[28/04/2011] News

Senza parchi niente nuovo governo del territorio (3)

Come si può cominciare a vedere dalle sommarie annotazioni  riportate nei due articoli precedenti (vedi link a fondo pagina) la crisi dei parchi segnala in maniera incontrovertibile una crisi più generale del governo del territorio e la accresce in misura rilevante proprio per il ruolo che ai parchi ha assegnato o assegnava la legge.

Ecco perché il rilancio dei parchi oggi urge e deve impegnare più e meglio di quanto finora è avvenuto il parlamento, lo stato, le regioni e gli enti locali. L'azzoppamento dei parchi e la loro emarginazione insidia e accresce i rischi per il governo del territorio che sembra sempre più dipendere nonostante il dettato costituzionale da ministeri incapaci anche per carenza oltre che di fondi soprattutto di strumenti e volontà di programmazione di dare vita e senso a politiche nazionali. Si veda cosa è accaduto -anzi non è accaduto- con la Convenzione alpina, con APE, per le coste e ora con il Santuario dei cetacei di cui i francesi chiedono il trasferimento della sede a Montecarlo per l'assoluta inerzia del nostro ministero denunciata dalle assessore all'ambiente della Toscana e della Liguria. E che dire delle decisioni sullo Stelvio o sui progetti per l'Abruzzo terremotato?

A rendere più allarmante questa situazione è il fatto inoltre che nel momento in cui cresce in misura ragguardevole il territorio protetto in tutta Europa in virtù anche di Rete Natura 2000 e Habitat che si aggiunge a quello ‘nazionale' e che richiede anche a noi di armonizzare il comparto nazionale con quello comunitario per evitare contraddizioni tra i due regimi noi depotenziamo i parchi e le aree protette che dovrebbero provvedervi spesso nell'ambito dello stesso perimetro del parco.

E' recente, ad esempio, una norma comunitaria sui reati ambientali nei siti comunitari che se non armonizzata con quella vigente per le altre aree protette rischia di creare palesi contraddizioni tra i due regimi. E' solo un esempio perché ve ne sono altri specialmente per quanto riguarda le aree protette marine e la gestione integrata delle coste dove il rischio di una dissonanza tra le disposizioni comunitarie e internazionali e quelli nazionali e ancora maggiore per l'assurda e rovinosa gestione ministeriale di un comparto dove si è riusciti a mettere in crisi anche la riserva marina di Ustica. E come non bastasse c'è anche chi al Senato sta cercando nottetempo di tagliare fuori ulteriormente le regioni da questo comparto giù in grave sofferenza.

Ecco perché oggi limitarsi come spesso si fa soprattutto in sede ministeriale a ricordare le cifre effettivamente ragguardevoli del numero dei parchi e delle aree protette e del territorio che essi tutelano e gestiscono ha tutta l'aria di voler evitare di fare il punto su una situazione quanto mai a rischio. Del resto il rifiuto neppure motivato della convocazione della terza conferenza nazionale dei parchi come richiesto da tempo da Federparchi la dice lunga e conferma se ce ne fosse bisogno che non si vuole assolutamente mettere mano ai cambiamenti che urgono e neppure discuterne.

Quali? Innanzitutto la ‘restituzione' di un ruolo ai parchi quale definito dalla legge quadro e dalla legge 426. Ruolo di pianificazione, di progettazione ambientale possibile solo se i parchi possono contare su risorse adeguate, direttori e personale qualificato e anche di vigilanza alle proprie dipendenze come avviene da sempre nei parchi regionali. Oggi i parchi vivacchiano, costretti spesso ad arrangiarsi per trovare comunque un ruolo che ne legittimi la presenza. Così però e non solo per le difficoltà finanziarie ma anche per manovre sovente sfacciate sono indotti e spinti a fare cose che competono anche ad altri e in più d'un caso soprattutto ad altri.

Ciò che però viene meno, si opacizza e si indebolisce è il ruolo proprio. In più d'un caso purtroppo i parchi oggi ricordano più le pro-loco che istituzioni preposte alla tutela e gestione dell'ambiente e della natura.
(continua.3)

Torna all'archivio