[16/10/2007] Comunicati

Nobel, diamo all´Ipcc quello che è dell´Ipcc

ROMA. I media hanno dato grande e giustificato risalto al premio Nobel per la Pace 2007 assegnato ad Al Gore in riconoscimento sia «degli sforzi compiuti per costruire e diffondere una maggiore conoscenza sui cambiamenti del clima generati dall’uomo» sia per aver delineato i fondamenti delle misure da adottare «per contrastare quei cambiamenti».

Ma, almeno in Italia, è passato quasi sotto silenzio il fatto che l’altra metà del premio è stato assegnato, con le medesime motivazioni, agli scienziati dell’Intergovernmental Panel on Climate Change (Ipcc).

Si tratta di una dimenticanza non giustificata. Perché il gruppo interdisciplinare di esperti organizzato dalle Nazioni Unite è l’organismo che da quasi vent’anni ha contribuito a fondare su solide basi scientifiche la consapevolezza sia che il clima del pianeta Terra sta cambiando sia che questo mutamento è causato soprattutto dalle attività umane. È grazie al lavoro dell’Ipcc che, già nel 1992, le nazioni Unite hanno elaborato la Convenzione sui Cambiamenti Climatici che costituisce la legge quadro internazionale che legittima la costituzione di una sorta di «governo mondiale» per «contrastare i cambiamenti del clima». La Convenzione è stata ratificata da quasi tutti i paesi del mondo. Senza il lavoro dell’Ipcc ciò non sarebbe stato possibile.

L’Ipcc non si limitato a organizzare in maniera chiara i dati fisici del problema. Si è anche assunto il compito, per certi versi più difficile, di indicare le misure da adottare per contrastare i cambiamenti del clima. È sulla base delle indicazioni dell’IPCC che è stato redatto il Protocollo di Kyoto, che è il primo – e finora unico – strumento legale operativo che si è dato il «governo mondiale del clima» per contrastare i mutamenti non desiderabili.

Ed è, soprattutto, sulla base delle indicazioni dell’IPCC – cercare di limitare l’incremento dei gas serra in atmosfera entro una soglia doppia rispetto ai livelli dell’era pre-industriale – che sarà possibile realizzare il «dopo Kyoto», con l’impegno a contenere le emissioni non solo dei paesi che hanno ratificato il Protocollo, ma anche i paesi di antica industrializzazione che non lo hanno ratificato (gli Stati Uniti) e i paesi a economia emergente (Cina, India, Brasile ecc.) che ormai sono diventanti «inquinatori rilevanti».

L’Ipcc non è certo privo di difetti. Ma assolve a un ruolo unico. L’uomo ha scoperto, di recente, di essere diventato un attore ecologico globale. E sta scoprendo che per minimizzare gli effetti indesiderabili di questa sua capacità è necessaria un’azione globale assunta attraverso un metodo democratico e un negoziato multilaterale. L’IPCC ha dimostrato di essere un’interfaccia efficace tra la comunità scientifica internazionale e il primo timido abbozzo di governo mondiale dei problemi ecologici. L’IPCC è un modello, sia pure perfettibile. E il premio Nobel per la Pace 2007 finalmente le riconosce.

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