al quarto posto in Europa tra i paesi che importano legname ‘illegale', dopo Finlandia, Gran Bretagna e Germania, secondo l'analisi redatta dal WWF Germania nel 2008 sul rischio ‘illegalità' nel mercato europeo di prodotti forestali.

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