[12/05/2011] News

Censura e libera stampa al tempo di Fukushima

Qualche giorno dopo la catastrofe nucleare di Fukushima Daiichi, la Cina ha censurato le parole "fuga nucleare" su Twitter nazionale per «Frenare la propagazione di paure e voci» legate al disastro atomico. Nessuno o quasi si aspettava che qualcosa di simile sarebbe successo anche nel democratico Giappone, eppure associazioni come Réseau "Sortir du nucléaire" denunciano che il governo giapponese avrebbe imposto lo stesso tipo di censura ai distributori di accesso ad internet ed ai canali via cavo.

Il 6 aprile il ministero dell'interni giapponese ha reso pubblica l'ingiunzione fatta a questi operatori perché sopprimessero dai loro network informazioni definite «False voci (...) contrarie alla legge, all'ordine e alla morale pubblica». Qualcuno a Tokyo, svegliandosi la mattina e leggendo il giornale, deve essersi chiesto se si trovava a Pechino o a Pyongyang, oppure se non fosse tornato indietro nel tempo, all'avventura imperialista-fascista  della seconda guerra mondiale che portò il Giappone alla sconfitta ed all'olocausto atomico.

Secondo "Sortir du nucléaire" «Questa misura, liberticida per i media, internet e la libertà di espressione in generale, è ancora più scioccante perché l'informazione obiettiva delle popolazioni, d'altronde cruciale in queste ore critiche, resta un miraggio. Questa reazione coercitiva tradisce anche il drammatico fallimento delle autorità giapponesi e della Tepco, il gestore della centrale di Fukushima, nel comunicare in maniera chiara, responsabile e affidabile la realtà della catastrofe. Esitazioni, smentite ed errori di calcolo ripetuti hanno finito per gettare il discredito sui un governo e un'industria nucleare dei quali i giapponesi misurano ogni giorno che i loro slogan rassicuranti non erano che negazione e menzogna».

I no-nuke francesi sanno bene, perché li vivono quotidianamente sulla loro pelle, quali siano i meccanismi censori che scattano automaticamente quando si presenta un incidente nucleare e forse sono un filino ingenerosi con quella stampa giapponese che ci sembra stia facendo egregiamente il suo mestiere, ignorando semplicemente il goffo tentativo di censura del ministero dell'interno, cosa che sarebbe impossibile in Cina e Corea del nord e che è stata impossibile addirittura nell'Urss della glasnost di Gorbaciov ai tempi di Cernobyl ed ancora oggi nella dittatura bielorussa di Lukashenko o nella "democratica" Ucraina che custodisce il cadavere radioattivo del più grande disastro nucleare civile della storia. Se i giapponesi sono scesi in piazza contro il nucleare, se il governo ha dovuto rivedere la suo politica e rinunciare a costruire altre 14 centrali atomiche, se il Giappone punterà su eolico ed energie rinnovabili... vuol dire che in Giappone gli anticorpi democratici contro il riflesso censorio di ogni governo hanno funzionato, in alcuni casi ci pare meglio che nella stampa occidentale, francese ed italiana. Se dall'inferno di Fukushima Daiichi continuano ad arrivare immagini, informazioni ed ammissioni della Tepco, vuol dire che la libera stampa informa ancora, che siamo ancora a Tokyo e non a Pechino, Pyongyang, Minsk o nella Mosca di Putin. Questo non toglie che sia in corso una durissima battaglia per l'informazione che contrappone giornali "liberi" e media che rispondono a precisi interessi politico-industriali. Ma anche questo fa parte del gioco della democrazia ed è una delle "conseguenze" dell'economia di mercato che ha trasformato l'informazione in merce più  di quanto già non lo fosse prima. 

D'altronde lo stesso Réseau "Sortir du nucléaire" sottolinea nella sua denuncia che l'alternativa informativa esiste e dà fastidio alle lobby nucleari: «Lo scarto tra i discorsi dei mass-media giapponesi e quello dei media indipendenti è perlomeno sorprendente. Si può spiegare con il fatto che i media indipendenti, così come la stampa straniera, non sono invitati alle conferenze ufficiali della Tepco né a quelle del governo giapponese? Così solo i giornalisti appartenenti al cenacolo dei grandi media nazionali hanno accesso ad un'informazione di prima mano, ma lenificante; la stampa tradizionale fortemente dipendente dai 20 miliardi di yen di budget pubblicitario che la Tepco versa annualmente nel settore audiovisivo e della stampa scritta... Le lacrime che ha versato il consigliere per le questioni nucleari del primo ministro, il primo maggio, quando ha annunciato le sue dimissioni, suonano come una confessione supplementare: la situazione giapponese è catastrofica ed i responsabili giapponesi preferiscono salvare le loro teste che quelle dei giapponesi. Alcuni amministratori locali, così come dei residenti di Fukushima, si accordano per dire che la situazione è sicura e che i media, attizzando paure ingiustificate, fanno danno all'economia della regione. Numerosi giornalisti indipendenti con base a Tokyo riportano che il governo minimizza l'importanza delle fughe radioattive e che la minaccia per la salute pubblica è stata e resta terribilmente sottostimata. Non è quindi sorprendente che in queste ultime settimane, secondo la stampa giapponese, numerosi residenti di Fukushima e dei suoi dintorni, che erano fuggiti dalla crisi nucleare nei primi tempi, hanno cominciato a rientrare nei loro domicili e tentano di ritrovare un'attività normale. Così, dei giornalisti che si sono recati nella città di Iwaki, a meno di 50 km da Fukushima, hanno incontrato delle persone convinte della sicurezza del luogo e del carattere passeggero della crisi nucleare».

Ci sono evidentemente giornalisti, blogger ed attivisti "non-embedded" nelle truppe dell'industria nucleare e della lobby politica trasversale che la sostiene, la novità nella narrazione del disastro nucleare di Fukushima è la crepa che la stampa libera (e l'informazione "pubblica") è riuscita ad aprire nella monolitica e paludata stampa "ufficiale" giapponese, quasi tutta in mano alle grandi multinazionali con interessi nel nucleare, una crepa che ci sembra stiano allargando i cittadini "affamati" di informazioni alternative e le associazioni che fanno le pulci al nucleare, alla Tepco ed alla politica.

Come conclude lo stesso "Sortir du nucléaire", «Volendo essere troppo rassicurante, il governo giapponese nutre i sospetti e le paure. Réseau "Sortir du nucléaire" esorta il governo giapponese a dar prova di responsabilità: di fronte al rischio nucleare, la censura è un crimine, la trasparenza una necessità vitale».

Sottoscriviamo, ma la trasparenza non la regala nessuno e la "glasnost" dei governi spesso fa una brutta fine (come insegna la "democratica" Russia post-sovietica), se non c'è una libera stampa e una libera opinione pubblica che la sostiene, due cose che, nonostante tutto, non ci pare manchino nel Giappone ferito dal terremoto/tsunami e sconvolto da Fukushima.

Torna all'archivio