[27/04/2011] News

E lo chiamano libero mercato...

Nel dibattito - datato certo, ma tornato d'attualità e di cui ci siamo già occupati nelle settimane scorse vedi link - sullo Stato e sulla sua funzione rispetto all'economia di mercato (governarla di più o lasciarla più fare), irrompe oggi a gamba tesa Barbara Spinelli su Repubblica. Affrontando in realtà il tema del populismo che sta ammalando le democrazie occidentali, come dicono a Bologna, "va giù pari": «Un'economia non governata non è in grado di preservare lo Stato sociale riadattandolo, di tenere in piedi l'idea di un bene pubblico che tassa i cittadini in cambio di scuole, ospedali, trasporti, acqua, aria pulita, pensioni per tutti».

Prima spiegava che a dare speranza in questo senso era stato Obama con i suoi storici interventi sulla convivenza tra culture e sulla riforma sanitaria che «annunciavano» il «ritorno dello Stato, nella qualità di riordinatore di un mercato impazzito, di garante di un bene pubblico minacciato da interessi privati lungamente dediti alla cultura dell'illegalità. Non era un'opinione ma un fatto: senza l'intervento degli Stati, le economie occidentali sarebbero precipitate».

Di fatto le economia non sono precipitate, o almeno hanno frenato la loro caduta libera, ma l'intervento dello Stato dopo essere stato implorato ora è di nuovo sotto accusa e questo nonostante che, bisogna dircelo senza giri di parole, in termini di regole e riorganizzazione versus la crisi e quelle che verranno, sta segnando il passo. ù

Mentre come dimostra l'inchiesta del Sole24Ore di oggi su "Speculazione & Mercati", la finanza creativa dei derivati (subprime, hedge found e compagnia cantante) tornano in auge sotto la regia di pochissimi trader. Proprio dalle colonne del quotidiano di Confindustria si chiosa da una parte sentenziando "basta alchimie" e dall'altra rispolverando la storia, da noi già citata, dei nove top manager delle cinque banche Usa più importanti (le big five) che ogni mercoledì si riuniscono in segreto per discutere e decidere dei "trading dei derivati".

Il bello è che questo sarebbe il cosiddetto libero mercato, quello che si regola da sé, mentre quello dove sono gli Stati a tentare di metter mano al caos intervenendo - questo è un auspicio - per regolarlo in funzione di una maggiore sostenibilità sociale e ambientale, è visto come fumo negli occhi dagli economisti alla Zingales. Un mercato finanziarizzato e velocizzato all'eccesso è democratico, uno regolato per il bene pubblico, è socialista e quindi da combattere. Strane storie davvero, racconti di inizio secondo millennio che speriamo un'Ue rafforzata (altro auspicio per non dire di più) potrebbe spazzar via, ritrovando proprio nelle sue radici di fratellanza e solidarietà la leva per frenare quest'economia finanziaria impazzita che oltre all'economia reale fa razzia delle materie prime e delle risorse del pianeta oltretutto, negli ultimi tempi, riallargando la disparità tra ricchi e poveri...

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